ultimoboyscout
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mercoledì 30 novembre 2011
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se i soldi non ci sono basta invevtarli.
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I bilanci vanno a picco? Basta dare un colpo di bianchetto. Non hai liquidità? La ipotizzi alle Cayman. Sei del tutto spacciato? Entri in borsa. Il crac della Leda ricorda molto quello della Parmalat di Tanzi tra litri di latte macchiati di orgoglio, superficialità al limite del carognesco e dilettantismo clamorosamente spacciato per (alta) finanza creativa. Molaioli, per fortuna, si sgancia dai toni lamentosi tipici del cinema di denuncia specie del nostro, si allontana dagli stereotipi buono/cattivo, vittima/oppressore per avvicinarsi piuttosto al genere nobilmente grottesco de "Il divo" del suo maestro Sorrentino. Scruta più i personaggi che gli eventi, tratteggiandone sguardi e smorfie, trasformando l'atmosfera in uno psiconoir drammatico ma senza tragedia.
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I bilanci vanno a picco? Basta dare un colpo di bianchetto. Non hai liquidità? La ipotizzi alle Cayman. Sei del tutto spacciato? Entri in borsa. Il crac della Leda ricorda molto quello della Parmalat di Tanzi tra litri di latte macchiati di orgoglio, superficialità al limite del carognesco e dilettantismo clamorosamente spacciato per (alta) finanza creativa. Molaioli, per fortuna, si sgancia dai toni lamentosi tipici del cinema di denuncia specie del nostro, si allontana dagli stereotipi buono/cattivo, vittima/oppressore per avvicinarsi piuttosto al genere nobilmente grottesco de "Il divo" del suo maestro Sorrentino. Scruta più i personaggi che gli eventi, tratteggiandone sguardi e smorfie, trasformando l'atmosfera in uno psiconoir drammatico ma senza tragedia. Bravissimi gli interpreti principali: Remo Girone indossa i panni dell'impunito irresponsabile, Toni Servillo è magistrale, arricchisce la sua lista di personaggi sopra le righe col suo Ernesto Botta dall'espressività criptica ma impaziente, scostante burattinaio finanziario, fortemente aziendalista che mostra il volto più torbido di un paese in cui gli squali non sono poi così cattivi come quelli di Wall Street. Una riflessione generale quindi, sotto le mentite spoglie di una storia nera di provincia da non etichettare solo come "il film del crac della Parmalat" piuttosto come cinema che focalizza modi di (dis)fare economia non solo italiani, specchio di una crisi in cui siamo tuttora invischiati. Film spiazzante, Molaioli si addentra nelle stanza del potere economico senza giudicare, ma rendendosi comprensibile a tutti fino a quando la bolla dorata del capitalismo moderno non scoppia portandolo alla deriva. Opaco e freddo, illuminato dalla fotografia di Bigazzi, riesce ad essere sempre distaccato, logico e oggettivo. Il regista aveva il coltello dalla parte del manico ma non ha avuto la forza di affondare il colpo: lo stile è quello giusto, quello del decadentismo etico e dei personaggi che languidamente si scompongono ma l'atmosfera da thriller finanziario latita.
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fabio1957
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venerdì 15 maggio 2015
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istruttivo
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Efficace ricostruzione fantasiosa, ma non troppo, del crac della Parmalat. Bello,onesto e istruttivo,il film ovviamente ruota attorno a Servillo che ci dà l'ennesima prova della sua bravura,mettendosi nei panni del ragioniere faccendiere, che con spregiudicatezza cinica portò l'azienda alla bancarotta.I personaggi di contorno sono insignificanti , l'astro che brilla di luce propria è sempre lui.Considerazioni morali a parte, il gioiellino è un riuscito affresco dell' avida e corrotta società della nostra provincia e non solo che, per conseguire uno status economico-sociale alto, calpesta tutto e tutti,con tracotanza ed arroganza,sicura di restare impunita.
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Efficace ricostruzione fantasiosa, ma non troppo, del crac della Parmalat. Bello,onesto e istruttivo,il film ovviamente ruota attorno a Servillo che ci dà l'ennesima prova della sua bravura,mettendosi nei panni del ragioniere faccendiere, che con spregiudicatezza cinica portò l'azienda alla bancarotta.I personaggi di contorno sono insignificanti , l'astro che brilla di luce propria è sempre lui.Considerazioni morali a parte, il gioiellino è un riuscito affresco dell' avida e corrotta società della nostra provincia e non solo che, per conseguire uno status economico-sociale alto, calpesta tutto e tutti,con tracotanza ed arroganza,sicura di restare impunita.
