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sabato 19 gennaio 2019
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la trama del fim nonconvince neanche gli attori.
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Una serie interminabili di discussioni intellettuali-filosofiche. Come una canzone stonata o fuori tempo.
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baba
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giovedì 17 gennaio 2019
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fantozzi
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Manca solo il dibbattito. E se qualcuno parla di Woody Allen.....meno.
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clod
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martedì 15 gennaio 2019
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da evitare come la peste
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un film verboso e inutile di una vacuità sconcertante.
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martedì 15 gennaio 2019
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sono francesi ma i pensieri sono europei
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Mi è piaciuto molto, si parla della nostra vita quando cerchiamo di comprendere noi stessi e l'epoca in cui viviamo. Tutto reso con leggerezza e profondità.
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michelecamero
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lunedì 14 gennaio 2019
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ci si interroga sul futuro
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Commedia molto francese ed anche molto Woddy Allen. Il film infatti è molto parlato, girato parecchio in interni e tanto dialogato con scambi dialettici rapidi, fluenti, pressanti, intelligenti e problematici, anche stancanti per l’impegno che ci vuole a seguirli, ma mai banali. Al di là del titolo in italiano che potrebbe fuorviare, pur se indubbiamente, c’è un gioco di coppie che si incrociano con i rispettivi tradimenti, condotto sul filo del so e non so, essendo sufficiente l’intuizione, (meglio l’implicito dell’ipocrisia della negazione) il valore della pellicola sta soprattutto nei problemi che la società odierna quella informatica, mediatica, twittata pone a tutti i livelli e tutte le categorie di persone.
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Commedia molto francese ed anche molto Woddy Allen. Il film infatti è molto parlato, girato parecchio in interni e tanto dialogato con scambi dialettici rapidi, fluenti, pressanti, intelligenti e problematici, anche stancanti per l’impegno che ci vuole a seguirli, ma mai banali. Al di là del titolo in italiano che potrebbe fuorviare, pur se indubbiamente, c’è un gioco di coppie che si incrociano con i rispettivi tradimenti, condotto sul filo del so e non so, essendo sufficiente l’intuizione, (meglio l’implicito dell’ipocrisia della negazione) il valore della pellicola sta soprattutto nei problemi che la società odierna quella informatica, mediatica, twittata pone a tutti i livelli e tutte le categorie di persone. In un’epoca di grandi cambiamenti, enormi e velocissimi, in cui si scrive tanto perché con i social oramai scrivono tutti e di tutto, ci si interroga su come cambierà l’editoria, quale sarà il rapporto dei lettori del futuro con i libri, quali forme assumerà l’oggetto libro, se ad esempio la carta sopravvivrà o verrà soppiantata da e-book e video letture affidate ad attori. Ma è anche un mondo in cui pur scrivendo tanto, anche cose delle quali si farebbe volentieri a meno (come i pseudo romanzi di Leonard tutti uguali e qui traspare almeno da parte di Alain responsabile di una casa editrice parigina antica e rispettata, anche una sorta di nostalgia per i classici) si legge sempre meno ed a leggere di più sono pensionati e donne. Ma non solo, perché nei dialoghi che accompagnano i vari momenti del film che si svolgono quasi sempre in riunioni convivali, si adombra l’idea di quanto oramai siamo tutti finiti nelle fauci di un grande fratello mediatico che probabilmente governerà le nostre esistenze prive di veli, di vera autonomia decisionale, con un futuro in cui (si può escluderlo?) anche la democrazia, in sostanza, potrebbe trovarsi in sospensione. In tutto questo calderone il regista ci invita a riflettere ed a discutere, senza fornirci soluzioni, senza neppure indicarci il suo pensiero vista l’abilità con la quale, dialogando, tutte le tesi esposte, anche quelle confliggenti, paiono sempre in bilico, in discussione, tutte con una loro dose di verità e di non verità. Lo stesso Alain ad esempio, pur critico mei confronti della modernità, (nel film rappresentata da Laura giovane carrierista spregiudicata anche nelle abitudini sessuali e di vita tutte improntate ad una personale ampia libertà ed autonomia) tuttavia non la respinge per partito preso, ma la studia, cerca di capirla per potercisi adattare, come in fondo ha sempre fatto l’umanità a seguito delle grandi rivoluzioni tecnologiche e/o scientifiche. Sinceramente a me è piaciuto e mi ha fatto venir voglia di rivederlo tra qualche mese, per cercare di addentrarmici meglio, di riascoltarlo, di comprenderlo appieno, di farlo più mio.
