cristian
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giovedì 2 aprile 2020
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occasione sprecata
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Da non appassionato del tema ma comunque appassionato di buon cinema, ho trovato questa pellicola di una superficialità disarmante, i dialoghi sono molto basilari, quasi caricaturali e non vanno quasi mai oltre la retorica nero blackpower e bianco (normale o cattivissimo) ben lontana dalle buon regista che caratterizza i personaggi in modo da empatizzare con loro. Il film si divide sostanzialmente in due parti, la prima dove un improbabile rapidità ti catapulta da un giovane afroamericano testa calda ad un agente speciale che gestisce un caso, non dico che non sia una storia vera ma nel film si dà l'idea che sia successo in due giorni senza gavetta minima e pure pestando i piedi come un bulletto figo all'interno di un reparto di polizia, il tutto assume un'aria irreale.
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Da non appassionato del tema ma comunque appassionato di buon cinema, ho trovato questa pellicola di una superficialità disarmante, i dialoghi sono molto basilari, quasi caricaturali e non vanno quasi mai oltre la retorica nero blackpower e bianco (normale o cattivissimo) ben lontana dalle buon regista che caratterizza i personaggi in modo da empatizzare con loro. Il film si divide sostanzialmente in due parti, la prima dove un improbabile rapidità ti catapulta da un giovane afroamericano testa calda ad un agente speciale che gestisce un caso, non dico che non sia una storia vera ma nel film si dà l'idea che sia successo in due giorni senza gavetta minima e pure pestando i piedi come un bulletto figo all'interno di un reparto di polizia, il tutto assume un'aria irreale. Oltre a questo ci sono dei buchi narrativi che fanno storcere molto il naso, spesso mi sono trovato a pensare "ma ora perché sta succedendo questa cosa"? ovviamente se avesse scoperto questi buchi probabilmente sarebbe durato un'ora in più, però nella seconda parte nonostante il ritmo incalzi un po', anche se le musiche non aiutano granché, il film diventa come una puntata dell'e-team, farcita di retorica buoni cattivi che non scava nel vivo dell'anima ma rimane superficiale e poco coinvolgente, e comunque una puntata dell'e-team avrebbe personaggi ben più caratterizzati.
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fabio
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lunedì 1 ottobre 2018
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si può perdere
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Deludente sotto molti aspetti; il film oscilla tra il poliziesco (ma senza originalità), la denuncia politica (ma senza mordente), il pulp alla Tarantino (ma senza crederci troppo).
Non convincono nemmeno gli attori: un po' troppo artefatti.
Per una sera alla tv ma senza impegno.
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flyanto
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martedì 2 ottobre 2018
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un'infiltrato del tutto particolare
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“Blackkklansman”, l’ultimo film del regista Spike Lee , è ambientato negli anni ’70 e racconta di un poliziotto detective di colore che, in un’epoca di forti tensioni razziali, decide di smascherare ed arrestare molteplici esponenti tra la popolazione bianca, appartenenti al movimento del Ku Klux Klan. A tal fine l’uomo reputa quanto mai necessario infiltrarsi di persona proprio all’interno di questo chiuso e segreto gruppo di individui intolleranti ma poichè a causa del proprio colore della pelle ciò gli è ovviamente impossibile, decide di introdurre al suo posto il collega di pelle bianca e di religione ebraica e ricavare tramite lui le necessarie informazioni.
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“Blackkklansman”, l’ultimo film del regista Spike Lee , è ambientato negli anni ’70 e racconta di un poliziotto detective di colore che, in un’epoca di forti tensioni razziali, decide di smascherare ed arrestare molteplici esponenti tra la popolazione bianca, appartenenti al movimento del Ku Klux Klan. A tal fine l’uomo reputa quanto mai necessario infiltrarsi di persona proprio all’interno di questo chiuso e segreto gruppo di individui intolleranti ma poichè a causa del proprio colore della pelle ciò gli è ovviamente impossibile, decide di introdurre al suo posto il collega di pelle bianca e di religione ebraica e ricavare tramite lui le necessarie informazioni. Il piano sembra funzionare bene sin dall’inizio sebbene, col passare dei giorni, esso si riveli altamente pericoloso per tutti….