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rob8
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sabato 28 luglio 2018
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stile rigoroso e narrazione asciutta
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Come nella sua prima opera, il regista indaga i vizi della la provincia(lità) italiana: ma qui al centro della vicenda c’è l’ambiziosa scalata al mondo finanziario di un piccolo imprenditore, che nel commercializzare latte e derivati dichiara di produrre innanzitutto valori. Ma la vorticosa trasformazione della ditta in azienda quotata in borsa è drogata da bilanci falsi e transazioni internazionali truffaldine.
Il richiamo esplicito al crac Parmalat degli anni Novanta viene peraltro utilizzato più che con i toni della denuncia fragorosa, con uno stile illuminista e rigoroso: sia nella narrazione asciutta, sia nell’uso geometrico della macchina da presa, sia nella resa vivida della fotografia.
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Come nella sua prima opera, il regista indaga i vizi della la provincia(lità) italiana: ma qui al centro della vicenda c’è l’ambiziosa scalata al mondo finanziario di un piccolo imprenditore, che nel commercializzare latte e derivati dichiara di produrre innanzitutto valori. Ma la vorticosa trasformazione della ditta in azienda quotata in borsa è drogata da bilanci falsi e transazioni internazionali truffaldine.
Il richiamo esplicito al crac Parmalat degli anni Novanta viene peraltro utilizzato più che con i toni della denuncia fragorosa, con uno stile illuminista e rigoroso: sia nella narrazione asciutta, sia nell’uso geometrico della macchina da presa, sia nella resa vivida della fotografia.
Il ritratto della classe imprenditoriale, finanziaria e politica che ne emerge è di una sconcertante e realistica pochezza: testimoniata emblematicamente nella sequenza girata nell’(ipotetica) anticamera del Presidente del Consiglio, dove in un’imponente libreria troneggiano numerosi ed ordinati tomi, tra cui una Sacra Bibbia che si rivela – come presumibilmente gli altri - di lucidissimo legno.
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quieromirar
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lunedì 7 marzo 2011
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il castello di carte di andrea molaioli
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Nelle interviste rilasciate in occasione dell’arrivo nelle sale de “Il gioiellino”, Andrea Molaioli ha spesso sottolineato di aver puntato l’obiettivo sulla psicologia dei personaggi, sulle loro mete e motivazioni. La visione del film induce a ridimensionare questa affermazione e non certo perchè gli interpreti non siano all’altezza del compito: Toni Servillo domina l’inquadratura con un carisma che è difficile non riconoscergli, Remo Girone costruisce con cura il ritratto dell’arrivista in doppiopetto che oscilla tra scaltrezza e ostinazione. Tra le figure che i due attori impersonano sussiste –realizzata con pochi, efficaci tratti- una complice conflittualità, visto che entrambi si credono padroni assoluti della situazione e l’uno non può, malgrado tutto, fare a meno di rapportarsi all’altro.
