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eliseo
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venerdì 13 settembre 2024
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realista
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Per chi ha respirato l'aria di quei periodi, è un tuffo nel passato. Ben fatto.
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rita branca
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lunedì 5 maggio 2014
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“mai fidarsi dell’apparenza” di rita branca
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La scelta di Barbara (2012) film di Christian Petzold con Nina Hoss, Ronald Zehrfeld, Rainer Bock, Christina Hecke ed altri
Questo film, ambientato nella Germania ancora divisa, presenta Barbara, una misteriosa e bella dottoressa esiliata in un ospedale di provincia, punita, sembra, per aver osato chiedere il visto per lasciare la Germania Est e tenuta sotto stretto controllo e sottoposta a spiacevoli perquisizioni anche di carattere intimo. Nella nuova sede la donna è a disagio e cerca di nascondere il suo privato, per esempio gli incontri con un amante che si appresta a favorirne la fuga.
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La scelta di Barbara (2012) film di Christian Petzold con Nina Hoss, Ronald Zehrfeld, Rainer Bock, Christina Hecke ed altri
Questo film, ambientato nella Germania ancora divisa, presenta Barbara, una misteriosa e bella dottoressa esiliata in un ospedale di provincia, punita, sembra, per aver osato chiedere il visto per lasciare la Germania Est e tenuta sotto stretto controllo e sottoposta a spiacevoli perquisizioni anche di carattere intimo. Nella nuova sede la donna è a disagio e cerca di nascondere il suo privato, per esempio gli incontri con un amante che si appresta a favorirne la fuga. Barbara chiaramente è scontenta dell’attuale destinazione e non lo nasconde, perché non la ritiene all’altezza delle sue aspirazioni e capacità professionali, pur essendo accolta con calore dai colleghi ed in particolar modo dal bravo André, subito colpito dal fascino della donna, sfuggente a tal punto da sembrare spigolosa e maleducata.
E’ algida e un po’ antipatica ma questa sua corazza impenetrabile sorprendentemente svanisce quando si ritrova a trattare casi disperati, al punto che, quando ormai tutto è stato preparato per la sua fuga e finalmente può lasciare un contesto che detesta, succede qualcosa d’imprevisto.
Il film, caratterizzato dalla bella fotografia e da una convincente interpretazione dei protagonisti, presenta sequenze di alta tensione che rendono efficacemente l’idea di regimi totalitari.
Rita Branca
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filippo catani
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mercoledì 16 aprile 2014
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una pellicola poco incisiva
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Germania Est 1980. Una giovane pediatra viene confinata in un ospedale di provincia a causa del suo desiderio di andarsene ad Ovest dove risiede il fidanzato. La donna dovrà quindi fronteggiare il nuovo lavoro, i continui controlli della Stasi e le attenzioni di un collega.
Forse sarà perchè ormai appena pensiamo a Stasi e Germania Est ci viene subito in mente la folgorazione patita per Le Vite degli altri ma questo film non convince in pieno. Il problema è che quasi tutto è già visto e anche la scelta di Barbara di cui parla il titolo alla fine non sarà poi così imprevedibile. Il tutto è condito da un ritmo che per usare un eufemismo potremmo definire compassato.
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Germania Est 1980. Una giovane pediatra viene confinata in un ospedale di provincia a causa del suo desiderio di andarsene ad Ovest dove risiede il fidanzato. La donna dovrà quindi fronteggiare il nuovo lavoro, i continui controlli della Stasi e le attenzioni di un collega.
Forse sarà perchè ormai appena pensiamo a Stasi e Germania Est ci viene subito in mente la folgorazione patita per Le Vite degli altri ma questo film non convince in pieno. Il problema è che quasi tutto è già visto e anche la scelta di Barbara di cui parla il titolo alla fine non sarà poi così imprevedibile. Il tutto è condito da un ritmo che per usare un eufemismo potremmo definire compassato. Mai come in questa occasione si ha la sensazione di aver guardato un film già visto.
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luigi chierico
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sabato 29 marzo 2014
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??????
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Film della Germania: la montagna ha partorito il topolino.
Una coppia di medici mal assortita lavoricchia in ospedale, una noia mortale.
Là dove spira forte il vento, non si comprende perché né l’allegoria.
Di una lentezza incredibile, anche il pianoforte tace; cosa ci sta a fare?; ripararlo perché?
La scelta finale, annunciata al principio non è sorprendente e non solo non serve a salvare il film di una assoluta mediocrità, anzi lo rende ancor più banale.
Non c’è musica e per una bici bisogna scendere, e così povera la grande Germania scende ancora più in basso. Siamo negli anni 80, non c’era l’euro, non ci si poteva permettere altro, ma sarebbe stato meglio non offrire uno spettacolo così indecoroso al mondo intero, Cinecittà ed Hollywood con i loro attori e registi, musicisti e fotografi proprio non se lo meritavano: in affronto e io ne sono affranto.
