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thomas49
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martedì 2 ottobre 2012
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non era semplice campanilismo
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Dall'inizio alla fine, questo film è un'accozzaglia di luoghi comuni e di situazioni da falso snuff movie. Forse è tempo per lui di fermarsi un momento e di riflettere su quello che vuole fare. Ha fatto decisamente meglio in passato.
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luxlux
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lunedì 1 ottobre 2012
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un po' di delusione
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Non è uno dei migliori film del regista, la narrazione simbolica lascia un po' spiazzati, ma col passare del tempo i difetti vengono a galla, tra cui un certo uso smodato di stereotipi. Ottima la prova attoriale dei protagosnisti.
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la druga
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venerdì 28 settembre 2012
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il diavolo e l'espiazione
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E' un film duro da digerire.
Abbiamo un giovane trentenne, spietato usuraio, che incarna il male nella sua forma più cruda e impunita; senza il minimo scrupolo chiede interessi altissimi ai poveri fabbri e operai che pur di mantenere la propria famiglia sono disposti a fare un patto col diavolo. Se però non salderanno i debiti ecco che Kang-Do, così si chiama lo strozzino, li punirà mutilandoli senza alcuna remora. Non sembra esserci nulla che possa riportare un briciolo di umanità in quell'essere così infimo e crudele, finchè nella sua vita non irrompe una donna, minuta e dallo sguardo dolce, che dice di essere sua madre.
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E' un film duro da digerire.
Abbiamo un giovane trentenne, spietato usuraio, che incarna il male nella sua forma più cruda e impunita; senza il minimo scrupolo chiede interessi altissimi ai poveri fabbri e operai che pur di mantenere la propria famiglia sono disposti a fare un patto col diavolo. Se però non salderanno i debiti ecco che Kang-Do, così si chiama lo strozzino, li punirà mutilandoli senza alcuna remora. Non sembra esserci nulla che possa riportare un briciolo di umanità in quell'essere così infimo e crudele, finchè nella sua vita non irrompe una donna, minuta e dallo sguardo dolce, che dice di essere sua madre. Quest'evento segnerà una svolta: tutte le insicurezze e il dolore dell'abbandono cominciano ad impossessarsi di Kang-Do. Dapprima il ragazzo respinge la donna, poi però la mette alla prova nei modi più atroci possibili, e qui lo spettatore rimane spiazzato, sconvolto e disorientato. Alla fine però la riconosce come madre e ne diventa dipendente, quasi regredendo a quel rapporto madre figlio tipico degli anni infantili. Non sa ancora che quella donna medita una vendetta; suo figlio infatti è stato una vittima di Kang-Do e, dopo aver legato quest'ultimo a lei dicendo di essergli madre, medita di infliggergli la pena più dura: uccidersi.
Il film è un percorso in crescendo che indaga su tematiche critiche e controverse: il rapporto quasi ancestrale tra madre-figlio, la psiche umana, la vendetta, il perdono.
La sottile ironia di alcuni momenti della narrazione si mescola bene con l'estrema drammaticità dei contenuti. Di certo Kim Ki -Duk vuole sorprendere con questo suo ultimo film, cimentandosi in una prova difficile e forse ancora troppo esasperata per un tipo di pubblico come quello occidentale, che di sicuro preferisce "l'allusione" alla nuda e cruda verità delle immagini .
Nonostante ciò Pietà è un film da non perdere, una vera e propria esperienza catartica, che raggiunge il culmine sul finale: la madre attua il suo piano, finge di esser stata rapita da chi voleva vendicarsi del ragazzo e che stanno per gettarla giù da un edificio. Kang-Do disperato accorre e si getta al suolo invocando il perdono.
E' a questo punto che lo spettatore scopre con estrema sorpresa e sgomento che è possibile un' assoluzione di quell'uomo, seppur teorica. La donna si ucciderà e la sua vendetta sarà compiuta; sarà solo il Kyrie eleison finale, dopo il suicidio del giovane, a riconoscere l'avvenuta espiazione e la vera, estrema, pietà.
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strope
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giovedì 27 settembre 2012
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mamma,, che voltastomaco...
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gli attori si muovono in modo grottesco su una base patetico-tragica di una storia originale.L'unica cosa che si salva è l'espressione degli occhi dell'interprete femminile
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(di kimkiduk)
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(di strope)
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cipposlippo
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mercoledì 26 settembre 2012
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un solo strozzino, una strage di papà e mariti
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Se questa è la realtà della Corea, è davvero drammatica. kim ci porta a comprendere i nostri giudizi immediati rispetto a quelli più meditati:
lo strozzino è davvero un carnefice gratuito? Oppure è la risposta perfetta a ciò che pensa della vita ogni uomo coinvolto? Infatti il neopapà con la chitarra viene risparmiato, è lui stesso che si invalida. Ci dice che noi determiniamo insieme alle circostanze esterne il risultato finale ci ciò che ci accade.
