luca_1968
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venerdì 30 agosto 2019
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commento del tutto fuorviante
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Commento del tutto fuorviante, che mi ha rovinato la serata
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luca_1968
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venerdì 30 agosto 2019
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fastidioso
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Situazioni squallide a ripetizione, in un film che lascia addosso solo un senso di insopportabile fastidio e disgusto
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k. s. stanislavskij
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giovedì 29 agosto 2019
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angel heart in veneto
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Mi ha ricordato davvero Angel Heart, per ambientazione anni 50, solo che al posto della Louisiana c'è la la laguna veneta e i suoi tramonti pallidi , e per l'indagine spasmodica del protagonista che si muove in atmosfere sempre più inquietanti tra superstizione e oscurità.
Ottima scrittura e sopratutto ottima riflessione sulle dinamiche del "diavolo", molto interessante lo sfondo politico , la DC di De Gasperi, che incornicia la vicenda e fino alla fine non sappiamo se si tratti di occulto, di follia, di superstizione, di politica o altro...Bravi alcuni interpreti...l'Emilio di Avati si muove come il Nosferatu di Murnau ed è iconico, bravissima Chiara Caselli, efficce Haber, Capolicchio, Gravina.
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Mi ha ricordato davvero Angel Heart, per ambientazione anni 50, solo che al posto della Louisiana c'è la la laguna veneta e i suoi tramonti pallidi , e per l'indagine spasmodica del protagonista che si muove in atmosfere sempre più inquietanti tra superstizione e oscurità.
Ottima scrittura e sopratutto ottima riflessione sulle dinamiche del "diavolo", molto interessante lo sfondo politico , la DC di De Gasperi, che incornicia la vicenda e fino alla fine non sappiamo se si tratti di occulto, di follia, di superstizione, di politica o altro...Bravi alcuni interpreti...l'Emilio di Avati si muove come il Nosferatu di Murnau ed è iconico, bravissima Chiara Caselli, efficce Haber, Capolicchio, Gravina...non si riconosce Cremonini, truccatissimo, e gli altri comprimari, alcuni presi dalla tv e rimodulati...bravo il bambino Carlo, ma la scrittura del film è ben congegnata e consiglio di stare molto attenti alle logiche e alle frasi per il finale ad effetto non è il punto più importante, ma l'intera vicenda è un puzzle che assume diversi significati. Film molto interessante davvero...bravo il Maestro Avati. Buon Cinema
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ralphscott
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giovedì 29 agosto 2019
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non esiste una sola verità
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Inventore di un sottogenere, e suo unico rappresentante, Avati torna a quegli anni '50 della provincia italiana che sempre ha descritto, da punti di vista e con registri anche molto dissimili tra loro. Come in Zeder ed altre sue pellicole horror, anche in questo caso ci manda a casa coi conti in sospeso. Bellissima fotografia ed il tratteggio di alcuni personaggi,come l'irriconoscibile Chiara Caselli nei panni della torbida,sofisticata madre del temibile Emilio. La sceneggiatura è perfettibile.
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mercoledì 28 agosto 2019
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fotografia
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Penso che anche la fotografia e la colonna sonora siano all'altezza di questo avvincente film che secondo me si potrebbe definire autoriale di genere.
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enricodanelli
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lunedì 26 agosto 2019
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puro divertimento e qualcos'altro
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Si potrebbe sproloquiare sulla valenza storica di questo film (la Democrazia Cristiana alla ricerca del consenso perduto nei primi anni della repubblica), sul suo significato sociale (gli influssi di certa religione cattolica - probabilmente quella più ottusa e diffusa nel 1952 - sulle menti più deboli) e sicuramente il discorso ci potrebbe stare perchè questo film è anche la attualizzazione dei temi religiosi già trattati da Avati nel Magnificat del 1993. Invece è bene godersi questo film sia nel momento in cui lo si vede per la prima volta, sia nel momento in cui lo si ricorda, come un gran bel film di intrattenimento per gli amanti del genere horror.
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Si potrebbe sproloquiare sulla valenza storica di questo film (la Democrazia Cristiana alla ricerca del consenso perduto nei primi anni della repubblica), sul suo significato sociale (gli influssi di certa religione cattolica - probabilmente quella più ottusa e diffusa nel 1952 - sulle menti più deboli) e sicuramente il discorso ci potrebbe stare perchè questo film è anche la attualizzazione dei temi religiosi già trattati da Avati nel Magnificat del 1993. Invece è bene godersi questo film sia nel momento in cui lo si vede per la prima volta, sia nel momento in cui lo si ricorda, come un gran bel film di intrattenimento per gli amanti del genere horror. Trama coinvolgente, personaggi tenebrosi, atmosfere dark, effetti sonori e soprattutto visivi truculenti, ma nella giusta misura, senza mai eccedere e poi ... il classico colpo di scena che spiazza tutti. In tutto ciò comunque non va trascurata la unicità storica del film : se in genere qualsiasi film horror richiama alla mente di chi lo vede le sue paure più recondite di bambino (la classica stanza buia piena di presunte presenze malefiche), in più questo film italianissimo proprio per noi italiani non più giovanissimi (over 50) richiama alla mente le paure instillate in certi ambienti, in certi catechismi che insegnavano più la paura del diavolo e del peccato che il bello del bene e del buono. Il solito gran bel quadro di Avati che non tralascia niente e tocca le corde giuste della immaginazione collettiva di noi italiani.