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Film della Germania: la montagna ha partorito il topolino.
Una coppia di medici mal assortita lavoricchia in ospedale, una noia mortale.
Là dove spira forte il vento, non si comprende perché né l’allegoria.
Di una lentezza incredibile, anche il pianoforte tace; cosa ci sta a fare?; ripararlo perché?
La scelta finale, annunciata al principio non è sorprendente e non solo non serve a salvare il film di una assoluta mediocrità, anzi lo rende ancor più banale.
Non c’è musica e per una bici bisogna scendere, e così povera la grande Germania scende ancora più in basso. Siamo negli anni 80, non c’era l’euro, non ci si poteva permettere altro, ma sarebbe stato meglio non offrire uno spettacolo così indecoroso al mondo intero, Cinecittà ed Hollywood con i loro attori e registi, musicisti e fotografi proprio non se lo meritavano: in affronto e io ne sono affranto. Chigi
chibar22@libero.it
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theophilus
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venerdì 29 novembre 2013
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barbara, sogno di ciò che non è stato
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BARBARA
Forse la nostra critica andrà del tutto fuori misura, ma, a dispetto di molte cose che accadono nel film, delle parole messe in bocca alla protagonista, di alcune immagini crude che non lasciano spazio ad indulgenze, in Barbara abbiamo respirato un’atmosfera di nostalgia.
Ambientato nella Germania Est del 1980, ma girato ai nostri giorni, il film sembra osservare con occhio critico la distanza degli oltre 30 anni che ci separano da quel periodo. C’è una rivalutazione estetica di quei momenti, visti, come già altri hanno fatto notare, non attraverso una scelta di colori freddi e bluastri che avrebbero indotto in chi guarda un appesantimento automatico del giudizio negativo.
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BARBARA
Forse la nostra critica andrà del tutto fuori misura, ma, a dispetto di molte cose che accadono nel film, delle parole messe in bocca alla protagonista, di alcune immagini crude che non lasciano spazio ad indulgenze, in Barbara abbiamo respirato un’atmosfera di nostalgia.
Ambientato nella Germania Est del 1980, ma girato ai nostri giorni, il film sembra osservare con occhio critico la distanza degli oltre 30 anni che ci separano da quel periodo. C’è una rivalutazione estetica di quei momenti, visti, come già altri hanno fatto notare, non attraverso una scelta di colori freddi e bluastri che avrebbero indotto in chi guarda un appesantimento automatico del giudizio negativo. Quella era stata la visione offerta da Das Leben des anderen, “Le vite degli altri”, il drammatico lungometraggio d’esordio del regista Florian Henckel von Donnersmarck, uscito nelle sale nel 2006. La scelta del regista Christian Petzold è, in questo senso, forse più coraggiosa. Al pubblico ignaro dello svolgersi degli avvenimenti è offerta una maggiore libertà di sintonizzarsi storicamente con quegli anni attraverso uno sguardo d’epoca, neutro, non già segnato dall’analisi storica e dalla condanna politica fatta a posteriori. Le tinte che colorano il film sono, infatti, calde, accoglienti e sembrano voler mettere a repentaglio la pressoché universale pena morale inflitta a quella stagione.
Ciò premesso, riteniamo del tutto inappropriato l’accostamento fatto da alcuni fra le due storie. Se là assistevamo alla palingenesi di un potenziale aguzzino che consente alla vittima di salvarsi dalle grinfie di un regime spietato, in Barbara, la protagonista, tenuta sotto controllo dalla Stasi, col suo atteggiamento distaccato e scontroso non solo tiene a distanza chi vorrebbe entrare in sintonia con lei, ma, almeno all’inizio, allontana anche le simpatie del pubblico.
Quando si arriva alla fine della storia, il cui esito si delinea gradualmente con chiarezza, non si ha (almeno non l’ha avuta chi scrive) la sensazione che il regista e lo sceneggiatore abbiano inteso dare a “La scelta di Barbara” un taglio sentimentale. Abbiamo pensato piuttosto ad un riesame, meglio ad un ripensamento della coscienza critica, alla luce dell'attuale situazione politica europea e mondiale. Se questa chiave è corretta, è, non di meno, del tutto sotterranea, implicita, ma spiegherebbe in parte la differenza fra Le vite degli altri (girato nel 2006, in epoca pre-crisi) e Barbara. Non pensiamo che Christian Petzold abbia inteso rivalutare la stagione del comunismo, ma supponiamo, invece, che abbia cercato uno sguardo su come le cose sarebbero potute andare in presenza di una differente evoluzione storica.