Con questa pellicola Spike Lee affronta, come sempre, delle tematiche altamente scottanti riguardanti le problematiche che coinvolgono la popolazione bianca e quella nera: ciò che egli qui presenta ed asserisce è principalmente l’intolleranza razziale che vige sempre e nei confronti di tutte le razze o confessioni non solo in quella strettamente legata alla popolazione nera. Senza raggiungere le efferatezze dei movimenti, quali, appunto, quello del Ku Klux Klan, ciò che Lee dimostra, soprattutto alla fine del film, è come l’intolleranza tra gli uomini regni sovrana e come sia sempre esistita in tutte le epoche, scatenando violenza, inutili morti od atti vandalici e, pertanto, distruzione totale, non solo materiale, di ogni valore e principio umano.
La pellicola è ben girata (del resto, Spike Lee, è un maestro del genere) ed ha un ritmo serrato che rende la vicenda avvincente ed intrigante. In aggiunta, non manca una certa dose di ironia che stempera notevolmente la dolorosa problematica dell’intolleranza rendendo il film piacevole ed affatto pesante nel suo contenuto, seppure come spunto di riflessione per lo spettatore.
In conclusione la denuncia, già sempre avanzata e fortemente combattuta in precedenza da Lee, è sempre la solita e pertanto non vi è nulla di nuovo da rilevare, ma la pellicola presenta una storia in sé singolare ed al tal punto divertente da rasentare l’assurdo ed il paradossale facendo proprio in ciò risiedere il suo valore.
Sicuramente consigliabile.
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michelino
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martedì 23 ottobre 2018
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michelino va al cinema
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Che dire? un buon film, anche se da uno come Spike lee ci si potrebbe aspettare di meglio nonostante qualche ultima sua prova poco convincente.
In ogni caso da questo film, qua e là qualche sprizzo d'autorialità salta fuori dallo schermo.
Peccato però che la sceneggiatura sembra anche dover rispondere a delle logiche di puro mercato.
Comunque sia, se i film cosi detti commerciali fossero tutti come questo io ci metterei la firma.
Notevole e commovente il cameo di Harry Belafonte.
Scioccante il finale documentaristico.
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Che dire? un buon film, anche se da uno come Spike lee ci si potrebbe aspettare di meglio nonostante qualche ultima sua prova poco convincente.
In ogni caso da questo film, qua e là qualche sprizzo d'autorialità salta fuori dallo schermo.
Peccato però che la sceneggiatura sembra anche dover rispondere a delle logiche di puro mercato.
Comunque sia, se i film cosi detti commerciali fossero tutti come questo io ci metterei la firma.
Notevole e commovente il cameo di Harry Belafonte.
Scioccante il finale documentaristico.
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gingersnaps
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martedì 30 ottobre 2018
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non si smentisce
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con il suo stile inconfondibile, comprese le inquadrature naif, torna e ci regala un racconto di certo drammatico ma con venature ironiche. Spiccano senza dubbio i fratelli neri, perche il vero dilemma lo denotano i fatti storici parlano sempre chiaro e non c'è razzismo al contrario che tenga. Poi lo si vuole leggere come denuncia in varie direzioni ma io la vedo a senso unico. L'orrore regna per tutto il film, ma la narrazione godibile del regista lo fa sembrare del tutto grottesco, ma credo che sia voluto. Attori molto espressivi e ben calzanti con i personaggi, ho creduto per tutto il film di essere in quel periodo, ma la triste realtà è che non è cambiato nulla in questo porco mondo, come sono i porci perfno gli sbirri.
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con il suo stile inconfondibile, comprese le inquadrature naif, torna e ci regala un racconto di certo drammatico ma con venature ironiche. Spiccano senza dubbio i fratelli neri, perche il vero dilemma lo denotano i fatti storici parlano sempre chiaro e non c'è razzismo al contrario che tenga. Poi lo si vuole leggere come denuncia in varie direzioni ma io la vedo a senso unico. L'orrore regna per tutto il film, ma la narrazione godibile del regista lo fa sembrare del tutto grottesco, ma credo che sia voluto. Attori molto espressivi e ben calzanti con i personaggi, ho creduto per tutto il film di essere in quel periodo, ma la triste realtà è che non è cambiato nulla in questo porco mondo, come sono i porci perfno gli sbirri. Musiche di tutto rispetto e ricostruzioni rispetto al libro del tutto attinenti. Grazie per essere ritornato
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jl
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giovedì 2 maggio 2019
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attenzione all'uomo nero... e non solo a lui
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Nel 1978 a Colorado Springs, nel commissariato di polizia locale, è presente un solo agente di colore: Ron Stallworth. Ron viene spostato quasi immediatamente dall’archivio al lavoro sotto copertura e da una sua intuizione nasce un’indagine che farà infiltrare il suo collega Philippe all’interno del Ku Klux Klan. Ron è la voce telefonica che contatta gli associati del Klan, mentre Philippe colui che fisicamente si espone perché di pelle bianca. L’indagine, fra rischi e pericoli, procede fino a quando David Duke, gran maestro del Klan e in ascesa nel mondo della politica, non arriva in città per il rito d’iniziazione dei nuovi iscritti.
