Cose già viste. Le scene raccapriccianti dei cadaveri mutilati messi in posa dal maniaco di turno a mimare opere d’arte, in Anamorph - i ritratti del serial killer. Le indagini semi private del padre poliziotto di una delle vittime in cerca di vendetta, in Fuori controllo o nella serie deiTaken.
Pur ricalcando gli stereotipi classici del genere thriller, Danis Tanovic crea nei primi minuti l’aspettativa di una suspense che si regge grazie all’ambiguità dell’identità del pazzo omicida. Tuttavia, il colpo di scena decisivo ed inaspettato, che avrebbe potuto mantenere alta la tensione, viene giocato improvvidamente troppo presto e così la storia, fino a quel punto godibile, devia nel drammone familiare, decadendo molto velocemente nello psicologismo spicciolo e nelle storielle nere dei traumi infantili, per poi precipitare inesorabilmente nella noia di un finale scontato e prevedibile e, in aggiunta, con esito inverosimile.
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Cose già viste. Le scene raccapriccianti dei cadaveri mutilati messi in posa dal maniaco di turno a mimare opere d’arte, in Anamorph - i ritratti del serial killer. Le indagini semi private del padre poliziotto di una delle vittime in cerca di vendetta, in Fuori controllo o nella serie deiTaken.
Pur ricalcando gli stereotipi classici del genere thriller, Danis Tanovic crea nei primi minuti l’aspettativa di una suspense che si regge grazie all’ambiguità dell’identità del pazzo omicida. Tuttavia, il colpo di scena decisivo ed inaspettato, che avrebbe potuto mantenere alta la tensione, viene giocato improvvidamente troppo presto e così la storia, fino a quel punto godibile, devia nel drammone familiare, decadendo molto velocemente nello psicologismo spicciolo e nelle storielle nere dei traumi infantili, per poi precipitare inesorabilmente nella noia di un finale scontato e prevedibile e, in aggiunta, con esito inverosimile. Il plot addirittura ricorda quello di un recente film italiano, Fabula di Denis Frison, per la complessità stucchevole e artificiosa nel ricostruire il profilo psicologico del criminale e non solo, tanto che si sospetterebbe di plagio uno dei due, se le due pellicole non fossero uscite contemporaneamente. Entrambi, comunque, fanno rimpiangere il primo Dario Argento. Le analogie si fermano qui. Denis purtroppo non ha gli attori di Danis e nemmeno il budget per girare in esterni volando da Londra a Madrid fino a Stoccolma ed in parte negli USA. Jeffrey Dean Morgan e Famke Janssen fanno la differenza e soprattutto il primo, nel ruolo del protagonista che benché sia distrutto dal dolore persegue in modo ossessivamente pervicace l’obiettivo di rendere giustizia alla figlia, rende accettabile un film irrisolto così com'è sbilanciato tra due generi. Non conoscendo il romanzo di Patterson, cui il film si ispira, non si può dire se i limiti evidenziati derivino da questo o se ne è stato stravolto il senso nella trasposizione cinematografica trasformando un dramma in un thriller o viceversa.
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(di giovanni)
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