La vendetta psichica della finta mamma è stata eccezionale. il potere della mente sulla forza bruta. Comunque è un film che non rivedrei più.
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Se questa è la realtà della Corea, è davvero drammatica. kim ci porta a comprendere i nostri giudizi immediati rispetto a quelli più meditati:
lo strozzino è davvero un carnefice gratuito? Oppure è la risposta perfetta a ciò che pensa della vita ogni uomo coinvolto? Infatti il neopapà con la chitarra viene risparmiato, è lui stesso che si invalida. Ci dice che noi determiniamo insieme alle circostanze esterne il risultato finale ci ciò che ci accade.
La vendetta psichica della finta mamma è stata eccezionale. il potere della mente sulla forza bruta. Comunque è un film che non rivedrei più. Troppo angosciante e claustrofobico. Una volta basta. Eppoi non capisco: ma prima di indebitarsi, non sapevano di pagare1000% d'interesse? E se proprio vuoi suicidarti, non ci provi ad ammazzare il tuo strozzino? Nessuno ci prova? Se ho capito bene la finta mamma uccide il capo dello strozzino, almeno quello...
Eppoi, a nessuno è venuto in mente di fuggire prima di farsi invalidare o suicidarsi?? Forse non mi rendo conto che non sarebbe possibile in certe realtà.
E nella scena finale, quando il corpo lascia la scia di sangue sull'asfalto... dico, ma quanto ne ha?? 300 litri??
Vista la vistosa strage di vita animale, nonchè il loro maltrattamento, ricordo una frase che può connettersi alle condizioni umane che noi stessi creiamo:
- Fintanto che l'uomo continuerà a distruggere gli esseri viventi inferiori, non conoscerà mai né la salute né la pace. Fintanto che massacreranno gli animali, gli uomini si uccideranno tra di loro. Perché chi semina delitto e dolore non può mietere gioia e amore - (Pitagora)
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ennas
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mercoledì 26 settembre 2012
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non solo "pietà'
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Per me, il filo conduttore del film è “l’impero del dio denaro” con gli effetti nefasti qualora questo dominio diventa estremo.
La squallida Seul dove si svolge la storia può essere sì qualsiasi sobborgo sparso sul pianeta. Dove domina il “denaro” si perverte per esso ogni altro valore, si supera ogni limite e si può fare di tutto, compreso lo strozzino cinico e malvagio impersonato dal protagonista.
Questo mi è parso il primo messaggio del film. Per che cosa questo giovane fa in questa maniera questo turpe lavoro? Per avere qualche agio e comodità in più delle sue vittime, una maggiore libertà di movimento? Lui disprezza le sue vittime e questo disgusto trova degli appigli nella realtà: il dominio del denaro rende le vittime ottuse e impotenti.
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Per me, il filo conduttore del film è “l’impero del dio denaro” con gli effetti nefasti qualora questo dominio diventa estremo.
La squallida Seul dove si svolge la storia può essere sì qualsiasi sobborgo sparso sul pianeta. Dove domina il “denaro” si perverte per esso ogni altro valore, si supera ogni limite e si può fare di tutto, compreso lo strozzino cinico e malvagio impersonato dal protagonista.
Questo mi è parso il primo messaggio del film. Per che cosa questo giovane fa in questa maniera questo turpe lavoro? Per avere qualche agio e comodità in più delle sue vittime, una maggiore libertà di movimento? Lui disprezza le sue vittime e questo disgusto trova degli appigli nella realtà: il dominio del denaro rende le vittime ottuse e impotenti.
Altro elemento da maestro del cinema è a mio avviso,l’odio palpabile che la regia sa far rendere dai suoi personaggi: delle vittime l’odio della disperazione , dello strozzino l’odio che gli alimenta l’efferatezza del suo ruolo.
C’è un primo episodio significativo che precede la comparsa della presunta “madre” dove la granitica crudeltà del “mostro” ha un primo lieve cedimento. E’ allorché la vittima, un ragazzo in procinto di diventare padre si “offre” di mutilarsi entrambe le mani proponendo allo strozzino la divisione degli utili. Quando la vittima raggiunge l’abiezione toccando il fondo nel “mostro” cede per un attimo la ferrea identità del sadico.
Altro elemento che mi ha colpito è l’insistenza del regista sulla figura materna.
Non solo la “madre” di Kang-do ma le madri dolenti ed a tratti inferocite di cui è disseminato il film: anche questo per me, insieme all’epilogo è stato parte del messaggio potente del film. L’attrice bravissima che impersona la madre la quale, umiliata, offesa, stuprata, lo nutre, lo segue, loasseconda e lo giustifica e le altre figure materne annientate dalla perdita prefigurano una sorta di archetipo, una “simbolica” “madre natura” e insieme mi sono parse l’altro polo in cui si snoda il messaggio del film.
