theproof
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venerdì 9 dicembre 2011
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se non ci lasciano più nessuna certezza
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Il film di Emmerich ha il merito di porre la questione al grande pubblico: ci sono infatti molte incongruenze nella biografia del grande Bardo di Avon. Una società inglese, sede a Oxford, sostiene che l'autore dei Sonetti e delle 36 opere pubblicate nel 1623, a undici anni dalla morte di William Shakespeare, fosse in realtà il conte di Oxford Edward De Vere. Non così il recente romanzo di John Underwood, che ripropone la candidatura di Cristepher Marlowe, non morto misteriosamente nel 1593 (guarda caso due settimane prima della pubblicazione del "primo lavoro" che W. Shakespeare si attribuisce) ma bensì fatto fuggire in esilio e costretto a continuare a scrivere, senza poter rivendicare la sua opera.
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Il film di Emmerich ha il merito di porre la questione al grande pubblico: ci sono infatti molte incongruenze nella biografia del grande Bardo di Avon. Una società inglese, sede a Oxford, sostiene che l'autore dei Sonetti e delle 36 opere pubblicate nel 1623, a undici anni dalla morte di William Shakespeare, fosse in realtà il conte di Oxford Edward De Vere. Non così il recente romanzo di John Underwood, che ripropone la candidatura di Cristepher Marlowe, non morto misteriosamente nel 1593 (guarda caso due settimane prima della pubblicazione del "primo lavoro" che W. Shakespeare si attribuisce) ma bensì fatto fuggire in esilio e costretto a continuare a scrivere, senza poter rivendicare la sua opera. Mark Twain era convinto che fosse Marlowe il vero autore; Sigmund Freud pensava che fosse De Vere. Questo per dire il calibro di alcuni tra gli "anti-stratfordiani" (come Henry James e altri). Per dire che la questione è aperta, nonostante l'opinione consolidata della maggior parte degli studiosi in materia. Del resto NON CI SONO scritti autografi di William Shakespeare, figlio di un guantaio analfabeta. Will non fece studiare i figli e non mostrò, nemmeno nel famoso testamento, nessuna traccia di grande genio poetico. Tuttavia non ci sono prove, ne' riscontri, ma solo congetture e supposizioni a favore delle altre tesi: il che resta un fatto anomalo, in un Paese come l'Inghilterra sia pure del '600. La tesi che rimane più plausibile è quella di una equipe di scrittori-attori che rimaneggiarono più e più volte testi che hanno, nella loro stesura originaria, il ruolo di canovaccio che viene migliorato e affinato, nel corso delle prove e delle rappresentazioni, dal contributo autoriale di molte persone: i capocomici, alcuni scrittori che si celavano dietro un nome comune che era diventato una garanzia di successo, lo stesso William come impresario per le sue doti di organizzatore e per la sua abilità nel fare soldi. In quest'ottica ha un senso la figura di John Florio, nato a Londra da genitori italiani, la cui madre si chiamava SCROLLA LANZA!! che è la traduzione letterale di Shake-speare: da notare che, nell'atto di matrimonio del 1582, il cognome di William era ancora Shagsper o Shaksper. Questo Florio avrebbe benissimo potuto essere uno degli scrittori di questa fantomatica equipe. Come lo stesso Marlowe, che poteva avere il ruolo, dall'esilio in cui era stato nascosto, di "correttore di bozze" ad alto livello poetico. Tuttavia il film preferisce prendere una posizione più consona alle sceneggiature hollywoodiane: il mistero dell'autore nell'ombra, le agnizioni fra padri-madri-figli illegittimi, la spettacolarizzazione di alcune ipotesi non poste nella loro rilevanza problematica e incerta, come sarebbe stato difficile da rendere per uno spettacolo d'impatto. Un regista di film ad alto contenuto di effetti speciali non riesce, in questo contesto, a rendere il meglio di se', se non nella bellissima inquadratura sulla neve del funerale di Elisabetta. Gli attori sono bravi, non c'è che dire. Peraltro alcune caratterizzazioni di sceneggiatura sono troppo deboli, come Elisabetta I, che viene presentata in completa balìa del suo Cancelliere lord Cecile. Il film comunque vale la pena di essere visto, per la recitazione, le ricostruzioni dei costumi e della vita a Londra, per le scenografie e per l'amore che tutti portiamo verso le opere immortali, chiunque ne sia l'Autore (o gli Autori), che di solito vengono attribuite a William Shakespeare.
