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felicity
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domenica 11 agosto 2024
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un film di inusitata durezza
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Beasts of No Nation è un’immersione nella mente di Agu, fra accettazione passiva e progressiva presa di coscienza.
Quel che c’è fuori è solo una successione di violenze fisiche e psicologiche senza logica apparente, di sopraffazioni sessuali che diventano un’estensione del furor guerresco maschile. L’uso simbolico dei colori, ridotti all’essenziale (il nero della notte, il verde della giungla, il rosso del sangue e della trincea), le sequenze oniriche, i riti sciamanici trasformano la guerra in un grande incubo collettivo, con i soldati adolescenti che vanno al massacro con lo sguardo allucinato dalla droga brown brown, mix di cocaina e polvere da sparo.
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Beasts of No Nation è un’immersione nella mente di Agu, fra accettazione passiva e progressiva presa di coscienza.
Quel che c’è fuori è solo una successione di violenze fisiche e psicologiche senza logica apparente, di sopraffazioni sessuali che diventano un’estensione del furor guerresco maschile. L’uso simbolico dei colori, ridotti all’essenziale (il nero della notte, il verde della giungla, il rosso del sangue e della trincea), le sequenze oniriche, i riti sciamanici trasformano la guerra in un grande incubo collettivo, con i soldati adolescenti che vanno al massacro con lo sguardo allucinato dalla droga brown brown, mix di cocaina e polvere da sparo.
È sulla forza illusoria del mito guerresco che si basa il potere coercitivo del Comandante, che pennella una realtà a propria immagine e finisce per perdervisi.
Il film tradisce la propria aspirazione all’universale, attraverso scenari (il villaggio, la giungla, l’istituto) e personaggi (il bambino, il comandante, il politico) tipizzati.
Nel tentativo di tenere insieme tutto, il rischio è di cadere in un certo schematismo, di dare troppo per scontato che la rappresentazione visiva della violenza sia sufficiente per mettere in moto l’empatia e generare consapevolezza.
Se il film funziona a livello cerebrale, una certa freddezza di fondo permane. E il grande cinema di guerra resta un modello irraggiungibile.
Il film segue uno schema prevedibile e bulimico, cerca di alternare momenti più brutali a riflessioni autoprodotte, non sfuma su niente e su nessuno, calpesta e violenta, spacca teste come fossero meloni e dipinge di rosso sangue la vegetazione al passaggio della falange. Poi, finiti i viveri, le munizioni e un nemico da combattere, ci pensano i salvifici caschi blu dell'Onu a condurre verso lidi più sereni il racconto.
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davidino.k.b.
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giovedì 24 marzo 2016
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grande film
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un gran bel film............
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fedson
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martedì 27 ottobre 2015
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nel continente nero
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Agu, giovane ometto di casa, trascorre la sua vita tranquilla e pacifica assieme alla sua famiglia e ai suoi coetanei. Si diverte con gli altri bambini a cercare vecchi attrezzi per poi rivenderli alla gente di paese, a fare scherzi verso suo fratello maggiore e a ridere insieme al padre e alla madre. La pace viene interrotta improvvisamente dalla guerra civile della sua stessa nazione, che lo porterà via dai suoi cari e da tutto ciò che aveva. Gli viene tolta la libertà, la famiglia e l'amore, in cambio di armi, cibo a volontà e il potere di servire il Comandante, un omone gande e grosso che afferra qualsiasi cosa senza scrupoli. Cary Fukunaga si innamorò del romanzo da cui la sua opera è tratta durante il periodo universitario.