Infatti mi è sembrata implicita una domanda: se prevale la logica del denaro cosa può salvare l’umano? L’amore? Anche questo può essere una chimera se si varcano tutti i limiti di umanità.
Infatti l’epilogo non lascia spazio a facili illusioni: può essere tardi anche per l’amore se si intreccia alla perdita , al pericolo, al dolore.
Nel film è proprio la “madre “ a mettere in atto la più terribile delle vendette rendendo insopportabili al protagonista la perdita e il dolore. A quel punto non servirà più di tanto indossare i panni della vittima ( nella sepoltura Kang-do e anche gli spettatori scoprono per chi era il maglione che il ragazzo voleva per se -è piccolo disse alla madre- e solo da quel punto in poi lo vedremo indossarlo a sua volta.)
Ultimo pezzo da capolavoro del cinema: chi è che trascina per chilometriil corpo del”mostro” suicida senza accorgersene nonostante la scia di sangue interminabile? Colei, fra le sue vittime che avrebbe voluto schiacciarlo con la sua macchina. Tale era l’odio immenso che l’epilogo finale non gratifica ma rende vano, assolutamente inutile.
Un grandissimo film da non perdere.
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flyanto
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mercoledì 26 settembre 2012
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quando la vendetta prevale su tutto
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Ultima opera del regista coreano Kim Ki Duk, vincitore quest'anno del Leone d'Oro al Festival del Cinema di Venezia, in cui viene narrata la vendetta portata avanti da una donna nei confronti di un crudele, ma solitario, strozzino. Senza dubbio è un film crudo ed in certi momenti anche provvisto di scene raccapriccianti ma a mio modesto parere Kim Ki Duk qui, riprendendo un pò il tema già espresso dal regista suo connazionale Chan-wook Park in "Old Boy" e "Lady Vendetta", non risulta affatto originale. I temi sono quelli sempre a lui cari della solitudine, della vendetta e della morte, ma qui il tutto mi sembra portato all'esasperazione ed all' 'assurdità estrema e pertanto forzato.
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Ultima opera del regista coreano Kim Ki Duk, vincitore quest'anno del Leone d'Oro al Festival del Cinema di Venezia, in cui viene narrata la vendetta portata avanti da una donna nei confronti di un crudele, ma solitario, strozzino. Senza dubbio è un film crudo ed in certi momenti anche provvisto di scene raccapriccianti ma a mio modesto parere Kim Ki Duk qui, riprendendo un pò il tema già espresso dal regista suo connazionale Chan-wook Park in "Old Boy" e "Lady Vendetta", non risulta affatto originale. I temi sono quelli sempre a lui cari della solitudine, della vendetta e della morte, ma qui il tutto mi sembra portato all'esasperazione ed all' 'assurdità estrema e pertanto forzato. I due attori sono sicuramente da menzionare per la loro bravura e per la loro convincente capacità di rappresentare ciascuno i propri personaggi. Personalmente non concordo affatto nel riscontrare all'interno di questa pellicola "una massiccia dose di ironia" (come è stato così scritto da molta critica), bensì solo desolazione e disperazione. Concludendo, di questo regista sud coreano ho apprezzato molto di più i films precedenti.
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pressa catozzo
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mercoledì 26 settembre 2012
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malomondo
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Neorasmo si, neorealismo no? Il cinema è attrazione fantasia tematica. Di tutto di più. Il leone d'0ro ? Ma boh forse. Dei film visti fino ad ora e in concorso non meritavano nessuno riconoscimenti di merito. L'unico che forse meritava un poco più di considerazione era INTERVALLO. Ma come ben si sa i critici hanno la decisione finale. Anche se insisto a dire che il cinema ha bisogno di spettatori. Fim discreto suda di dolore e sangue. Una made abbandona ma non ama quel figlio. Lo cerca per vendicarsi. Ottima la fotografia discreto il montaggio pessimo il missaggio e il doppiaggio. Ora dopo tanto dolore cinematografico uscito da Venezia necessito di un attimo di respiro.
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Neorasmo si, neorealismo no? Il cinema è attrazione fantasia tematica. Di tutto di più. Il leone d'0ro ? Ma boh forse. Dei film visti fino ad ora e in concorso non meritavano nessuno riconoscimenti di merito. L'unico che forse meritava un poco più di considerazione era INTERVALLO. Ma come ben si sa i critici hanno la decisione finale. Anche se insisto a dire che il cinema ha bisogno di spettatori. Fim discreto suda di dolore e sangue. Una made abbandona ma non ama quel figlio. Lo cerca per vendicarsi. Ottima la fotografia discreto il montaggio pessimo il missaggio e il doppiaggio. Ora dopo tanto dolore cinematografico uscito da Venezia necessito di un attimo di respiro. Topolino?