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brian77
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lunedì 5 dicembre 2011
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graphic novel in costume
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Veramente un film pessimo. Tronfio, pedante e noioso. Visivamente piattissimo: anche quando modella le sue inquadrature sulla grande pittura fiamminga, sembra rifarla per un blockbuster fumettaro.
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simon0000
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domenica 4 dicembre 2011
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ottimo film
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5 stelle per il coraggio di portare un dramma-storico nelle sale, rimettendoci al botteghino.
4 stelle per la storia , intrigata e appassionante...ma a tratti un pò complicata e lenta
5 stelle per i costumi, assolutamente fantastici
5 stelle per la fotografia, l'uso di inquadrature alla sola luce di candela o in ambienti scuri è davvero ammirevole
5 stelle per scenografia e effetti speciali, ricostruzione della Londra storica perfetta. Sequenze aeree e di massa in CGI d'impatto.
4 stelle per la musica, molto sinuososa e nei giusti momenti d'azione.
4 stelle alla recitazione, tutti attori inglesi, molto espressivi.
3 stelle per la storicità, alcuni fatti risultano paradossali.
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snaif
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sabato 3 dicembre 2011
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anonymous...(forse)
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Senza dubbio quando ho letto che alla regia ci stava Roland Emmerich mi ero un pò preoccupato. Avevo già immaginato un incrocio tra Romeo and Juliet e 2012.
Ma dopo aver visto il film vi posso assicurare che Emmerich sa dirigere un film. In maniera discreta, ma ci riesce.
Ci regala un film che può essere a tratti splendido a tratti un pò bianco e nero.
Senza dubbio la trama c'è! Poi se uno ci crede o non ci crede, non mi importa. Io ho visto il film giudicandolo come film e non "tratto da una storia vera".
E' intrigante peccato per il montaggio che sopratutto nella prima parte crea veramente troppa confusione.
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Senza dubbio quando ho letto che alla regia ci stava Roland Emmerich mi ero un pò preoccupato. Avevo già immaginato un incrocio tra Romeo and Juliet e 2012.
Ma dopo aver visto il film vi posso assicurare che Emmerich sa dirigere un film. In maniera discreta, ma ci riesce.
Ci regala un film che può essere a tratti splendido a tratti un pò bianco e nero.
Senza dubbio la trama c'è! Poi se uno ci crede o non ci crede, non mi importa. Io ho visto il film giudicandolo come film e non "tratto da una storia vera".
E' intrigante peccato per il montaggio che sopratutto nella prima parte crea veramente troppa confusione. A tratti lento ma sicuramente affascinante.
Ottimi i costumi anche le atmosfere create che ci catapultano in un periodo storico davvero caotico.
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albydrummer
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sabato 3 dicembre 2011
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lasciamo da parte un pò i miti!!!
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Il film può essere interessante,se vlo vediamo in un'ottica di spettacolo,come fantasy,e come è successo,nel codice da vinvi,beh lì,si è voluto costruire un thriller,su un dipinto,su una storia di uno scrittore,e via. Ma in Anonymous,lasciamo perdere,queste storie,per far credere,per spettacolarizzare nuove storie,mettendo in evidenza,uno scrittore,una cultura,e poi far credere chela storia è diversa,e da documenti e storie infondate,solo da un altro libro commerciale. Prendiamola solo come spettacolo,e come storia cinematografica.Ma fuori dalla sala lo scrittore vero Shekspeare,rimarrà sempre lui.Il mito!!
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savio 86
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venerdì 2 dicembre 2011
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anonymus....ma non tanto
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E' lecito, a fine film, esclamare: "ma che stronzata!". Dalle accuse di voyagerismo a quelle di blasfemia, di certo il film di Emmerich entra in quel filone dell'antinformazione e dell'antiaccademicità volta a stravolgere le basi della cultura.
Di fatto: un Codice da Vinci teatrale. Perchè se il libro di Dan Brown con conseguente film di Ron Howard si muoveva in ambito pseudo-storico-religioso, con lo stesso meccanismo di rivelazioni su rivelazioni, qui si cerca di attrarre il pubblico stravolgendo la visione classica di personaggi storicamente esistiti.