MiCam
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lunedì 14 gennaio 2019
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il gioco dei libri non delle coppie
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Intrigati dal titolo e dalle valutazioni si resta attoniti ad assistere a un film che per la maggior parte del tempo ci ammannisce dialoghi sull'editoria digitale e sul futuro del libro di carta. Dibattito interessante certo ma a cui si preferirebbe assistere in un'altra occasione perchè il vero gioco delle coppie resta sullo sfondo e ha veramente poco spazio oltre ad essere privo di spunti originali tanto che le risate del pubblico sono veramente poche. Insomma incomparabile con il nostro "Perfetti Sconosciuti".
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tomdim
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lunedì 14 gennaio 2019
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interessante e coinvolgente
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Film bello, attuale, condito di un po' di cinismo, a tratti spiritoso, nella migliore tradizione della commedia francese, con attori che disegnano perfettamente i personaggi interpretati.
Il film è interessante e coinvolgente, l'inizio sembra un po' lento e artificioso, presto, però, la narrazione cattura l'interesse dello spettatore sia per l'argomento trattato dai personaggi, la scrittura e la crescita del digitale (ebook) e dell'audio libro rispetto alla carta nella lettura di libri e il cambiamento della comunicazione/informazione/percezione a seguito della diffusione dei social media, sia per il garbato racconto degli intrecci amorosi dei protagonisti.
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Film bello, attuale, condito di un po' di cinismo, a tratti spiritoso, nella migliore tradizione della commedia francese, con attori che disegnano perfettamente i personaggi interpretati.
Il film è interessante e coinvolgente, l'inizio sembra un po' lento e artificioso, presto, però, la narrazione cattura l'interesse dello spettatore sia per l'argomento trattato dai personaggi, la scrittura e la crescita del digitale (ebook) e dell'audio libro rispetto alla carta nella lettura di libri e il cambiamento della comunicazione/informazione/percezione a seguito della diffusione dei social media, sia per il garbato racconto degli intrecci amorosi dei protagonisti.
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[+] il valore di arte e sentimenti nell'era d digitale
(di tom87)
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ralphscott
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sabato 12 gennaio 2019
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snobbish e sbadigli
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Tra le recensioni dei critici e la visione dello spettatore medio,e non solo,sta una voragine. Ho letto paragoni fuorvianti con divertenti recenti commedie italiane e mi sono lasciato fregare. Manca il ritmo,la messa in scena è sciatta e sembra esserci compiacimento. Alcuni temi trattati sono interessanti,ma la noia regna sovrana. Bravi gli attori;la Binoche sempre bella e magnetica. Leggo solo ora che il regista è lo stesso di Personal shopper,ben più pesante e noioso:Olivier Assayas non mi fregherà più.
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sabrina
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sabato 12 gennaio 2019
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ansiogeno e un po' logorroico
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Faticoso seguire dialoghi così serrati.
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vanessa zarastro
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venerdì 11 gennaio 2019
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questi intellettuali parigini...
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“Double vies”, il titolo originale, sembra un film di Woody Allen rivisitato in versione parigina. Il dialogo serrato e il milieu di intellettuali borghesi – scrittori, editori, attori di teatro ecc. – ci riportano alla borghesia newyorkese di Park Avenue tanto celebrata da Allen a partire da “Hannah e le sue sorelle” del 1986 in poi. E che dire del personaggio di “Harry a pezzi” dove l’autobiografia romanzata del protagonista rivela adulteri, tradimenti, menzogne e odi nascosti, non ricorda un po’ Léonard Spiegel, lo scrittore del film francese?
“Il gioco delle coppie”, girato in 16 mm, è una farsa a cui forse manca un po’ di humour ebraico, ma guarda casa lo scrittore è ebreo come i tanti anti-eroe (uno schemiel in Yiddish) mostrati da Allen, in vari film.
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“Double vies”, il titolo originale, sembra un film di Woody Allen rivisitato in versione parigina. Il dialogo serrato e il milieu di intellettuali borghesi – scrittori, editori, attori di teatro ecc. – ci riportano alla borghesia newyorkese di Park Avenue tanto celebrata da Allen a partire da “Hannah e le sue sorelle” del 1986 in poi. E che dire del personaggio di “Harry a pezzi” dove l’autobiografia romanzata del protagonista rivela adulteri, tradimenti, menzogne e odi nascosti, non ricorda un po’ Léonard Spiegel, lo scrittore del film francese?