Così, il sentimento che poco alla volta prende Andre, il primario che lavora con Barbara nell’ospedale pediatrico di un paese di provincia dove la donna è stata confinata, ha quel calore sincero ma discreto che dà un senso di sicurezza. Percezione, questa, sempre più estranea al nostro mondo occidentale, preso com’è fra le morse della crisi economico politica e una fragilità indotta dal consumismo che intacca anche i sentimenti. Oppure, quando Barbara s’incontra in una camera d’albergo col fidanzato, insieme al quale progetta la sua fuga via mare, abbiamo letto uno sguardo perplesso all’ipotesi prospettatale di una futura vita in Danimarca, in cui lui guadagnerà abbastanza per consentirle di stare a casa. Allo stesso modo, una vera immagine poetica si apre nella casa di Andre, ricca di cultura, libri, un pianoforte e un giardino arioso che offre una sensazione di serenità non edulcorata, anche questa molto distante dalla miseria spirituale in cui versa sempre più l’occidente.
Come dire? Sembra di essere dentro una fiaba di ricca miseria, tipica dei fratelli Grimm o di Andersen. Una fiaba in cui i cattivi in qualche modo saranno messi all’angolo. Poi, però, il libro si chiude e ci si sveglia da questo periodo ipotetico dell’irrealtà.
Bravi gl’interpreti, Nina Hoss e Ronald Zehrfeld.
Enzo Vignoli
20 luglio 2013.
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pressa catozzo
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venerdì 17 maggio 2013
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ottima scelta
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UN VERO GIOIELLO DI ALTA CINEMATOGRAFIA. Gli scettici? Attendano natale per gioire con il loro cinepanettone.
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mgl73
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sabato 27 aprile 2013
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una noia mortale
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Se avete voglia di vedere per due ore una che fuma sigarette e parla poco, un contesto storico deprimente e statico, una trama inconsistente e un finale buonista e stucchevole... ecco il film per voi.
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ennas
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mercoledì 27 marzo 2013
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scelte di confine
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La richiesta di un permesso di soggiorno all’ovest: un motivo sufficiente per essere spediti “al confino “, all’estrema periferia del paese , al lavoro in un piccolo e sperduto ospedale : questo elemento d’avvio del film “ La scelta di Barbara “ fornisce già il senso brutale di un sistema coercitivo. Barbara è una pediatra di Berlino est negli anni ’80, prima della caduta del muro.
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La richiesta di un permesso di soggiorno all’ovest: un motivo sufficiente per essere spediti “al confino “, all’estrema periferia del paese , al lavoro in un piccolo e sperduto ospedale : questo elemento d’avvio del film “ La scelta di Barbara “ fornisce già il senso brutale di un sistema coercitivo. Barbara è una pediatra di Berlino est negli anni ’80, prima della caduta del muro. Il suo arrivo nell’ospedale dove è stata dirottata ci introduce in un clima di sospetto : Barbara guardinga e diffidente , si mantiene gelida e distante da tutto e da tutti, osservata da persone immerse a loro volta in questo clima paranoico. I nemici possono essere ovunque anche dietro un sorriso affabile, anche all’interno di un appartamento squallido e spoglio. Solo una persona – Andrè il primario dell’ospedale- sembra far eccezione a questo clima mostrando verso Barbara una curiosità umana tendente alla ricerca di un approccio : sarà anch’esso una spia ?
Barbara deve difendere una scelta di vita come un segreto minaccioso: ha un amore che vive oltre il muro, all’ovest e sta preparando per lei una fuga clandestina, una prospettiva pericolosa da occultare in tutti i suoi risvolti e preparativi.
La riflessione del cinema tedesco su questi temi ci ha regalato altri film tra i quali il memorabile e magistrale “Le vite degli altri” : Christian Petzold con questo film sceglie uno stile più intimista e sommesso, molto incentrato sull’ambientazione, i luoghi, la natura e sul personaggio Barbara che una Nina Hoss molto bella ed espressiva rende in modo magnifico. Le sue volate in bicicletta in una natura ventosa e suggestiva sono sequenze di grande fascino visivo. Bravo anche il pacioso e sensibile Andrè ( Ronald Zherfeld ): anche lui, per un errore di ricercatore sconta in quell’ospedale un proprio “confino “ e la sua attrazione per l’enigmatica dottoressa darà impulso non secondario alla metamorfosi di Barbara.
La ragazza viene suo malgrado pressata dai problemi di due giovani pazienti : Stella, detenuta
giovanissima e incinta e un giovane che ha tentato il suicidio, anch’essi vittime di un sistema totalizzante che ne imprigiona le vite. Avvicinandosi la data fissata per la fuga, Barbara non può più prescindere dalle vite di questi pazienti e da un amore che nasce: la sua scelta non riguarderà più soltanto lei e il suo compagno che l’aspetta all’ovest.