La vergine Regina Elisabetta diventa una amante incestuosa, il modesto conte di Oxford è il più grande poeta e drammaturgo di tutti i tempi e Will Shake-speare(forma che amano gli anti-stradfordiani) è solo un attorucolo di scarsa bravura e semi-analfabeta che a malapena sa leggere un copione.
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E' lecito, a fine film, esclamare: "ma che stronzata!". Dalle accuse di voyagerismo a quelle di blasfemia, di certo il film di Emmerich entra in quel filone dell'antinformazione e dell'antiaccademicità volta a stravolgere le basi della cultura.
Di fatto: un Codice da Vinci teatrale. Perchè se il libro di Dan Brown con conseguente film di Ron Howard si muoveva in ambito pseudo-storico-religioso, con lo stesso meccanismo di rivelazioni su rivelazioni, qui si cerca di attrarre il pubblico stravolgendo la visione classica di personaggi storicamente esistiti.
La vergine Regina Elisabetta diventa una amante incestuosa, il modesto conte di Oxford è il più grande poeta e drammaturgo di tutti i tempi e Will Shake-speare(forma che amano gli anti-stradfordiani) è solo un attorucolo di scarsa bravura e semi-analfabeta che a malapena sa leggere un copione.
E come Dan Brown, lo sceneggiatore John Orloff prende una serie infinita di voci di palazzo, dicerie, leggende metropolitane e teorie più o meno fondate, mischia il tutto con i collaudati meccanismi shakespeariani di colpi di scena, passioni e omicidi, presentando così un prodotto(perchè di quello si tratta), fruibile al pubblico, appassionante per chi Shakespeare lo ha sentito nominare e che fa rizzare i capelli agli addetti ai lavori.
Il film è ben scritto, ottimamente girato, il cast è di tutto rispetto e la Londra descritta e rappresentata, anche con una buona dose di computer grafica, proietta lo spettatore direttamente nell'epoca elisabettiana; ma è inevitabile che ciò che emerga non sia la ottima fattura artistica, ma la storia raccontata, vera o fasulla che sia.
E allora fermiamoci un secondo e cerchiamo di capire una cosa: questa è Hollywood, il cinema, qui si deve colpire e impressionare, intrattenere ed emozionare, non si deve raccontare una storia vera nè si pretende, o si deve pretendere, di stravolgere l'immagine di un artista consolidata da 400 anni di rappresentazioni teatrali e di studi critici e artistici; chi ama il teatro, la poesia, l'arte, sa che quando un'opera diviene immortale non importa più chi ne sia l'autore, perchè ormai appartiene all'umanità intera.
Guardimolo per quello che è, ovvero un'ora e mezza che prende lo spettatore, che non annoia, che sfrutta al meglio quei meccanismi teatrali di cui sopra,non un film su Shakespeare, sul teatro o storico. che riflette e fa riflettere su un tema che alla fine resta lì: la storia umana si basa su favole e leggende, ancora c'è chi crede che Nerone abbia cantato vedendo Roma bruciare e chi crede di vedere Men in Black in giro per New York City.
Sicuramente non ha la pretesa di essere una pietra miliare del cinema, ma per la qualità espressa è sicuramente una pellicola che vale il prezzo del biglietto.
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tonimorris
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giovedì 1 dicembre 2011
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una leggenda metropolitana in chiave noire
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Sempre alla ricerca del sensazionale, Roland Emmerich, abbandonati i soliti ed inflazionati soggetti fanta-catastrofici si av ventura nel racconto di una nota leggenda metropolitana, diffusasi fin dal XVIII secolo. Si racconta infatti che William Shakespeare non sarebbe il vero autore delle sue celebri commedie ma che esse siano state ideate da altri letterati dell’età elisabettiana come Christopher Marlowe, Ben Jonson, Edmund Spenser e Francis Bacon. Un’altra ipotesi molto in voga attribuisce invece la paternità di parecchi scritti a Edward de Vere, XVII Conte di Oxford, poeta aristocratico che per l’alto rango non poteva rendere pubbliche le sue opere letterarie; all’epoca infatti era considerata cosa disdicevole per un nobile perdere il suo tempo con la poesia o altre amenità del genere, anziché dedicarsi totalmente alla pratica delle armi, della caccia e degli affari di Stato.
