voland
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lunedì 28 ottobre 2013
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realismo tra teatro e vita
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Uno dei pochi film che salvano la disastrosa stagione del cinema italiano,
grazie al coraggio di una brava regista emergente che non cerca di trasferire
sullo schermo abusati schemi televisivi (sovente con i suoi patetici
pseudo-comici). Fra le interpreti di questo meritatamente premiato film, Elena Russo
Arman una delle più brave interpreti della scena teatrale.
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flyanto
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venerdì 5 luglio 2013
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le cure ad un'anziana madre si uniscono alla diffi
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Film in cui viene rappresentato il pesante e spinoso problema di una figlia, ormai in età più che adulta, che deve prendersi cura della molto anziana e malata madre vivente con lei in casa. Parallelamente la protagonista deve affrontare anche le difficoltà concernenti la sua attività di attrice dilettante di teatro sino al triste e naturale epilogo della morte della madre. La regista Laura Chiossone ha girato e scritto questo breve racconto (solo, e fortunatamente vista l' elevata drammaticità del te tema, 84 minuti)che affronta due tematiche difficili e pesanti e purtroppo quanto mai attuali: la genesi che si sviluppa in generale nel rapporto tra un figlio ed il proprio genitore una volta che questi diventa anziano, con il doveroso e susseguente problema di doversi prendere cura di lui, e quella del mondo de teatro (ma si potrebbe estendere il discorso anche a tutto il mondo dell'arte in generale) che si trova all'epoca attuale in una condizione di profonda crisi a causa della mancanza di risorse economiche necessarie a promuoverlo e svilupparlo.
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Film in cui viene rappresentato il pesante e spinoso problema di una figlia, ormai in età più che adulta, che deve prendersi cura della molto anziana e malata madre vivente con lei in casa. Parallelamente la protagonista deve affrontare anche le difficoltà concernenti la sua attività di attrice dilettante di teatro sino al triste e naturale epilogo della morte della madre. La regista Laura Chiossone ha girato e scritto questo breve racconto (solo, e fortunatamente vista l' elevata drammaticità del te tema, 84 minuti)che affronta due tematiche difficili e pesanti e purtroppo quanto mai attuali: la genesi che si sviluppa in generale nel rapporto tra un figlio ed il proprio genitore una volta che questi diventa anziano, con il doveroso e susseguente problema di doversi prendere cura di lui, e quella del mondo de teatro (ma si potrebbe estendere il discorso anche a tutto il mondo dell'arte in generale) che si trova all'epoca attuale in una condizione di profonda crisi a causa della mancanza di risorse economiche necessarie a promuoverlo e svilupparlo. Da qui, anche la conseguente disfatta delle proprie aspirazioni, delle proprie ambizioni e delle proprie emozioni. Una pellicola assai cruda per il suo realismo ma altamente efficace nella sua rappresentazione. Dura da digerire ed accettare, ma assolutamente ben girata e dotata di una profonda sensibilità e pertanto non da sottovalutare, se si considera anche che costituisce un'opera prima della Chiossone. Brava e molto convincente Gianna Coletti nella parte della protagonista, ed una menzione speciale anche alla vera madre dell'attricre, la novantenne Anna Coletti, che ne interpreta l'anziana genitrice.
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siebenzwerg
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martedì 2 luglio 2013
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splendida gianna in una trappola di specchi
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Consiglio senz'altro di vederlo, se non altro per la sua unicità. Un film delicato, pieno di spazi psicologici, nei sentimenti tra madre e figlia soprattutto, e tra colleghi, tra innamorati reticenti o timorosi, giovani e non più giovani, spazi di memoria, spazi urbani di angolature insolite, prospettive di una quotidianità quasi apocalittica che rilanciano e sottolineano un rimando emotivo tra il paesaggio esterno di una Milano non scontata e quello dell'animo dei protagonisti. La storia è quella del rapporto di una figlia (Gianna Coletti) e sua madre novantenne Anna, che si ripropone nella finzione di una commedia di cui Gianna si trova a essere attrice protagonista. Il documentario e la finzione si accavallano e in parte si confondono, con una partecipazione sempre più forte.