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Agu, giovane ometto di casa, trascorre la sua vita tranquilla e pacifica assieme alla sua famiglia e ai suoi coetanei. Si diverte con gli altri bambini a cercare vecchi attrezzi per poi rivenderli alla gente di paese, a fare scherzi verso suo fratello maggiore e a ridere insieme al padre e alla madre. La pace viene interrotta improvvisamente dalla guerra civile della sua stessa nazione, che lo porterà via dai suoi cari e da tutto ciò che aveva. Gli viene tolta la libertà, la famiglia e l'amore, in cambio di armi, cibo a volontà e il potere di servire il Comandante, un omone gande e grosso che afferra qualsiasi cosa senza scrupoli. Cary Fukunaga si innamorò del romanzo da cui la sua opera è tratta durante il periodo universitario. Dalle precise inquadrature che richiamano, con tatto e senza volgarità, gli orrori e il delirio psichico dovuto ad una guerra che di leggi non ne ha, ci viene data l'idea che il giovane regista già avesse tutto in mente. Dalla messa in scena al finale, Fukunaga si impegna nel mostrare - alla piccola fetta di pubblico che avrà occasione di vedere il suo film di difficile produzione - tutta la deliranza emotiva, carnale e psicologica nei confronti di una guerra che, senza mezzi termini, ha impegnato il suo nome nel reclutamento di giovani innocenti per trasformarli nei temuti bambini soldato. Prendendosi anche una pausa dallo snervante ritmo che la televisione gli ha offerto (ottima mossa la prima inquadratura che ha per angoli la cornice di una tv), il regista si addentra nelle scioccanti logiche della terribile guerra che devastò intere famiglie del continente nero per mezzo di immagini delicate, sensibili, tese a riprendere - da lontano ma anche da vicino - i giovani "innocenti colpevoli" e i loro deliranti atti di violenza. Tutti i reclutati, dai bambini ai più adulti, sono sotto gli ordini del Comandante (un ottimo Idris Elba). E' lui ad avere il comando, è lui a dirigere la loro parte di guerra, ed è sempre lui ad assumere le vesti di un padre buono coi propri figli ma che li fa avanzare al suo posto verso l'inferno, approfittandosi della loro mente stanca, affamata di rabbia (ma in fondo anche di amore e libertà), completamente soggiogata dalle sue dicerie prive di fondamenta. Per lui (quindi per il mondo in cui vivono), i ragazzi sono solo animali che devono ubbidire agli ordini (suoi o dei suoi stessi superiori), e il regista ci mostra tutto quanto regalandoci atmosfere cupe, sinistre, a volte vuote (come le menti dei soldati), a volte immerse negli enormi spazi verdi della giungla (in mezzo ai quali vediamo questi minuscoli corpi che si fanno spazio a colpi di proiettili e violenza). Con una fare quasi documentario (notevole l'enorme studio verso i dettagli), la pellicola si prende tutto il tempo per raccontarci non una, ma più storie riguardo una tematica delicata - quella della guerra - che altri capolavori del cinema hanno saputo affrontare a modo loro; ma evidenziando soprattutto il drastico cambiamento psicologico di Agu, prima bambino, poi uomo, poi soldato ("Io ho fatto la guerra. Sono vecchio", dirà il protagonista durante il film). Un film sulla guerra dunque riuscito, sia per la valenza delle meravigliose immagini fotografiche che le selettive cromature ci svelano esteticamente, sia per il coraggio di prendere con le pinze (o meglio, con la cinepresa) parte di storia del terzo mondo la cui crudeltà è ancora commentata in tutto il mondo. Merito di un efficente cast tecnico ma soprattutto di un regista che, se prima ha incuriosito le critiche europee ed americane con Sin Nombre, poi interessato il pubblico del cinema di un tempo con Jane Eyre, e infine conquistato parte del mondo con la serie True Detective, ancora una volta coglie nel segno confezionando questo piccolo film di guerra crudo ma profondo. Poteva essere l'occasione giusta per una riuscita trasposizione cinematografica del mondiale romanzo di Stephen King, IT (all'inizio affidata a Fukunaga), le cui atmosfere, non a caso, calcano alla perfezione tutta l'angoscia, la poetica, la freddezza, le tematiche (tra cui la perdita dell'infanzia e dell'innocenza) e la meraviglia visiva dello stile di questo giovane, promettente regista. Un vero peccato.
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