peergynt
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giovedì 7 settembre 2017
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l'occhio del cinema sul corpo della donna
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Il regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche si rivela sempre di più come un Rohmer di nuova generazione. Innamorato (e si vede) del corpo femminile, sul quale fa scorrere per quasi tutte le 3 ore del film la sua macchina da presa, ama molto anche i suoi personaggi, che disegna a tutto tondo grazie ad un dialogo incessante che ne costituisce, a tutti gli effetti, il loro 3-D. Perché è proprio con dialoghi molto aderenti alla quotidianità e scene che indugiano sulle azioni più comuni della vita (quali il mangiare, l'amare, il lavorare) che Kechiche ci presenta i personaggi, ce li fa conoscere e ce li fa amare.
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Il regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche si rivela sempre di più come un Rohmer di nuova generazione. Innamorato (e si vede) del corpo femminile, sul quale fa scorrere per quasi tutte le 3 ore del film la sua macchina da presa, ama molto anche i suoi personaggi, che disegna a tutto tondo grazie ad un dialogo incessante che ne costituisce, a tutti gli effetti, il loro 3-D. Perché è proprio con dialoghi molto aderenti alla quotidianità e scene che indugiano sulle azioni più comuni della vita (quali il mangiare, l'amare, il lavorare) che Kechiche ci presenta i personaggi, ce li fa conoscere e ce li fa amare. Così era successo nei suoi film precedenti (basti pensare ad Adèle di "La vita di Adele", 2013 oppure a Rym di "Couscous", 2007), così succede anche in questo "Mektoub", dove un doppio del regista, il giovane fotografo e sceneggiatore Amin, osserva con un certo distacco non privo di quieto coinvolgimento le peripezie amorose della carnale e provocante Ophélie (Ophélie Bau), della bionda e gioiosa Céline (Lou Luttiau), dell'ingenua e infantile Charlotte (Alexia Chardard). Ma soprattutto, e ancora una volta, i film di Kechiche sono un inno alla donna, alla sua grande forza erotica, un vero e proprio canto lirico alle sue muse ispiratrici, non privi di una loro poesia, pur alle volte sommersa dal caos di un'umanità sempre in movimento.
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robert eroica
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giovedì 7 settembre 2017
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canto uno....speriamo l ultimo
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#Venezia74. MEKTOUB, MY LOVE: CANTO UNO. L'ambizione di Kechiche e' altissima : filmare l'intangibile della guovinezza. Non il sentimento, la bellezza, l'amore. Vorrebbe mostrare la cosa piu' intangibile: il desiderio. Corpi desideranti, corpi che si agitano, che hanno il bisogno di sperimentare la loro fisicita'. E per un' ora il film riesce, con una sequenza di ballo al ristorante altamente seduttiva. Ma poi, attorno alla scatenata Ophelie, si accorpano altre due ore di chiacchiericci, strusci, cibo, musica a palla. Persino la nascita di un agnellino (?!), celebrata come una sinfonia della Vita. E il punto di vista ginecologico denota un compiacimento maschilista che Kechiche non riesce a tenere a freno.
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#Venezia74. MEKTOUB, MY LOVE: CANTO UNO. L'ambizione di Kechiche e' altissima : filmare l'intangibile della guovinezza. Non il sentimento, la bellezza, l'amore. Vorrebbe mostrare la cosa piu' intangibile: il desiderio. Corpi desideranti, corpi che si agitano, che hanno il bisogno di sperimentare la loro fisicita'. E per un' ora il film riesce, con una sequenza di ballo al ristorante altamente seduttiva. Ma poi, attorno alla scatenata Ophelie, si accorpano altre due ore di chiacchiericci, strusci, cibo, musica a palla. Persino la nascita di un agnellino (?!), celebrata come una sinfonia della Vita. E il punto di vista ginecologico denota un compiacimento maschilista che Kechiche non riesce a tenere a freno. Sara' il primo tassello di una ipotetica serie, ma questo e' un film sbagliato, un fallimento voluto a tutti i costi, rovinoso. Voto:4
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