renato volpone
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domenica 7 ottobre 2012
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la morte del lupo
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Due improbabili operai domani arrivano in una valle del nord per fare dei lavori di eco-edilizia nella villa di un cantante famoso. Da subito l'accento viene posto su vecchi preconcetti popolari tra nord e sud ed esplode il contrasto. La vita chiusa della valle con i suoi segreti e i fucili negli armadi contro il lassismo di una vita da città. Cresce la tensione, e in questo è bravo il regista, per portare ad un finale esplosivo. Ma solo in questo, perchè la sceneggiatura fa acqua da tutte le parti. Gli argomenti vengono trattati e mai approfonditi, le reazioni dei personaggi sono inverosimili e spesso fuori da una logica umana. Bravi comunque gli attori, anche se Mastrandea e Germano in effetti potrebbero dedicarsi all'edilizia, mentre la Bruni Tedeschi è bravissima, ma forse perchè non parla.
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Due improbabili operai domani arrivano in una valle del nord per fare dei lavori di eco-edilizia nella villa di un cantante famoso. Da subito l'accento viene posto su vecchi preconcetti popolari tra nord e sud ed esplode il contrasto. La vita chiusa della valle con i suoi segreti e i fucili negli armadi contro il lassismo di una vita da città. Cresce la tensione, e in questo è bravo il regista, per portare ad un finale esplosivo. Ma solo in questo, perchè la sceneggiatura fa acqua da tutte le parti. Gli argomenti vengono trattati e mai approfonditi, le reazioni dei personaggi sono inverosimili e spesso fuori da una logica umana. Bravi comunque gli attori, anche se Mastrandea e Germano in effetti potrebbero dedicarsi all'edilizia, mentre la Bruni Tedeschi è bravissima, ma forse perchè non parla. Da evidenziare, invece, i giovani e i paesani e Morandi nella parte del cattivo. Belle, come sempre le musiche di Cesare Cremonini. Il lupo viene ucciso, ma non viene scritto nei titoli di coda che gli animali non hanno subito violenze. Con un po' più di attenzione, creando una storia credibile, avrebbe potuto essere un bel film.
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ciaica
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venerdì 5 ottobre 2012
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finalmente
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Non amo fare recensioni. Sono una spettatrice. Il film è nuovo, diverso, coraggioso. Non rientra nelle centinaia di storie identiche che ci sorbiamo da anni. Quarantenni in crisi d'identità, problematiche da adolescenti, una realtà edulcorata e rassicurante spacciata per buona. Se la gente esce annoiata dal cinema come qualcuno dice (e io non ci credo e, perlomeno quando l'ho visto io non è stato così) è perché è ormai abituata a ingoiare sempre il solito pappone facile facile digeribile digeribile. Forse attori come Mastandrea e Germano hanno capito che c'è bisogno di un cinema diverso e ce lo dicono scegliendo film sempre meno ammiccanti. Bravi tutti.
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gianna3
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giovedì 4 ottobre 2012
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un vero peccato!
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Io ero a Locarno e posso dire che dopo aver visto questo film la gente non era indisposta (come ha scritto qualcuno) ma semplicemente delusa. Finalmente sembrava stesse per uscire un film diverso, almeno nelle intenzioni, con un'idea (Morandi attore, che invece non delude e anzi diventa perno). Ivece restano solo le intenzioni: parte il film ed eccoci di nuovo qui, nella Rometta delle solite facce, con Mastandrea e Germano di una maniera che più si soffoca, la Bruni Tedeschi che ormai di buono non ha neanche più la sorella, e un copione putroppo tirato veramente via e tristemente parte di un cinemino tutto italiota. Poteva essere un bel "tranquillo viaggio di paura", si poteva fare l'altalena tra la palude e il mostro, e invece dopo mezz'ora la mente pensa ad altro e i piedi strascicano annoiati sulla moquette.