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melania
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martedì 25 settembre 2012
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non mi ha entusiasmato!
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Premetto che a me piacciono molto i films di Kim Ki Duk,sono artistici,lirici.Come non ricordare,ad esempio,"La samaritana","Il soffio" ed altri.....poesia pura|"Pietà" è pero' diverso,ci sono scene di violenza eccessiva,secondo me non necessaria a quei livelli,che mi hanno molto disturbato,anche nella seconda parte del film ,dominata dalla vendetta,ci sono morbidezze illusorie,la presunta mamma cova nell'ombra e,dopo essersi vendicata,si suicida.commuove un po',alla fine,la sete d'affetto del protagonista,nonostante la sua efferatezza,ma anche questa è destinata a infrangersi.Un film sulla distruzione,sulla morte.
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(di cipposlippo)
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olgadik
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lunedì 24 settembre 2012
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humana pietas
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Alla fine della proiezione vorresti che qualcuno avesse pietà di te ed il primo impulso è quello di considerare volutamente esagerato tutto quel campionario di violenze per far passare un messaggio semplice ed antico: il vendicarsi si rivela, per chi vuole provarne il gusto estremo, meno soddisfacente di quanto si pensi. In questo caso è una sorta di “humana pietas” per il nemico, l’elemento inatteso che altera il sapore della vendetta per la protagonista. Bene e male, mischiati in un intrico doloroso, fanno parte della nostra natura. Sin dalla prima scena del film lo sconcerto è tanto, perché le immagini violente, oltre che vedersi, si “sentono” e fare da guardona a delle torture crudeli non è piacevole.
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Alla fine della proiezione vorresti che qualcuno avesse pietà di te ed il primo impulso è quello di considerare volutamente esagerato tutto quel campionario di violenze per far passare un messaggio semplice ed antico: il vendicarsi si rivela, per chi vuole provarne il gusto estremo, meno soddisfacente di quanto si pensi. In questo caso è una sorta di “humana pietas” per il nemico, l’elemento inatteso che altera il sapore della vendetta per la protagonista. Bene e male, mischiati in un intrico doloroso, fanno parte della nostra natura. Sin dalla prima scena del film lo sconcerto è tanto, perché le immagini violente, oltre che vedersi, si “sentono” e fare da guardona a delle torture crudeli non è piacevole. Dopo la prima parte però, entra in scena, a fianco dell’efferato Kang-Do, il protagonista, un secondo personaggio, la madre fino allora sconosciuta. La sua assenza, fin dalla nascita del piccolo, ha contribuito a riempirlo di rabbia, voglia di potere, osceno compiacimento per le vittime. Il giovane è l’esattore di un usuraio e fa convintamente (anche andando oltre il volere del suo mandante) quel lavoro; a chi non paga toccano mutilazioni o morte per incassare l’assicurazione e per il gusto di esercitare il proprio furore sugli inermi, uomini o animali. Ma una mattina il giovane, uscito per le strade squallide, piene di rottami e di sporcizia senza redenzione, si vede seguito da una figuretta di donna che non lo lascia e lo aspetta sulla soglia di casa quando lui esce al mattino reduce da un'altra notte di “amore”, fatto di masturbazioni sul cuscino. La storia si ripete per qualche giorno fino a che si viene a sapere che quella donna è sua madre. Niente sarà per lui come prima. Ben presto Kang-Do si arrende alla cura, alla dolcezza, al pranzo trovato pronto, in una parola all’affetto di quella persona che accetta anche l’estremo oltraggio dello stupro dal figlio ritrovato. Scene fortissime, lacrime continue, orientale dismisura lasciano lentamente il posto ai sorrisi, al ritrovarsi insieme, al regalino affettuoso. Tutto è nuovo e insperato per il protagonista, ma niente è come sembra. La falsa madre rivelerà alla fine il suo piano vendicativo ed il cerchio si chiude perché al suicidio della prima scena corrisponde il suicidio squallido e strano della fine. Come si sarà capito, la vena polp-pulp o da sceneggiata partenopea, è portata alle estreme conseguenze da questo maestro del cinema alla sua diciottesima prova, dopo quattro anni di silenzio e una vita piena di esperienze approdate a una sorta di misticismo anch’esso vissuto fino in fondo. Ma la mano del regista che sa fare il suo mestiere non si discute e regala a tratti la dolente poesia di altri suoi film. Kim Ki-Duc sa scegliere le inquadrature e i primi piani, sa esaltare il colore, usa magnificamente la bravura e la bellezza da fiore calpestato dell’attrice che impersona la finta madre, lascia spazio nei momenti meno enfatici a una critica tagliente del dio-denaro che cancella l’umano, abbrutisce le città, rende la realtà di oggi di un tristissimo color ruggine.
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[+] finalmente!
(di retentissement)
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