cardclau
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mercoledì 1 novembre 2017
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la vita è anche tristezzza
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Ci viene presentato come un inno alla vita, da far vedere alle scolaresche di adolescenti. Ma non lo è. E lo capiamo bene il perché. Il regista, affetto da amyotrophic lateral sclerosis (SLA), è morto in questi giorni, dopo aver lottato incessantemente dal 2008. Chissà perchè, vogliamo credere alla favola che chi è affetto da una malattia incurabile sia in grado di mantenere un solido sottofondo di serenitò. I miei pazienti diabetici affermano risolutamente che il diabete è subdolamente una malattia terribile, confondendo ciò che è curabile (il diabete) da quello che non lo è (SLA). E veniamo al film. Non è un inno alla vita.
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Ci viene presentato come un inno alla vita, da far vedere alle scolaresche di adolescenti. Ma non lo è. E lo capiamo bene il perché. Il regista, affetto da amyotrophic lateral sclerosis (SLA), è morto in questi giorni, dopo aver lottato incessantemente dal 2008. Chissà perchè, vogliamo credere alla favola che chi è affetto da una malattia incurabile sia in grado di mantenere un solido sottofondo di serenitò. I miei pazienti diabetici affermano risolutamente che il diabete è subdolamente una malattia terribile, confondendo ciò che è curabile (il diabete) da quello che non lo è (SLA). E veniamo al film. Non è un inno alla vita. Si dà per scontato che la relazione madre-figlia sia soddisfacente. La relazione padre-figlia è invece una relazione piuttosto zoppicante, direi terribilmente non vitale. Il padre perde i suoi riferimenti di padre, già traballanti, mimetizzati da una motivazione intelettualoide, con la morte della madre. Alla fine, chiede scusa alla figlia di questo, in un modo che accomuna noi cattolici italiani, con questi cattolici irlandesi, nella incapacità di prenderci la responsabilità dellle noste azioni, basta la confessione. Ne viene fuori una figlia incapace di amare, che teme che il regazzo sia interessato a lei solo per poter inzuppare il suo biscotto nella di lei tazzina. Insomma, da far vedere a chi ha una forte preparazione psicologica, altrimenti ne viene fuori un inno al sentimentalismo.
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ezio51
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giovedì 19 ottobre 2017
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due o tre stelle se le merita
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La voce over è nello spirito del del film, come pure ralenti e flashback. Certo se si usa come riferimento Malick (tuo vate) la battaglia è persa. Anche le musiche non sono più invadenti che tanti altri film on the road e lo spirito adolescenziale, contraddittorio e disponibile a "perle di saggezza illuminanti", è ben reso per essere firmato da un adulto. La figura del ragazzo è credibile (carino ma complessato figlio di papà ricco quindi non inserito in classe), il padre è, credo, volutamente sopra le righe (elogio della pazzia - pre e post trauma) e il tono è, sotto sotto, da favola accattivante, basta accettarla come tale. PS Perché poi la critica al doppiaggio, non mi sembra così fuorviante?
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