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Io ero a Locarno e posso dire che dopo aver visto questo film la gente non era indisposta (come ha scritto qualcuno) ma semplicemente delusa. Finalmente sembrava stesse per uscire un film diverso, almeno nelle intenzioni, con un'idea (Morandi attore, che invece non delude e anzi diventa perno). Ivece restano solo le intenzioni: parte il film ed eccoci di nuovo qui, nella Rometta delle solite facce, con Mastandrea e Germano di una maniera che più si soffoca, la Bruni Tedeschi che ormai di buono non ha neanche più la sorella, e un copione putroppo tirato veramente via e tristemente parte di un cinemino tutto italiota. Poteva essere un bel "tranquillo viaggio di paura", si poteva fare l'altalena tra la palude e il mostro, e invece dopo mezz'ora la mente pensa ad altro e i piedi strascicano annoiati sulla moquette. Peccato.
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ziggy
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mercoledì 3 ottobre 2012
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un film da vedere!
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Mi ha stupito e non poco la seconda opera di Gabbriellini e i motivi sono diversi. Il suo linguaggio asciutto, moderno. I suoi protagonisti sempre così vivi, sia nella leggerezza che nel dolore. La sua capacità di catturare la violenza di un mondo piccolo e scostante e di farlo con pochi gesti decisi. Fino al finale dove invece tutto esplode, tutto è più che manifesto, tutto grida, anche se nessuno dei protagonisti lo fa.
Bellissima la scena del ping-pong. Bellissima quella di Morandi che scavalca la sofferenza.
Non mi hanno stupito invece, Elio e Valerio, sempre impeccabili.
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marica romolini
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lunedì 13 agosto 2012
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un copione che presto si smaglia
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Peccato. Perché l'inizio del film concedeva qualche aspettativa: l'antieroica ferialità della malattia, meschina prigione sia per chi la vive dal di dentro sia per chi, esterno, ne è comunque vincolato, la vacuità della vita provinciale, la noia e l'anarchia del potere, il duo Germano-Mastrandrea che regge una gustosa dinamica degli opposti.
Un senso di squallore, di mediocrità radicata che cova violenza, impregna il paesino dell'Appennino tosco-emiliano dove giungono due fratelli incaricati di rinnovare il lastricato della terrazza di un famoso cantante. Agiografia e rancorosa invidia circoscrivono il personaggio, più che altro un has-been, nonostante la speranza di riscatto riposta nel concerto che (però) si svolgerà nel chiuso di quello stesso perimetro social-geografico.
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Peccato. Perché l'inizio del film concedeva qualche aspettativa: l'antieroica ferialità della malattia, meschina prigione sia per chi la vive dal di dentro sia per chi, esterno, ne è comunque vincolato, la vacuità della vita provinciale, la noia e l'anarchia del potere, il duo Germano-Mastrandrea che regge una gustosa dinamica degli opposti.
Un senso di squallore, di mediocrità radicata che cova violenza, impregna il paesino dell'Appennino tosco-emiliano dove giungono due fratelli incaricati di rinnovare il lastricato della terrazza di un famoso cantante. Agiografia e rancorosa invidia circoscrivono il personaggio, più che altro un has-been, nonostante la speranza di riscatto riposta nel concerto che (però) si svolgerà nel chiuso di quello stesso perimetro social-geografico. Simpatie e vendette i due edili, 'stranieri' che penetrano ignari nel microcosmo infrangendone, seppur involontariamente, le regole e funzionando così da evento scatenante, motore dell'azione.
Un'azione che tuttavia si rovina di eccedenze, stereotipi, svolte di sceneggiatura impacciate, fino al grottesco del climax finale, che smaglia anche quanto di papabile era stato finora faticosamente imbastito. Molti fischi al debutto locarnese.
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[+] a locarno di fischi non ho sentiti
(di nicola rabbi)
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[+] gabbriellini è sopra le righe
(di federico castagnoli)
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[+] io, invece.....
(di francesco2)
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