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Nelle interviste rilasciate in occasione dell’arrivo nelle sale de “Il gioiellino”, Andrea Molaioli ha spesso sottolineato di aver puntato l’obiettivo sulla psicologia dei personaggi, sulle loro mete e motivazioni. La visione del film induce a ridimensionare questa affermazione e non certo perchè gli interpreti non siano all’altezza del compito: Toni Servillo domina l’inquadratura con un carisma che è difficile non riconoscergli, Remo Girone costruisce con cura il ritratto dell’arrivista in doppiopetto che oscilla tra scaltrezza e ostinazione. Tra le figure che i due attori impersonano sussiste –realizzata con pochi, efficaci tratti- una complice conflittualità, visto che entrambi si credono padroni assoluti della situazione e l’uno non può, malgrado tutto, fare a meno di rapportarsi all’altro. Ciò che tuttavia emerge è l’inesorabile livellamento delle individualità sotto il peso di un disegno che sembra quasi assumere vita propria e inchiodare gesti e comportamenti a una cupa coazione a ripetere. I tentativi di salvare le sorti della Leda, la ricerca ossessiva di capitali, il bisogno di costruire a ogni costo un barlume di credibilità si rinnovano senza sosta, dominano il tempo e lo spazio della narrazione tanto che lo spettatore si sente confinato nei locali dell’azienda anche nei rari momenti in cui la telecamera filma tutt’altro. La sensazione di trovarsi in una trappola che diventa sempre più opprimente per quanto si cerchi di evadere è un punto di forza del film che non convince sul fronte dei comprimari, tratteggiati con una certa superficialità a eccezione del senatore compiacente in cui Renato Carpentieri dà un’ottima prova di sé. L’inseguimento di un obiettivo che resta lontano svuota progressivamente le personalità di qualsiasi diritto a esistere al di fuori di una battaglia che si sa perduta, ma che deve essere combattuta. La rilevanza che ha il ragionier Botta nel racconto non asseconda il divismo di Servillo, ma è motivata dal fatto che proprio in lui, dominato anche nella vita sessuale dalla logica del possesso, si consuma nel modo più profondo l’alienazione. Resta quando la nave affonda credendo di fare il proprio tornaconto, mentre si riduce allo spettro di qualcosa che non ha più consistenza della Bibbia finta nel salone del Presidente del Consiglio alle cui barzellette è opportuno ridere. Quando si susseguono le riunioni con i finanziatori, Botta disegna continuamente bare sul foglio dove dovrebbe prendere appunti: una prefigurazione del proprio destino, dato che ciò che si fingeva solido diviene sempre più evanescente. Rastelli inseguirà un altro fantasma, la rispettabilità sancita dallo sfondo di una chiesa; al ragioniere non resteranno che le maledizioni, custode amaro di un ordine che lo ha fagocitato rendendolo una pedina. Ecco perché il personaggio che sfoglia le carte rimaste alla ricerca di un perché compare sui titoli di coda: la verità può essere compresa solo da chi è lontano dall’ambizione ossessiva pronta a tramutare ogni cosa in un gioco di specchi in cui non ci si riconosce più.
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[+] macchina da presa, non telecamera!
(di il conformista)
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enrico omodeo salè
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martedì 29 marzo 2011
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glaciale sguardo sul potere finanziario
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"Il gioiellino" di Andrea Molaioli è un ottimo film. Racconta il fallimento Parmalat in modo cronachistico e veloce, aggiungendo fondamentali tocchi di simbolismo (le pietre portafortuna, il progetto di rilancio scritto dal direttore finanziario Servillo poco prima dell'arresto, l'indignazione della moglie del dirigente suicida...). Ci lascia un senso di disagio e fa aprire gli occhi sullo strapotere della finanza rispetto all'economia reale. Un piccolo grande j'accuse (vedi frecciatina sul falso in bilancio a metà film) su chi ha distrutto il Paese dopo la fine della prima repubblica.
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"Il gioiellino" di Andrea Molaioli è un ottimo film. Racconta il fallimento Parmalat in modo cronachistico e veloce, aggiungendo fondamentali tocchi di simbolismo (le pietre portafortuna, il progetto di rilancio scritto dal direttore finanziario Servillo poco prima dell'arresto, l'indignazione della moglie del dirigente suicida...). Ci lascia un senso di disagio e fa aprire gli occhi sullo strapotere della finanza rispetto all'economia reale. Un piccolo grande j'accuse (vedi frecciatina sul falso in bilancio a metà film) su chi ha distrutto il Paese dopo la fine della prima repubblica. Ottime le prove attoriali di Servillo, Girone, Carpenteri e della Felberbaum. Fotografia fredda e impeccabile di Luca Bigazzi.
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mr.qwerty
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venerdì 4 marzo 2011
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lo spunto è forte,ma il film non coinvolge
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il film si dedica ad esprimere il boom del caso parmalat.Il regista cerca di descrivere i personaggi ma questo non gli riesce bene e questo rende il film leggermente noioso.Servillo viene cosiderato un uomo sgradevole e introverso e questo lo porta a fare una recitazione "semi-falsa" sul personaggio. Dopotutto il film ha una buona sceneggiatura e questo lo rende abbastanza realistico.