Questa figura di donna rende perfettamente l’idea di una creatura braccata, calata in un’atmosfera di minacciosa sospensione ricattatoria. L’intera storia si snoda verso un epilogo un po’ scontato nella successione degli eventi e questo è il limite del film: ci si aspetta quanto accadrà dopo ad ogni passo : niente fiato sospeso, in un ritmo un pò lento verso una prevedibile conclusione.
Nonostante ciò il film di Christian Petzold per me certamente un buon film sicuramente da vedere.
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pensierocivile
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martedì 26 marzo 2013
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la finzione dell'interpretazione
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La cosa più riuscita del film è l'ambientazione, l'oppressione morale e psicologica, nonché fisica che la protagonista è costretta a subire. La stessa austerità degli ambienti poi si ripercuote nel volto di questa donna che non sorride mai, se non nei pochi attimi di sesso rubati alla finzione della vita. LA SCELTA DI BARBARA è un gioco di finzioni, si interpretano ruoli per uno scopo, ma al momento di scoprire le carte e mostrare il gioco, è la vita che chiede il conto a tutti, sia a chi vuole fuggire, sia a chi per mestiere adopera crudeltà e intransigenza. Dal punto di vista dello spettacolo, invece, si è di fronte al solito film tedesco, pallido in regia e talmente trattenuto e controllato da risultare a tratti freddo, troppo costruito e un po' pesante.
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La cosa più riuscita del film è l'ambientazione, l'oppressione morale e psicologica, nonché fisica che la protagonista è costretta a subire. La stessa austerità degli ambienti poi si ripercuote nel volto di questa donna che non sorride mai, se non nei pochi attimi di sesso rubati alla finzione della vita. LA SCELTA DI BARBARA è un gioco di finzioni, si interpretano ruoli per uno scopo, ma al momento di scoprire le carte e mostrare il gioco, è la vita che chiede il conto a tutti, sia a chi vuole fuggire, sia a chi per mestiere adopera crudeltà e intransigenza. Dal punto di vista dello spettacolo, invece, si è di fronte al solito film tedesco, pallido in regia e talmente trattenuto e controllato da risultare a tratti freddo, troppo costruito e un po' pesante. Certo l'immersione nel periodo è totale, ma si fatica non poco.
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fabiofeli
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lunedì 25 marzo 2013
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angoscioso vento di libertà
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La scelta di Barbara di Christian Petzold
Il film parte bene: Barbara (Nina Hoss) è un medico che vive nella Germania Est prima della caduta del muro di Berlino. E’ stata trasferita dalla capitale in una cittadina per punizione ad una ‘grave infrazione’. Il suo carattere apparentemente freddo la isola dai colleghi, ma dimostra grande capacità ed umanità nel trattare Stella (Jasna Fritz Bauer), una ragazza – non è chiaro se tossicodipendente, ‘barbona’ o semplicemente ribelle -, portata in ospedale in preda ad una crisi da brutali poliziotti.
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La scelta di Barbara di Christian Petzold
Il film parte bene: Barbara (Nina Hoss) è un medico che vive nella Germania Est prima della caduta del muro di Berlino. E’ stata trasferita dalla capitale in una cittadina per punizione ad una ‘grave infrazione’. Il suo carattere apparentemente freddo la isola dai colleghi, ma dimostra grande capacità ed umanità nel trattare Stella (Jasna Fritz Bauer), una ragazza – non è chiaro se tossicodipendente, ‘barbona’ o semplicemente ribelle -, portata in ospedale in preda ad una crisi da brutali poliziotti. Un dottore dello staff dell’ospedale, André (Ronald Zehrfeld), è colpito dalla bellezza e dalla capacità di Barbara. Anche lui è stato ‘retrocesso’ da ricercatore a semplice medico per una ‘grave infrazione’.
Il clima è pesante come quello de Le vite degli altri di Florian Henckel Van Donnersmark – grande film di superiore levatura -: venire puniti, retrocessi, sorvegliati perquisiti nella DDR anche per ‘peccati’ veniali è normale. Ciononostante la Germania Est è raffigurata come un paese lindo, ordinato quasi pastorale. C’è un elemento angoscioso e contraddittorio: un vento che spira dal Nord, dal Mar Baltico, ‘un vento di libertà’, perché soffia dall’unica possibile via di fuga dalla triste realtà. Quando in casa di Barbara riappare Stella, in fuga dal campo di lavoro nel quale è stata rinchiusa, la vicenda entra su un binario scontato, che rendono quasi inutile il resto del film.
La descrizione manichea dei personaggi, o tutti positivi come i due medici, o tutti negativi come la serie di non umani egoisti, indifferenti, spioni e servi del regime, non giova alla qualità del film, nonostante la buona fotografia e la scelta di dire poco a parole.
Valutazione ** 1/2
FabioFeli
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