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Sempre alla ricerca del sensazionale, Roland Emmerich, abbandonati i soliti ed inflazionati soggetti fanta-catastrofici si av ventura nel racconto di una nota leggenda metropolitana, diffusasi fin dal XVIII secolo. Si racconta infatti che William Shakespeare non sarebbe il vero autore delle sue celebri commedie ma che esse siano state ideate da altri letterati dell’età elisabettiana come Christopher Marlowe, Ben Jonson, Edmund Spenser e Francis Bacon. Un’altra ipotesi molto in voga attribuisce invece la paternità di parecchi scritti a Edward de Vere, XVII Conte di Oxford, poeta aristocratico che per l’alto rango non poteva rendere pubbliche le sue opere letterarie; all’epoca infatti era considerata cosa disdicevole per un nobile perdere il suo tempo con la poesia o altre amenità del genere, anziché dedicarsi totalmente alla pratica delle armi, della caccia e degli affari di Stato. Proprio su questa ultima congettura, il regista tedesco, naturalizzato statunitense, costruisce il suo film operando una rivisitazione della storia sì personale ma, a dir il vero, a tratti molto suggestiva. La narrazione però, forse a causa del continuo ricorso a flashback ed ellissi temporali, anziché coinvolgerlo, costringe lo spettatore a seguire con fatica le vicende che via via si dipanano sullo schermo generando in lui confusione e disorientamento. In un bailamma di amori travolgenti, invidie e interessi personali intrecciati con gli intrighi di corte orditi dai Cecil per portare Giacomo VI, re di Scozia, sul trono d’Inghilterra, Emmerich, inserisce intermezzi delle più significative opere del drammaturgo di Stratford on Avon, illustrandoci sommariamente come uno spiantato attore di teatro, certo “William Shakespeare”, per una serie di casi fortuiti, riesca furbescamente a farsi attribuire opere non sue ma bensì scritte dal Conte di Oxford. Quello che manca al costrutto del film è però compensato da un cast di attori di prim’ordine, molti con pregresse esperienze teatrali, tra cui spiccano Rhys Ifans, nella parte del perfetto cortigiano, e quella di una intensa e quanto mai grintosa Vanessa Redgrave, nel ruolo di Elisabetta I, che da soli valgono il prezzo del biglietto. Ottima l’ambientazione scenografica tra cui si apprezza la realistica ricostruzione del “The Wooden O”, mitico teatro, frequentatissimo dai londinesi di ogni estrazione sociale, più volte andato a fuoco e ricostruito; bella inoltre la fotografia ed efficaci le tecniche di ripresa che, utilizzando macchine sensibilissime alla luce ottimamente filtrate, inquadrano sapientemente le scene d’interni ed una capitale britannica livida e spettrale che fanno da contraltare alle vicende narrate sullo schermo. Splendidi i costumi che sicuramente non passeranno inosservati ai selezionatori dei premi Oscar.
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silvia63
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martedì 29 novembre 2011
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bello ma complicato
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Film molto bello ma complicato da seguire con continui passaggi tra presente e passato. Belli i costumi e le scene. La trama e' veramente appassionante.
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mauriziodapescara
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lunedì 28 novembre 2011
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ottimo film!
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Penso che l'aver fatto film commerciali pesi sul giudizio di molta critica che ha pesantemente bocciato questa opera. Scenografie curate e capaci di portare lo spettatore in quel mondo in un modo straordinario. Trama avvincente con colpi di scena interessanti. Recitazione mirabile. Perché bocciarlo? Non vi fate fuorviare e andate al cinema. Vi aspetto qui se il mio commento troverà giustizia nel vostro giudizio.
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spike
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lunedì 28 novembre 2011
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bello ma complicato da seguire
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Prima di vedere il film ripassate un pò la storia inglese del periodo trattato, i salti temporali e gli intrecci di corte non rendono facile la visione. Film comunque ben fatto, un Emmerich insolito ma interesante. Eccellente il cast, la fotografia, buona la regia e la sceneggiatura. Per gli appassionati del bardo un film da non perdere
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