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algernon
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domenica 6 marzo 2011
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cronaca non appassionante
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un fatto importante e drammatico come il crac parmalat, che certamente interessa tutti noi, eppure non prende, non appassiona, un po' perché il film non aggiunge granché a quello che sapevamo già, un po' perché le colossali truffe che racconta sono proprio sgradevoli da vedere e sentire. Servillo come in altri film (le conseguenze dell'amore, gorbaciof) si trova a suo agio con la finanza e la contabilità, sempre molto bravo, ma non sempre basta.
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hulk1
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domenica 23 ottobre 2011
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televisionando
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Damiano Damiani, Dallamano, Squitieri,Montaldo etc. non erano dei geni, non appartenevano alla sacra triade Antonioni, Visconti, Fellini, aggiungo di mio Mario Bava, Riccardo Freda ,studiati ed amati in tutto il modo, giustamente. Francesco Rosi era tra le due categorie , un grande regista, un gradino sotto i 5 grandi, ma decisamente superiore a tutti gli altri. La precedente opera 'La ragazza del lago' era un buon giallo, teneva conto delle regole del genere ,risultando un buon lavoro, ignorato naturalmente. Il gioiellino pur con un cast di tutto rispetto 'Servillo ormai onnipresente, che personalmente mal sopporto, interpreta personaggi poco adatti alla sua presenza fisica e tecnica', Girone , dal quale mi aspettavo una intepretazione mefistofelica ' L'unica freccia al suo arco' ci prova, ma quando ripete per un centinaio di volte 'Noi non vendiamo solo latte, ma anche valori' sghignazza, non ci crede nemmeno lui.
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Damiano Damiani, Dallamano, Squitieri,Montaldo etc. non erano dei geni, non appartenevano alla sacra triade Antonioni, Visconti, Fellini, aggiungo di mio Mario Bava, Riccardo Freda ,studiati ed amati in tutto il modo, giustamente. Francesco Rosi era tra le due categorie , un grande regista, un gradino sotto i 5 grandi, ma decisamente superiore a tutti gli altri. La precedente opera 'La ragazza del lago' era un buon giallo, teneva conto delle regole del genere ,risultando un buon lavoro, ignorato naturalmente. Il gioiellino pur con un cast di tutto rispetto 'Servillo ormai onnipresente, che personalmente mal sopporto, interpreta personaggi poco adatti alla sua presenza fisica e tecnica', Girone , dal quale mi aspettavo una intepretazione mefistofelica ' L'unica freccia al suo arco' ci prova, ma quando ripete per un centinaio di volte 'Noi non vendiamo solo latte, ma anche valori' sghignazza, non ci crede nemmeno lui. gli esempi non mancano, Il cardinalizio Tanzi, il mascelluto , ghignate Gardini, ma il suo calco è ormai il divo Giulio 'Pardon Andreotti, altrimenti il professorino,come la polizia, si incazza.' Bigazzi è un tipetto non facile, cresciuto con Soldini, ha una grande considerazione di se stesso, ma è un onesto mestierante. La tipa , la protagonista femminile, merita la mezione come cozza dell'anno, completamente avulsa non solo dal personaggio, ma dal cinema stesso, cambia mestiere. In soldoni cosa manca, il cinema, questi 'autori' sembra non abbiano coscienza dello specifico filmico, del montaggio, della progressione drammatica, lo spettacolo, si tratta di cinema medio 'mediocre' , ' Da indagine su di un cittadino, i Guappi, una bella grinta, corruzione a palazzo di giustizia etc.' erano fim spettacolari, girati per il cinema. Ora tutto è televisivo, noioso, si arriva ad anticipare le sequenze. Tra il Faenza di Prendimi l'anima, e l 'ultimo Cronenberg la differenza 'tralasciano l'ovvia superiorità del maestro canadese' è proprio nella noia prodotta da Feanza, al contrario delle due ore senza uno sbadiglio di Cronenberg. Un film come La spettatrice, con ovvio omaggio al maestro Htc. , visto per la presenza della Bubulova, annoia come nemmeno il minias a litri riuscirebbe. Spero che il compitino, sia gradito al professorino.
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[+] ma sarai mica studente al dams?
