The Wife - Vivere nell'ombra

Matrimonio in sala astenersi coppie

Scene da un matrimonio, del tipo finché morte non ci separi. Oppure no? The wife - Vivere nell'ombra è uno di quei bei film di una volta che poi consentono di discuterne: il consiglio è evitare di vederlo in coppia, soprattutto se matura, perché potrebbe rinfocolare sopiti rancori, meglio tra signore, possibilmente separate, divorziate, al limite anche vedove purché allegre. Joan e Joe sono una coppia in età che si potrebbe definire radical chic se non vivesse a New York dove essere intellettuali ed eleganti non è una colpa ma addirittura un pregio. Stanno per diventare nonni ma l'attesa angosciosa è quella che riguarda il Nobel: lui, Joe Castleman, è un celebre scrittore candidato al premio (evento un tempo paradisiaco, attualmente in sonno causa molestie, anche lì, tra i massimi cervelloni in tight!); ed a letto è talmente fuori di sé da tentare persino un approccio con la moglie che giustamente lo scosta ridendo. Una telefonata da Stoccolma finalmente avverte che sì, il premio Nobel, molto onore e molto denaro, è loro, o meglio, di lui, che infatti presentando la moglie alle folle dei suoi ammiratori si premura sempre di precisare che no, lei non scrive. Nella realtà in quel 1992 il riconoscimento per la letteratura andò al poeta Derek Walcott, meticcio di Trinidad, di fama raffinata ma non oceanica: mentre questo Castleman fittizio, certo nel magro mondo sia pure internazionale dei lettori, è molto conosciuto, amato tradotto in decine di lingue, come fosse Samuel Bellow. Vale la pena di vedere The wife soprattutto per l'interpretazione della granitica coppia, lui Jonathan Pryce, lei Glenn Close, che qui torna alle meraviglie della marchesa di Merteuil delle Relazioni pericolose: ambedue 71 anni, bellissimi per il rispetto che hanno delle loro età, lui ingrigito e un po' gonfio, lei tutta una ruga illuminata dall'azzurro degli occhi. A Stoccolma, nel lusso della loro suite, negli incontri ufficiali, tra la folla di ammiratori incantati e di giornalisti invadenti, qualcosa si insinua nella saldezza della coppia, si incrina la loro reciproca omertà, i ricordi assopiti si risvegliano crudeli. Joe e Joan rappresentano la coppia perfetta e quindi felice come vuole l'ipocrisia: lui è quello importante, il genio, insomma l'uomo, lei è la donna, quella che ascolta, che annuisce, che gli ricorda le medicine, che lo frena nel cibo, che raccatta da terra i suoi pantaloni, che chiude gli occhi su tante prevaricazioni, comprese le corna; che si appresterebbe a farle anche lì, nella città straniera, alla vigilia della cerimonia. Lei è qualcuno perché sa essere nessuno, la moglie dei sogni, sorridente e silenziosa sempre alle spalle del marito, colui che conta, che è al centro dell'interesse degli altri. Lui la adora, non potrebbe fare a meno di lei, madre dei suoi figli, amante, segretaria, domestica, collaboratrice, infermiera, amica, sempre disponibile, mai giudice. Sul viso di Glenn Close, nei suoi silenzi e sorrisi, nello sguardo e nel tono di voce, passano la memoria di una vita, il dubbio, la presa di coscienza, la rivelazione del rancore, la tenacia con cui proteggere ciò che non si deve far sapere. Tornano scene degli anni 50 quando lei era allieva del giovane professor Castleman, sposato e padre, e sognava di diventare scrittrice: però un'autrice avvilita, Elizabeth McGovern, le spiega che scrivere ha senso se poi ti leggono, e le donne non le legge nessuno. Si innamorano, lui divorzia e si sposano: sarà Joe a diventare un famoso scrittore, per stargli vicino Joan ci ha rinunciato. Il loro legame si fa sempre più complice sino a raggiungere quello squilibrio, quella asimmetria, che fanno di lui una celebrità e di lei un'ombra e li saldano insieme. In Svezia li ha seguiti un giornalista, Christian Slater, che ha intuito il grande inganno tra i Castleman, e c'è un momento sapiente in cui a un tavolo di caffè lui circuisce inutilmente la sorridente signora, seducente per minacciosa intelligenza e ironia. Le scene del passato, interpretate da due giovani attori, almeno qui insignificanti, Harry Lloyd e Annie Starke, figlia di Glenn Close, hanno la colpa di sottrarci le schermaglie d'amore e insofferenza dei due insuperabili anziani. Noioso anche il figlio musone David, Max Irons, che segue i genitori a Stoccolma brontolando perché papà non lo incoraggia a scrivere pure lui. Sin da principio gli spettatori si augurano il finale che darebbe ragione anche ai loro fastidi di coppia: ce ne sono una gran quantità tutti possibili, ma poi ovviamente ce ne è uno solo: che qualche signora forse avrà sperato.
Da La Repubblica. 26 settembre 2018


di Natalia Aspesi,