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camillalavazza
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lunedì 26 agosto 2019
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imbarazzante
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Una trama sconclusionata infarcita di troppe spiegazioni (peccato mortale per un film che vorrebbe terrorizzare), contraddizioni e anacronismi (ma quando mai viene permesso di lasciare una bara aperta in chiesa, in posizione obliqua e senza nessuno che la veglia?) pasticci gratuiti con le ostie consacrate, pretesti politici non plausibili e ampollosi e, soprattutto, un casting disastroso, in cui si salvano solo i bambini, soprattutto Filippo Franchini che interpreta il piccolo assassino Carlo, su cui grava l’intero peso del film.
In apertura Avati sfodera subito tutto l’armamentario del manuale da cinema horror: bambole di porcellana, musica di carillon, culla adorna di pizzi e mostro zannuto grondante sangue…dopodiché, per salvarci dall’imbarazzo, possiamo solo ammirare la fotografia e le bellissime location, casoni in mezzo al nulla, abbarbicati su sottili lingue di terra perse nel mare, la campagna assolata e polverosa.
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Una trama sconclusionata infarcita di troppe spiegazioni (peccato mortale per un film che vorrebbe terrorizzare), contraddizioni e anacronismi (ma quando mai viene permesso di lasciare una bara aperta in chiesa, in posizione obliqua e senza nessuno che la veglia?) pasticci gratuiti con le ostie consacrate, pretesti politici non plausibili e ampollosi e, soprattutto, un casting disastroso, in cui si salvano solo i bambini, soprattutto Filippo Franchini che interpreta il piccolo assassino Carlo, su cui grava l’intero peso del film.
In apertura Avati sfodera subito tutto l’armamentario del manuale da cinema horror: bambole di porcellana, musica di carillon, culla adorna di pizzi e mostro zannuto grondante sangue…dopodiché, per salvarci dall’imbarazzo, possiamo solo ammirare la fotografia e le bellissime location, casoni in mezzo al nulla, abbarbicati su sottili lingue di terra perse nel mare, la campagna assolata e polverosa. Strano, comunque, che essendo ambientato nel ’52, non ci siano tracce o accenni alle devastazioni dell’alluvione dell’anno precedente.
Sconcertante anche la scelta di far interpretare il personaggio del mostruoso Emilio da una persona adulta, spacciata inverosimilmente per un fanciullo, veramente affetta da sindrome di Noonan (caratterizzata da bassa statura e malformazioni congenite) producendo una sensazione che più che paura è solo fastidio.
Non parliamo poi degli attori provenienti dalle più svariate località italiane, a cui viene chiesto di sfoggiare le loro capacità di imitazione dell’accento veneto con esiti piuttosto infelici; una Chiara Caselli che imita Laura Betti (il dettaglio della calza strappata poteva essere carino ma viene ripetuto troppe volte e diventa stucchevole), Chiara Sani, la madre di Carlo, legnosa fino al ridicolo nella scena in cui continua a scuotere il marito morto per mostrare alla cinepresa il volto sfracellato, un Haber che recita con il pilota automatico.
Massimo Bonetti (il giudice) e Lino Capolicchio (Don Zanini) cercano di navigare con professionalità in questo guazzabuglio ma annegano anche loro, travolti dalla piattezza della storia.
Peccato, perché l’ambientazione, quelle terre al confine del nulla, tra cielo e mare, una specie di Louisiana nostrana, immersa nell’atmosfera anni ’50, si prestava davvero bene alla costruzione di una storia di terrore (come già era stata la campagna ferrarese ne “La casa dalle finestre che ridono” e i mezzi tecnici (fotografia, costumi) erano all’altezza di piegarsi a qualsiasi richiesta e avrebbero potuto donarci qualche brivido. Sono stati invece sprecati in superflui effetti speciali (l’inutile scena della culla che si riempie di sangue, piuttosto brutta anche sulla locandina che risulta poco “leggibile”) e trucchi carnevaleschi (i dentoni del “mostro”).
La sceneggiatura poi, da un lato è lacunosa, tanto da risultare incomprensibile (perché il compiere un sacrilegio per errore dovrebbe condurre alla morte il sacrilego? E perché un altro sacrilegio potrebbe riportarlo in vita?) e dall’altro fin troppo esplicita, con l’esito di togliere ogni alone di mistero alla vicenda ed ai personaggi.
Insomma, un’occasione mancata che delude e dispiace da parte di un regista che ci ha regalato in passato dei piccoli capolavori.
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inesperto
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lunedì 26 agosto 2019
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storie di terre supertiziose
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Per lunghi tratti, l'atmosfera generale (non la trama) ricorda il capolavoro del '76 "Il presagio"; cosa non da poco. Il racconto è molto bene narrato tra flashback ed azione presente, mantenendo costantemente una sensibile cupezza di fondo. Il finalino è a sorpresa e va un po' ad interpretazione. Nel complesso è un bel prodotto italico di qualità.
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francesco74
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domenica 25 agosto 2019
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un grandissimo horror dopo decenni. ed é italiano!
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Finalmente un horror di qualitá dopo decenni. Ed é italiano.
Ambientazioni e fotografia spettacolari, moltp d'impatto e ben adeguate alla trama.
Attori bravissimi, tutti, nelle interpretazioni.
Pure le musiche mi sono piaciute, colonna sonora cupa, orchestrale,ricca di suspance.
Il finale lascia a bocca aperta ed é molto piú fine e significativo di quanto possa apparire.
Mi é piaciuto veramente tanto e non comprendo i commenti negativi ne di certa critica di settore ne di alcuni utenti qua...se amate il genere questo é un filmone, internazionalmente parlando.
[+] possessione diabolica
(di maramaldo)
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ray
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domenica 25 agosto 2019
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forse non hai capito il film
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Faccio fatica ad essere d’accordo con te. Il cinema è questo! E il film vale davvero la pena. Saranno opinioni personali, ma forse non hai capito l’operazione...
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