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vipera gentile
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giovedì 10 marzo 2011
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famiglia, azienda e valori morali
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Il regista ha voluto raccontare tutta la dolorosa vicenda della Parmalat tentando di rivalutarne gli artefici; infatti, Tanzi, impersonato da Remo Girone, appare come una persona buona, profondamente attaccata all’azienda e alla famiglia, con grandi valori morali che ricorre a delle manovre ardite solo per salvare quello che è riuscito a creare da solo; addirittura, in una scena, lava i piatti dopo cena rifiutando l’aiuto della nipote. La presenza della moglie infatti non è continuativa: c’è solo in alcune occasioni, come le feste aziendali o in chiesa. Il ragioniere è dipinto come un uomo dal carattere difficile che propone delle soluzioni disoneste nella certezza che il problema sia solo temporaneo e superabile; anzi, dimostra la sua correttezza e affezione nei confronti del proprietario in più di un’occasione.
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Il regista ha voluto raccontare tutta la dolorosa vicenda della Parmalat tentando di rivalutarne gli artefici; infatti, Tanzi, impersonato da Remo Girone, appare come una persona buona, profondamente attaccata all’azienda e alla famiglia, con grandi valori morali che ricorre a delle manovre ardite solo per salvare quello che è riuscito a creare da solo; addirittura, in una scena, lava i piatti dopo cena rifiutando l’aiuto della nipote. La presenza della moglie infatti non è continuativa: c’è solo in alcune occasioni, come le feste aziendali o in chiesa. Il ragioniere è dipinto come un uomo dal carattere difficile che propone delle soluzioni disoneste nella certezza che il problema sia solo temporaneo e superabile; anzi, dimostra la sua correttezza e affezione nei confronti del proprietario in più di un’occasione. Purtroppo, la storia è sviluppata in modo superficiale e approssimativo, senza quell’armonia che ci si aspetterebbe da una storia in cui i valori della famiglia e della patria vengono alimentati dalla prosperità economica. Alcune inquadrature sono veloci e incomplete, girate solo allo scopo di mostrare il carattere dei personaggi e l’ambiente sociale in cui vivono. Un fatto grave appare ingiustificato: mi riferisco al suicidio del direttore marketing che, pur avendo dei dubbi suffragati dalla documentazione contabile, viene lasciato assolutamente all’oscuro dei problemi aziendali e delle soluzioni adottate. Patetiche le falsificazioni di bilancio operate dal ragioniere che sbianchetta le voci negative e vi incolla sopra quelle positive, fotocopiando poi il tutto per ottenere un documento attendibile.
Deludente.
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maxam
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domenica 2 ottobre 2011
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piangendo sul latte versato ...dal molaioli!
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1970. Elio Petri scrive e dirige un film sul Potere. Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Il suo "Stradivari" sono Gian Maria Volonté e Florinda Bolkan. Vien fuori un capolavoro.
2011. Andrea Molaioli scrive e dirige un film sul Denaro. Il gioiellino. Ha in mano anche lui uno "Stradivari": Remo Girone e Toni Servillo. Ne vien fuori una .."robetta" da fiction tv indegna di passare per le sale cinematografiche.
Ergo, Andrea Molaioli non ha studiato i classici.
De Il gioiellino è buona la fotografia, firmata, del resto, da chi ha curato la fotografia di tre bei film di Sorrentino (Le conseguenze dell'amore, L'amico di famiglia, Il divo). E si fa apprezzare Sarah Felberbaum: da seguire.
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1970. Elio Petri scrive e dirige un film sul Potere. Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Il suo "Stradivari" sono Gian Maria Volonté e Florinda Bolkan. Vien fuori un capolavoro.
2011. Andrea Molaioli scrive e dirige un film sul Denaro. Il gioiellino. Ha in mano anche lui uno "Stradivari": Remo Girone e Toni Servillo. Ne vien fuori una .."robetta" da fiction tv indegna di passare per le sale cinematografiche.
Ergo, Andrea Molaioli non ha studiato i classici.
De Il gioiellino è buona la fotografia, firmata, del resto, da chi ha curato la fotografia di tre bei film di Sorrentino (Le conseguenze dell'amore, L'amico di famiglia, Il divo). E si fa apprezzare Sarah Felberbaum: da seguire. Ma il voto finale non può che essere 1/5: odio che si sprechino buoni spunti di riflessione tratti dall'attualità con sceneggiature non all'altezza, odio che si sprechino eccellenti attori.
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