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Nel 1978 a Colorado Springs, nel commissariato di polizia locale, è presente un solo agente di colore: Ron Stallworth. Ron viene spostato quasi immediatamente dall’archivio al lavoro sotto copertura e da una sua intuizione nasce un’indagine che farà infiltrare il suo collega Philippe all’interno del Ku Klux Klan. Ron è la voce telefonica che contatta gli associati del Klan, mentre Philippe colui che fisicamente si espone perché di pelle bianca. L’indagine, fra rischi e pericoli, procede fino a quando David Duke, gran maestro del Klan e in ascesa nel mondo della politica, non arriva in città per il rito d’iniziazione dei nuovi iscritti.
L’ultima pellicola di Spike Lee saccheggia a piene mani dalla biografia dell’ex poliziotto Ron Stalleworth, e dalla sua avventura come infiltrato telefonico fra le pieghe del movimento suprematista della razza bianca ovvero il Klan, questo prima dello scioglimento ufficiale a causa della bancarotta che lo colpì nei primi anni ‘80. Il lavoro politico che è alle spalle di questo inno al cinema e alla cultura di colore, ma che prende il via dallo stesso odio che può colpire anche altre minoranze, è un opera certosina fondata sullo humour creatosi da situazioni che di comico non avrebbero nulla, come le continue conversazioni telefoniche che coinvolgono Ron e il gran maestro del Klan: David Duke, certo di riuscire a capire se la persona con cui parla è di pura razza ariana solamente grazie all’inflessione della voce dell’interlocutore. Dall’altro lato Lee riesce a mostrarci come non vi siano poi grandi differenze fra persone di origine etnica diversa, basta infatti analizzare i legami di cameratismo che progressivamente Ron genera con parte dei suoi colleghi e con il movimento studentesco di colore, o l’odio che scorre indifferentemente alle riunioni del KKK o agli incontri dei leader politici afroamericani.
John David Washington aggiunge, a una pellicola dal ritmo incalzante nonostante le oltre due ore di durata, un agente Stallworth senza particolari apici interpretativi ed è forse questa l’unica sbavatura in un film che invece riesce a trovare in Adam Driver un protagonista vincente: un infiltrato credibile e un uomo di origine ebraica che improvvisamente si trova catapultato in un mondo che lo odia esattamente come il suo collega Ron. Un’altra piacevole scoperta è il David Duke impersonato da Topher Grace, ovvero un politicamente moderato dietro al quale si nasconde un iscritto al partito nazista americano e che fra le mura solide e bianche di una villa di periferia e di fronte ad un pubblico debitamente selezionato, non nega mai la legittimità delle sue convinzioni suprematiste.
Una pellicola che narra una storia tanto assurda quanto vera, un calcio ben assestato, senza nemmeno troppi giri di parole, all’America di oggi: il film si conclude difatti con le riprese degli scontri di Charlottesville e con i commenti a caldo sia del presidente Trump ma anche del redivivo David Duke.
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fabio 3121
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sabato 16 maggio 2020
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due agenti sotto copertura.
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il film è l’adattamento cinematografico del libro “Black Klansman” scritto dall’ex poliziotto afroamericano Ron Stallworth (John Washington) che all’inizio degli anni settanta riuscì a creare un contatto telefonico con il presidente del Ku Klux Klan di Colorado Springs. Stallworth poi si fece aiutare dal suo collega bianco Flip Zimmerman (Adam Driver) che andò ad alcune riunioni del KKK nei panni di Stallworth per assumere informazioni e prevenire eventuali rappresaglie e azioni violente contro i neri. Il tema della pellicola è sostanzialmente l’odio razziale dei bianchi nei confronti dei “negri” ma anche degli ebrei.
