francesco2
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domenica 27 maggio 2018
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quel "cinema di corpi"
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All’inizio, forse, appare un film di ispirazione rohmeriana, con dialoghi e situazioni che riportano alla mente -secondo chi scrive- il peggio del regista francese, che in “Un ragazzo, tre ragazze”..... si perdeva nei dialoghi pseudo-intellettualistici. In seguito, tuttavia, alcune sequenze apparentemente anodine ci illuminano riguardo i travagli delle giovanissime protagoniste, a differenza di commedie “intellettuali”(stiche) d’ oltralpe tipo “ L’appartamento spagnolo”. Ma soprattutto, come ha scritto giustamente Marzia Gandolfi, questo èun cinema di corpi. Lo era già “La vita di Adele”, amore lesbico di liberazione non solo ed esclusivamente sessuale e/o culturale.
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All’inizio, forse, appare un film di ispirazione rohmeriana, con dialoghi e situazioni che riportano alla mente -secondo chi scrive- il peggio del regista francese, che in “Un ragazzo, tre ragazze”..... si perdeva nei dialoghi pseudo-intellettualistici. In seguito, tuttavia, alcune sequenze apparentemente anodine ci illuminano riguardo i travagli delle giovanissime protagoniste, a differenza di commedie “intellettuali”(stiche) d’ oltralpe tipo “ L’appartamento spagnolo”. Ma soprattutto, come ha scritto giustamente Marzia Gandolfi, questo èun cinema di corpi. Lo era già “La vita di Adele”, amore lesbico di liberazione non solo ed esclusivamente sessuale e/o culturale. Qui, Kechiche costruisce un ritratto di giovane , che forse –molto, molto banalmente-funge da suo “Alter-ego”: è apparentemente in disparte nel contemplare una realtà di ballo-fumo-baci eterosessuali – a proposito, ma per la società del ‘94 non c’è un troppa “tolleranza” nel film?- : nella realtà, forse, nutre l’auspicio di diventarne “arbitro”. Ed il regista, a sua volta, rinuncia alla mera rappresentazione documentaristica, fornendo al giovane protagonista –come anche a noi -uno specchio di quella età della vita. .Già, a LUI ed a NOI. Allora, forse, si potrebbe ipotizzare addirittura un doppio meccanismo di identificazione, uno specchio onnipresente che finisce per abbracciare tutti sotto la sua apparente “suavità”, RIFLETTEndo ed , al contempo, SPINGENDO A RIFLETTERE. La maturazione del ragazzo passa anche attraverso tappe come l’animale che partorisce nella fattoria, ma il film, alla lunga, mi pare risulti un tantino lento e dilatato; mi spiace ripetermi, ma penso che a Venezia l’ opera di Del Toro –poi premiato –e “Tre pannelli” avessero abbastanza di più.
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peergynt
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giovedì 7 settembre 2017
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l'occhio del cinema sul corpo della donna
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Il regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche si rivela sempre di più come un Rohmer di nuova generazione. Innamorato (e si vede) del corpo femminile, sul quale fa scorrere per quasi tutte le 3 ore del film la sua macchina da presa, ama molto anche i suoi personaggi, che disegna a tutto tondo grazie ad un dialogo incessante che ne costituisce, a tutti gli effetti, il loro 3-D. Perché è proprio con dialoghi molto aderenti alla quotidianità e scene che indugiano sulle azioni più comuni della vita (quali il mangiare, l'amare, il lavorare) che Kechiche ci presenta i personaggi, ce li fa conoscere e ce li fa amare.
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Il regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche si rivela sempre di più come un Rohmer di nuova generazione. Innamorato (e si vede) del corpo femminile, sul quale fa scorrere per quasi tutte le 3 ore del film la sua macchina da presa, ama molto anche i suoi personaggi, che disegna a tutto tondo grazie ad un dialogo incessante che ne costituisce, a tutti gli effetti, il loro 3-D. Perché è proprio con dialoghi molto aderenti alla quotidianità e scene che indugiano sulle azioni più comuni della vita (quali il mangiare, l'amare, il lavorare) che Kechiche ci presenta i personaggi, ce li fa conoscere e ce li fa amare. Così era successo nei suoi film precedenti (basti pensare ad Adèle di "La vita di Adele", 2013 oppure a Rym di "Couscous", 2007), così succede anche in questo "Mektoub", dove un doppio del regista, il giovane fotografo e sceneggiatore Amin, osserva con un certo distacco non privo di quieto coinvolgimento le peripezie amorose della carnale e provocante Ophélie (Ophélie Bau), della bionda e gioiosa Céline (Lou Luttiau), dell'ingenua e infantile Charlotte (Alexia Chardard). Ma soprattutto, e ancora una volta, i film di Kechiche sono un inno alla donna, alla sua grande forza erotica, un vero e proprio canto lirico alle sue muse ispiratrici, non privi di una loro poesia, pur alle volte sommersa dal caos di un'umanità sempre in movimento.
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robert eroica
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giovedì 7 settembre 2017
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canto uno....speriamo l ultimo
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#Venezia74. MEKTOUB, MY LOVE: CANTO UNO. L'ambizione di Kechiche e' altissima : filmare l'intangibile della guovinezza. Non il sentimento, la bellezza, l'amore. Vorrebbe mostrare la cosa piu' intangibile: il desiderio. Corpi desideranti, corpi che si agitano, che hanno il bisogno di sperimentare la loro fisicita'. E per un' ora il film riesce, con una sequenza di ballo al ristorante altamente seduttiva. Ma poi, attorno alla scatenata Ophelie, si accorpano altre due ore di chiacchiericci, strusci, cibo, musica a palla. Persino la nascita di un agnellino (?!), celebrata come una sinfonia della Vita. E il punto di vista ginecologico denota un compiacimento maschilista che Kechiche non riesce a tenere a freno.
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#Venezia74. MEKTOUB, MY LOVE: CANTO UNO. L'ambizione di Kechiche e' altissima : filmare l'intangibile della guovinezza. Non il sentimento, la bellezza, l'amore. Vorrebbe mostrare la cosa piu' intangibile: il desiderio. Corpi desideranti, corpi che si agitano, che hanno il bisogno di sperimentare la loro fisicita'. E per un' ora il film riesce, con una sequenza di ballo al ristorante altamente seduttiva. Ma poi, attorno alla scatenata Ophelie, si accorpano altre due ore di chiacchiericci, strusci, cibo, musica a palla. Persino la nascita di un agnellino (?!), celebrata come una sinfonia della Vita. E il punto di vista ginecologico denota un compiacimento maschilista che Kechiche non riesce a tenere a freno. Sara' il primo tassello di una ipotetica serie, ma questo e' un film sbagliato, un fallimento voluto a tutti i costi, rovinoso. Voto:4
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