marco padula (scrittore)
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martedì 19 giugno 2012
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l'assassinio come missione
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Un film piuttosto anomalo, nel quale il regista Ben Wheatley ha la presunzione di miscelare differenti generi: melò, drammatico, azione, thriller e, dulcis in fundo, horror.
Encomiabile l’interpretazione sopra le righe dei due attori protagonisti, Maskell e Simpson, che interpretano con realismo ed efficacia due efferati killer al soldo di misteriosi mandanti.
La “perversione” della regia consiste nel renderci “simpatici” e “giustificabili” due uomini allo sbando, che, invece di guadagnarsi da vivere grazie ad un mestiere “normale”, tirano avanti mietendo vittime più o meno colpevoli in maniera brutale. E, come se non bastasse, uno dei due, il più giovane, si lascia prendere da frequenti eccessi di furore assassino, in quanto è convinto di avere una missione da compiere, visto che i bersagli della lista sono individui malvagi ed esecrabili.
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Un film piuttosto anomalo, nel quale il regista Ben Wheatley ha la presunzione di miscelare differenti generi: melò, drammatico, azione, thriller e, dulcis in fundo, horror.
Encomiabile l’interpretazione sopra le righe dei due attori protagonisti, Maskell e Simpson, che interpretano con realismo ed efficacia due efferati killer al soldo di misteriosi mandanti.
La “perversione” della regia consiste nel renderci “simpatici” e “giustificabili” due uomini allo sbando, che, invece di guadagnarsi da vivere grazie ad un mestiere “normale”, tirano avanti mietendo vittime più o meno colpevoli in maniera brutale. E, come se non bastasse, uno dei due, il più giovane, si lascia prendere da frequenti eccessi di furore assassino, in quanto è convinto di avere una missione da compiere, visto che i bersagli della lista sono individui malvagi ed esecrabili.
L’omicidio oculato qui è visto più come un rimedio, una sorta di cura sociale, che non un lavoro sporco. E’ considerato alla stregua di un intervento chirurgico finalizzato ad estirpare la cancrena dal tessuto sociale, costituita da elementi abominevoli e abietti.
Il meccanismo narrativo fila liscio fino ai primi tre quarti della pellicola, per poi incartarsi nella parte finale, dove spunta all’improvviso una misteriosa setta, composta da uomini e donne mezzi ignudi e mezzi incappucciati, che girano nottetempo per boschi per indurre ad una sorta di suicidio rituale alcuni confratelli e plaudono plaudono entusiasti all’insano gesto.
Molteplici scene di inaudita violenza. Sangue versato a fiumi. La dimensione del male si tocca con mano e si respira nell’atmosfera malata ed ossessionante di questo film.
Il regista punta a dare cazzotti nello stomaco allo spettatore, col preciso scopo di sconvolgerlo ed inquietarlo.
Il finale, sgradevole e pesante, è a sorpresa.
Interessante film, per certi aspetti, ma non indispensabile.
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carloalberto
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martedì 16 marzo 2021
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emulo o vero artista?
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Percorso iniziatico mascherato da drammatico noir con reminescenze tarantiniane ed ispirazioni polanskiane tradotte in un linguaggio filmico accattivante, con sequenze spezzate da ritmici flashback di pochi secondi ed incroci di primi piani che incidono la pellicola come punteggiature grammaticalmente scorrette ad effetto. Granguignolesco senza remore e realistico nella crudezza dell’orrore, ricorda a tratti Lanthimos con riferimenti simbolici e rinvii a significati metaforici, senza la potenza evocatrice, tuttavia, del regista greco. Il film lascia interdetti se considerare Ben Wheatley un emulo ardito ed artigiano esperto nel fingimento della vera arte o un folle visionario dotato di una propria Weltanschauung, e se non questo, sicuramente occorre riconoscerne l’originalità dello stile di ripresa e di montaggio e la narrazione inconsueta di una storia che si rifà alla tradizione cinematografica consolidata dei racconti sulle sette sataniche.
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Percorso iniziatico mascherato da drammatico noir con reminescenze tarantiniane ed ispirazioni polanskiane tradotte in un linguaggio filmico accattivante, con sequenze spezzate da ritmici flashback di pochi secondi ed incroci di primi piani che incidono la pellicola come punteggiature grammaticalmente scorrette ad effetto. Granguignolesco senza remore e realistico nella crudezza dell’orrore, ricorda a tratti Lanthimos con riferimenti simbolici e rinvii a significati metaforici, senza la potenza evocatrice, tuttavia, del regista greco. Il film lascia interdetti se considerare Ben Wheatley un emulo ardito ed artigiano esperto nel fingimento della vera arte o un folle visionario dotato di una propria Weltanschauung, e se non questo, sicuramente occorre riconoscerne l’originalità dello stile di ripresa e di montaggio e la narrazione inconsueta di una storia che si rifà alla tradizione cinematografica consolidata dei racconti sulle sette sataniche. Eccellente la prova del cast.
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