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il film è l’adattamento cinematografico del libro “Black Klansman” scritto dall’ex poliziotto afroamericano Ron Stallworth (John Washington) che all’inizio degli anni settanta riuscì a creare un contatto telefonico con il presidente del Ku Klux Klan di Colorado Springs. Stallworth poi si fece aiutare dal suo collega bianco Flip Zimmerman (Adam Driver) che andò ad alcune riunioni del KKK nei panni di Stallworth per assumere informazioni e prevenire eventuali rappresaglie e azioni violente contro i neri. Il tema della pellicola è sostanzialmente l’odio razziale dei bianchi nei confronti dei “negri” ma anche degli ebrei. Molto ben interpretato dai 2 attori protagonisti e accompagnato da una bella colonna sonora, curato sui costumi e il look di quegli anni, il film è piacevole ed interessante da vedere. Il dramma del razzismo arriva fino ai giorni nostri con cui si conclude il film con scene di violenza tra le strade americane.
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dandy
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venerdì 19 marzo 2021
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il cucù klan...
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Ispirato a un'incredibile storia vera(che il regista adatta basandosi sul romanzo di Stallworth).Lee riprende la verve dei suoi film pre-2000,è sarcastico fin dall'inizio(il discorso di Buauregard con la proiezione di "Via col vento" sullo sfondo)e affronta l'eterna tematica del razzismo con spigliatezza ed arguzia.E la coppia Driver-Washington(figlio dell'attore Denzel e giocatore nella National Football League)funziona molto bene.Se da un lato non si risparmiano frecciate all'idiozia del KKK(le telefonate tra Stallworth e il capo della setta che si vanta di saper riconoscere i neri dal modo di parlare)viene tirato in ballo anche il rovescio della medaglia,con i discorsi infiammati del leader nero Kwame Ture.
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Ispirato a un'incredibile storia vera(che il regista adatta basandosi sul romanzo di Stallworth).Lee riprende la verve dei suoi film pre-2000,è sarcastico fin dall'inizio(il discorso di Buauregard con la proiezione di "Via col vento" sullo sfondo)e affronta l'eterna tematica del razzismo con spigliatezza ed arguzia.E la coppia Driver-Washington(figlio dell'attore Denzel e giocatore nella National Football League)funziona molto bene.Se da un lato non si risparmiano frecciate all'idiozia del KKK(le telefonate tra Stallworth e il capo della setta che si vanta di saper riconoscere i neri dal modo di parlare)viene tirato in ballo anche il rovescio della medaglia,con i discorsi infiammati del leader nero Kwame Ture.Belle le sequenze a montaggio alternato in cui il KKK guarda esaltato "La nascita di una nazione" mentre gli studenti neri ascoltano la terribile testimonianza di Jerome Turner,che ai tempi della presidenza Wilson assistette al linciaggio di un amico ritardato e alla seconda nascita del Klan proprio in merito al film di Griffith.Il finale,con le immagini reali degli scontri a Charlotteville in Virgina del 2017 e i commenti di Trump in proposito,ribadisce con forza e sdegno sull'attualità anche politica del razzismo in America(l"America first" è lo slogan che nel film il KKK ripete a più riprese).Tra i prodotti migliori di Lee,che nell'ultimo periodo ha un pò perso lo smalto.Gran Premio della Giuria a Cannes e premio del pubblico al Festival di Locarno.Un'operazione simile era già stata fatta nel'66 con "The black Klansman",ma questo film non vi ha niente a che fare.
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eugen
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sabato 12 agosto 2023
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ottimo spike lee
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Demistifricazione del razzismo, del KuKUX Clan come dei suoi lacche'e dei suoi epigoni in salsa europea, questo"BlackKUClusman"(SPike Lee, dal libro di Ron Stallworth, a suo tempo protagonista della vicenda, sceneggiatura di Lee stesso, con David Rabinowitz, Charlie Wachtel e Kevin WIlmott, 2018)., dovrebbe essere un livre de chevet per tutti(e coloro i /le quali induginao, per ignoranza, su tematiche raggista o para-razziste(ne ho avuto un esempio, inaspettato, circa vent'anni fa, in una persona che non avrei sospettaro di tali cadute intellettive),, dato che Lee si diverte(ma pour cause, dato che l0intenzione e'estreamemnte seria, non concdenendo nulla a humor e comicita', nel fine, intendo()a sbeffeggairemo la dabbenaggine degli uomini e delle donne del Clan, ma anche di tutti coloro che larvatamente ne condividono le tesi, magari in forma "larvata"e"prudentemente felpata".