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Consiglio senz'altro di vederlo, se non altro per la sua unicità. Un film delicato, pieno di spazi psicologici, nei sentimenti tra madre e figlia soprattutto, e tra colleghi, tra innamorati reticenti o timorosi, giovani e non più giovani, spazi di memoria, spazi urbani di angolature insolite, prospettive di una quotidianità quasi apocalittica che rilanciano e sottolineano un rimando emotivo tra il paesaggio esterno di una Milano non scontata e quello dell'animo dei protagonisti. La storia è quella del rapporto di una figlia (Gianna Coletti) e sua madre novantenne Anna, che si ripropone nella finzione di una commedia di cui Gianna si trova a essere attrice protagonista. Il documentario e la finzione si accavallano e in parte si confondono, con una partecipazione sempre più forte. La realtà della vita di Gianna Coletti attrice del film e di sua madre si fonde con la vita di Gianna protagonista del film, che si rispecchia nella vita di Marina, il personaggio della commedia interpretata da Gianna, e riecheggia negli sguardi sui paesaggi, i caseggiati e i cieli grigi o notturni che costeggiano il corso del film. È un "gioco" di specchi spietato e compassionevole allo stesso tempo, che porta verso un doloroso e dignitoso senso di asfissia, che infine sbocca in quello che sembra l'epilogo del film. Ma con una soluzione un po' ingenua forse, la vita comunque alla fine ha il sopravvento, sia simbolicamente sia concretamente. Gli attori non solo sono bravi, sono affascinanti, soprattutto le attrici. Grazie anche alle inquadrature intelligenti e attente, svelano tratti di un'umanità in difficoltà, ritrosa e ferita ma ancora tenera. La regista chiede molto ai suoi attori, una presenza che va al di là delle parole. In questo Luca di Prospero (nella parte del regista) rivela un po' di imbarazzo rispetto agli altri (gli attori che fanno gli attori), che sembrano invece pienamente capaci di slegarsi dalla parte assegnata, fluttuare e riempire lo spazio intermedio tra persona e personaggio.
Se la scelta di alternare il bianco e nero e il colore è intuibile, la cosa che mi lascia perplesso è invece la scelta di una fotografia a bassa risoluzione, sgranata. Voleva essere un segno di realismo o veridicità? Secondo me ha solo ridotto le possibilità espressive della fotografia senza aggiungere altro. Nel panorama di quest'estate un piccolo gioiello.
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antoniad
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lunedì 1 luglio 2013
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il difficile mestiere di essere donna
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Tra cinque minuti in scena racconta la vita reale e le luci della ribalta. Una pellicola dura e delicata insieme che sfugge alle regole di mercato e presenta un film tanto concreto e contemporaneo da lasciare un retrogusto amaro.
Il cinema e il teatro possono narrare la vita? Secondo la Chiossone ci possono almeno provare in un percorso di contaminazione reciproca dove il rispetto delle unità aristoteliche va a farsi benedire e il mondo che ci circonda prende il sopravvento sulla narrazione e sulla fiction.
Tra cinque minuti in scena pecca solo di essere un film per donne fatto da donne.
Dove i cliché del mondo femminile si compenetrano e si susseguono fino a diventare l’unico elemento caratterizzante della pellicola.
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Tra cinque minuti in scena racconta la vita reale e le luci della ribalta. Una pellicola dura e delicata insieme che sfugge alle regole di mercato e presenta un film tanto concreto e contemporaneo da lasciare un retrogusto amaro.
Il cinema e il teatro possono narrare la vita? Secondo la Chiossone ci possono almeno provare in un percorso di contaminazione reciproca dove il rispetto delle unità aristoteliche va a farsi benedire e il mondo che ci circonda prende il sopravvento sulla narrazione e sulla fiction.
Tra cinque minuti in scena pecca solo di essere un film per donne fatto da donne.
Dove i cliché del mondo femminile si compenetrano e si susseguono fino a diventare l’unico elemento caratterizzante della pellicola. Il sociale, il lavoro, la vita di tutti i giorni e le difficoltà di una crisi economica internazionale allora sembrano diventare solo pretesti per raccontare e “denunciare” il difficile mestiere di essere donne.
La trama è infatti quasi esclusivamente incentrata sulla protagonista Gianna che si occupa della madre molto anziana e non più autonoma. Gianna è un'attrice di teatro ed è impegnata in uno spettacolo che, sotto forma di commedia, mette in scena un rapporto molto simile a quello che sta vivendo realmente nella vita di tutti i giorni. Le difficoltà che sembrano coinvolgere la protagonista poggiano proprio su tale parallelismo tra finzione e realtà. Intanto, la compagnia teatrale alla quale Gianna appartiene deve affrontare un problema economico dopo l’altro e far quadrare un budget esorbitante per le loro possibilità e garantire la prima dello spettacolo.
Gianna è stretta così nella morsa della vita, una esistenza che reclama di essere portata in scena nonostante tutto e di essere vissuta nella pienezza del suo nucleo familiare.
E qui che scatta l’identificazione tra spettatrice e protagonista, tra la donna reale e la donna portata sullo schermo dalla regista, attrice che a sua volta porta in scena a teatro l’altra donna alle prese con una narrazione circolare e infinita.
Straordinaria interpretazione di Anna Coletti e bella fotografia di Alessio Viola che riesce a rendere brillanti anche i girati in interno. Laura Chiossone dà senza dubbio una prova registica di grande talento confermando di essere pronta per pellicole di ampio respiro.
Resta il problema di aver circoscritto il pubblico a una platea quasi tutta femminile confezionando un lavoro cinematografico troppo ingessato in luoghi comuni e rapporti a due da tragedia classica.
Il mio augurio e la mia speranza sono che Laura Chiossone possa raccontare anche di diverse dimensioni e di mondi differenti, di rapporti meno privati e difficoltà più universali.
La bellezza del film intimista resta immutata ma a Tra cinque minuti in scena manca ancora quella completezza che rende il lavoro di autore un film davvero per tutti.
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