The Wife - Vivere nell'ombra |
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Un film di Björn Runge.
Con Glenn Close, Jonathan Pryce, Christian Slater, Max Irons.
continua»
Titolo originale The Wife.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 100 min.
- USA, Svezia, Gran Bretagna 2017.
- Videa
uscita giovedì 4 ottobre 2018.
MYMONETRO
The Wife - Vivere nell'ombra
valutazione media:
3,24
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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You too?di annaracheleFeedback: 100 |
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lunedì 10 dicembre 2018 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Sarà l’onda lunga del #MeToo, ma non si può vedere The wife, del regista svedese Björn Runge, senza andare col pensiero alle denunce recenti che hanno fatto esplodere la serie di ricatti e abusi verificatisi a Hollywood e non solo. Perchè la vicenda del Premio Nobel assegnato al grande scrittore dietro cui c’era la moglie ghostwriter rimanda alla storia dei ricatti sessuali nel mondo del cinema? Innanzi tutto perché anche nel film un uomo di fama e di potere tiene in pugno con il silenzio una femmina devota e compiacente: e se per le dive d’oltreoceano la contropartita è stata acquisire contratti cinematografici, per la protagonista del film (Glenn Glose) la posta in gioco è lo status di buona moglie-madre nel teatrino della famiglia borghese americana. La donna, poco propensa di suo ad acquisire visibilità in un mondo della letteratura nel quale negli anni 60-70 del secolo scorso era comunque più facile l’affermazione maschile, aveva quindi potuto dedicarsi alla passione della scrittura, garantita dall’esclusività del legame con il marito. L’accostamento con il #MeToo – a ben vedere - è anche nella denuncia tardiva della soggezione subita: se dive e starlette hanno trovato la forza di reagire al maleficio di Weinstin e compari a partire dalle inchieste di Ronan Farrow, la protagonista è come se prendesse coscienza del proprio asservimento solo dopo quarant’anni, incalzata dalle insinuazioni dell’aspirante biografo del marito. Anche se – nel film come nella realtà - le confessioni posticipate, anni e status sociale acquisito dopo, rendono arduo definire vittime e carnefici, e soprattutto la gravità del ruolo di questi ultimi. E’ presente contemporaneamente in sala un altro buon film, The Children Act - Il Verdetto, del regista britannico settantacinquenne Richard Eyre. Un giudice dell'Alta Corte britannica (Emma Thomson) deve decidere del destino di un giovane testimone di Geova affetto da leucemia e che rifiuta le trasfusioni. Oltre al drammatico contenzioso legale, la donna nel privato subisce un ricatto da parte del marito: poichè è totalmente dedita al proprio lavoro che svolge con scrupolo appassionato, trascura il talamo coniugale e l’uomo le comunica che la tradirà. Da parte di lui nessun tentativo di riconquista o seria riflessione sulla crisi della loro intimità; per lei nessun diritto di replica: la donna, dalle energie esauste, potrà solo subire.Due film dall’impianto tradizionale, con attori protagonisti impeccabili. E che consentono di cogliere le diverse declinazioni del ricatto, che può star dentro ogni relazione di lavoro o sentimentale: come a dire che, forse, dopo il #MeToo potremmo non essere più gli stessi.
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