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Demistifricazione del razzismo, del KuKUX Clan come dei suoi lacche'e dei suoi epigoni in salsa europea, questo"BlackKUClusman"(SPike Lee, dal libro di Ron Stallworth, a suo tempo protagonista della vicenda, sceneggiatura di Lee stesso, con David Rabinowitz, Charlie Wachtel e Kevin WIlmott, 2018)., dovrebbe essere un livre de chevet per tutti(e coloro i /le quali induginao, per ignoranza, su tematiche raggista o para-razziste(ne ho avuto un esempio, inaspettato, circa vent'anni fa, in una persona che non avrei sospettaro di tali cadute intellettive),, dato che Lee si diverte(ma pour cause, dato che l0intenzione e'estreamemnte seria, non concdenendo nulla a humor e comicita', nel fine, intendo()a sbeffeggairemo la dabbenaggine degli uomini e delle donne del Clan, ma anche di tutti coloro che larvatamente ne condividono le tesi, magari in forma "larvata"e"prudentemente felpata". Un detective nero , all'inizio dei Seventies, si finge un bianco adepto del Clan e natrualmente, al momento di passare dal coup de fil (telefonta)alla presenza fisica, invia un collega bianco, che pero'i"clanisit"sospettanoo di essre ebreo e lui e'ebreo per davvwero... I toni della commedia si mescolano intelligetnemente a quellei del dramma e della denuncia, che e'denuncia delle tesi stupide, meramente"ricevute-eredtate"dai membri di questi bruciatori di croci e razzisti da poco, che vorrebbero divenire eredi de Terzo Reich ma lo annno "in impuris naturalibus", ossia in condizioni favorevoli per un appartente "plutalismo"e un'apparente accettazione di ogni dea, come appunto negli States, dov ein realta'ad affermarsi e'la protervia del piu'frote e del piu'ricco, di chi ha maggiori"etrances", appoggi del e dal mondo finaziario e in seconda battuta politico... Notevolssima la scelta delle musiche, con i"classici" rock ma anche blues dell'epoca, con una particolare attenzione al raporsto sequenza,susica o meglio anche solo frammento di un song, montaggio di Barry Alexander Brwoen, scenografia, anche questa realizzata a piu'mani Intepreti di grande spessore John David Washngton , Adam Drvier(il collega ebreo),, Laura Herrier e altri/e, in un film che segna un passo improtante per Lee, motivo per il quale appare incomprensbile l'asrio mascherato di chi considera il filn una "caduta di tono"... Eugen
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clavius
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giovedì 29 novembre 2018
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spike lee si supera
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Brillante come non lo era da tempo, Spike Lee ci regala un film che è nello stesso tempo irriverente, riflessivo, comico e tragico. Un film politico e schierato che nell'America razzista degli anni 70 ha l'ambizione di far rispecchiare quella contemporanea. E ci riesce. Miracolosamente. Di razzismo se ne parla e discute da tempo. Anche nelle ultime stagioni sono usciti titoli a riguardo, ma quando il film viene diretto da un regista imprevedibile, si assiste stupefatti al taglio nuovo, allo sguardo differente su un tema abusato. Gli attori bravissimi completano l'opera. Attorno alle dinamiche (a tratti esilaranti) del poliziotto di colore che cerca di infiltrarsi nel KKK, Spike Lee graffia la coscienza dello spettatore medio riservandogli dure lezioni di realtà.
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Brillante come non lo era da tempo, Spike Lee ci regala un film che è nello stesso tempo irriverente, riflessivo, comico e tragico. Un film politico e schierato che nell'America razzista degli anni 70 ha l'ambizione di far rispecchiare quella contemporanea. E ci riesce. Miracolosamente. Di razzismo se ne parla e discute da tempo. Anche nelle ultime stagioni sono usciti titoli a riguardo, ma quando il film viene diretto da un regista imprevedibile, si assiste stupefatti al taglio nuovo, allo sguardo differente su un tema abusato. Gli attori bravissimi completano l'opera. Attorno alle dinamiche (a tratti esilaranti) del poliziotto di colore che cerca di infiltrarsi nel KKK, Spike Lee graffia la coscienza dello spettatore medio riservandogli dure lezioni di realtà. In questo senso i risvolti comici del film sono solo funzionali a rendere quelle risate più amare, per mostrare impietosamente il nervo scoperto delle disuguaglianze e delle discriminazioni diffuse che persistono ancora intatte sotto la pelle della nostra società.
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