“Il gioco delle coppie”, girato in 16 mm, è una farsa a cui forse manca un po’ di humour ebraico, ma guarda casa lo scrittore è ebreo come i tanti anti-eroe (uno schemiel in Yiddish) mostrati da Allen, in vari film.
Nel film francese è mostrata la storia di due coppie quella di Alain, l’editore, e quella di Léonard, lo scrittore. La moglie di Alain è Selena, un’attrice di teatro attualmente impegnata in una di quelle serie Tv “che creano dipendenza e visione compulsiva” dove interpreta una poliziotta – anzi un’agente dell’unità di crisi – e che, segretamente, ha un rapporto con Léonard da ben sei anni. Valérie è la compagna dello scrittore che milita nella politica (di sinistra…) e aiuta David nella sua campagna elettorale.
Molte sono le domande che vengono poste nel film e lunghe sono le dissertazioni filosofiche sulle nuove tecnologie digitali che stanno soppiantando il tradizionale rapporto tra uomini, libri, scrittura e modalità di comunicazione. Un bene? Un male? Un dato di fatto. E che ne sarà degli autori che traggono spunto per scrivere prevalentemente della loro biografia? E che ne sarà dell’arte?
I più giovani sono a favore della multimedialità e sostengono che il cambiamento è evoluzione, è progresso, come asserisce Laure, la giovane bisessuale counceler della casa Vernet - che ricorda la storica Èditions du Seuil che pubblica essenzialmente libri di letteratura e scienze umane - e che ha un breve rapporto sessuale con Alain. “Il software è l’unico reale contemporaneo - afferma Laure -…ai tempi della post-verità”.
In una delle riunione di amici intellettuali emerge anche che: “I tweet sono gli haiku della nostra epoca”. Sono tutti un po’ preoccupati di essere al passo dei tempi, a trasporre sui nuovi media i prodotti culturali novecenteschi, dal supporti analogici alle nuove interfacce digitali. Libri oblog? e.book oppure e.reader? Sembra che recentemente gli audiolibri letti da attori celebri vendano più di tutti. Il tutto avviene però su un sottofondo di incertezza, di vuoto, di disamore politico e di rischio di perdere il lavoro più come come status sociale che come fonte di sostentamento.
Così racconta il regista: «Non parteggio per l’uno o per l’altro (ndr Alain e Léonard). Sono solo due rappresentanti della società contemporanea; mi sono basato su personaggi reali, perché la finzione non può esistere di fatto senza autobiografismo, anche quando rimane nascosto. Truffaut aspettava i film di certi registi per avere informazioni su amicizie e conoscenze in comune. Credo che la finzione sia più autentica di un documentario, perché riesce a scandagliare la complessità del mondo e dell’individuo».
Olivier Assayas ha voluto inserire qua e là alcune citazioni di film, anche se non mi pare ci sia alcun riferimento nel suo linguaggio figurativo. Nell’incontro iniziale tra Léonard e Alain viene citata la frase finale de “Il Gattopardo”: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che cambi tutto”. Ma anche “Il nastro bianco” di Haneke che, in un bianco e nero bergmaniano presenta un clima di attesa opprimente, a cui Léonard contrappone un irriverente rapporto sessuale, raccontato nel suo ultimo libro “Punto finale”. È citato anche “Luci d’Inverno” di Ingmar Bergman, con il prete che ha perso la fede e predica in una chiesa vuota.
Alcuni critici considerano “Il gioco delle coppie” un’autocitazione del regista, o meglio, un remake di “Fin août, début septembre” realizzato esattamente vent’anni fa. Lì Assayas aveva seguito la vita di alcuni giovani nell’arco di un anno, dall’agosto al settembre dell’anno successivo, in particolare quella di Gabriel che lavorava in una casa editrice, e quella del suo amico Adrien, uno scrittore in crisi di ispirazione. Anche le scelte musicali sono un po’ nostalgiche di un’epoca passata come, ad esempio, la canzoneHere come the Martian Martians di Jonathan Richman & The Modern Lovers degli anni ’70.
Una sola domanda: perché i francesi così famosi per la loro alta cucina, nel film vengono sempre ritratti a bere nei giusti calici, ma a mangiare scomodi, formaggi, pesci o crudités su piatti appoggiati sulle ginocchia o su bassi tavolini?
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