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enzo70
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mercoledì 9 settembre 2020
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un ottimo reno, ma un film deludente
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I film sulla criminalità ambientati a Marsiglia negli anni Settanta sono stati una pagina importante del cinema francese. Con questo film Richard Berry racconta una storia vera tratta dal romanzo di Olivier Gisbert avvalendosi di un cast di primissimo ordine, il protagonista è Jean Reno. Ma il film onestamente stenta a decollare, è noioso, le riprese non funzionano, bravi attori non bastano per fare un buon film. Troppi stereotipi, mutuati male, richiami a film classici come citazioni lanciate a casaccio, insomma, un film decisamente deludente.
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elgatoloco
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venerdì 24 aprile 2020
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jean reno grande interprete
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Questo"L'Immortel"di Richard Berry, 2010(il regista è anche cosceneggiatore), tratto da un romanzo di François.Olivier Gisbert, a sua volta ispirato da una fatto reale(il boss marsigliese Jacky Imbert, "miracolosamente"sopravvissuto a un attentato in un parcheggio di Marseille, a.D.1977), è esempio notevolissimo di un"polar"che diviene anzi è , già di per sé, un film drammatico, un esempio di dramma filmico. Che sia Jean Reno a intepretare il ruolo principale non è solo una"fortunata"coincidenza, ma al contrario è proprio l'essenzializzazione di una vicenda notevolssima, per cui un grande interprete diviene egli stesso il"demiurgo"di una vicenda che è al tempo stesso di"conversione"al bene(la rinuncia agli atti criminali), di non-rinuncia alla violenza quando si tratta di proteggere le propria famiglia e di difendersi da un ex-amico fraterno che è diventato traditore, di decisa rivendicazione della propria nuova"collocazione nel mondo e nella vita", contro chi vorrebbbe metterla in discussione, viene ad essere un dramma(nel senso anche letterale, ossia quanto teatralmente si dice"dramma"come nettamente distinto sia dalla"commedia"sia dalla"tragedia")che è tale rispetto al protagonista, al suo essere "altro"dal resto della "pòlis"marsigliese pur essendo parte(fatalmente, viene da aggiungere)di una comunità da sempre caratterizzata da tale fenomeno(la mafia locale, tanto che, a parte i film pregressi prodotti sull'argomento, c'è una vasta pubblicistica anche storica sulle"connections"che per es.
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Questo"L'Immortel"di Richard Berry, 2010(il regista è anche cosceneggiatore), tratto da un romanzo di François.Olivier Gisbert, a sua volta ispirato da una fatto reale(il boss marsigliese Jacky Imbert, "miracolosamente"sopravvissuto a un attentato in un parcheggio di Marseille, a.D.1977), è esempio notevolissimo di un"polar"che diviene anzi è , già di per sé, un film drammatico, un esempio di dramma filmico. Che sia Jean Reno a intepretare il ruolo principale non è solo una"fortunata"coincidenza, ma al contrario è proprio l'essenzializzazione di una vicenda notevolssima, per cui un grande interprete diviene egli stesso il"demiurgo"di una vicenda che è al tempo stesso di"conversione"al bene(la rinuncia agli atti criminali), di non-rinuncia alla violenza quando si tratta di proteggere le propria famiglia e di difendersi da un ex-amico fraterno che è diventato traditore, di decisa rivendicazione della propria nuova"collocazione nel mondo e nella vita", contro chi vorrebbbe metterla in discussione, viene ad essere un dramma(nel senso anche letterale, ossia quanto teatralmente si dice"dramma"come nettamente distinto sia dalla"commedia"sia dalla"tragedia")che è tale rispetto al protagonista, al suo essere "altro"dal resto della "pòlis"marsigliese pur essendo parte(fatalmente, viene da aggiungere)di una comunità da sempre caratterizzata da tale fenomeno(la mafia locale, tanto che, a parte i film pregressi prodotti sull'argomento, c'è una vasta pubblicistica anche storica sulle"connections"che per es.hanno segnato i rapporti tra un sindaco di per sè"non corrotto"ma costretto a "venire a patti" con il potere gangesteristico locale come il socialista Gaston Defferre, per anni sindaco della città ma poi anche ministro del govenro Mitterand. Tutta la vicenda è mostrata con toni scuri alternati a"esplosioni d luce". Jean Reno è interprete"colossale"in quanto rende il personaggio in modo "secco", senza bisogno di una surfetazione verbale, senza bisogno di particolari "trucchi"di carattere mimico-gestuale, quasi lavorando in"levare"piuttosto che aggiungengo segni che altrimenti sarebbero risultati pleonastici o comunque non necessari-non indispensabili. Il clima della città è reso anch'esso senza bisogno di particolari elementi eclatanti, ma, diremmo, limitati all'essenziale. Altri interpreti.cahive sono Kad Merad, l'ex-amico traditore e Marie Fois, la detective che ha condiviso con lui un percorso analogo, quanto all'essere colpita empaticamente negli affetti familiari più profondi. Film di totale intensità drammatica. El Gato
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luigi chierico
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sabato 11 gennaio 2014
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vendetta
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La trama del film è nel titolo e nella frase di lancio, non c’è altro da raccontare.
Non ho capito perché mai il film inizi con le note della Tosca “e lucevan le stelle” quando, a mio avviso, sarebbe stato molto più adeguato far ascoltare l’urlo di Rigoletto, pieno di rabbia :“sì vendetta tremenda vendetta”, anche perché pure nella vicenda del film vi sono dei cortigiani “vil razza dannata”.
Nulla da eccepire sulla tecnica spettacolare delle corse, inseguimenti e fughe in auto e moto tra le popolate strade di una favolosa Marsiglia, sull’ottima interpretazione del sempre bravo J. Reno, sulla colonna sonora che fa ricorso a tanti brani musicali e di lirica; peccato che nessuno di quelli che devono morire possa gridare come Mario Cavaradossi: “muoio disperato” come lo si sente nel finale con la voce di Pavarotti.
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La trama del film è nel titolo e nella frase di lancio, non c’è altro da raccontare.
Non ho capito perché mai il film inizi con le note della Tosca “e lucevan le stelle” quando, a mio avviso, sarebbe stato molto più adeguato far ascoltare l’urlo di Rigoletto, pieno di rabbia :“sì vendetta tremenda vendetta”, anche perché pure nella vicenda del film vi sono dei cortigiani “vil razza dannata”.
Nulla da eccepire sulla tecnica spettacolare delle corse, inseguimenti e fughe in auto e moto tra le popolate strade di una favolosa Marsiglia, sull’ottima interpretazione del sempre bravo J. Reno, sulla colonna sonora che fa ricorso a tanti brani musicali e di lirica; peccato che nessuno di quelli che devono morire possa gridare come Mario Cavaradossi: “muoio disperato” come lo si sente nel finale con la voce di Pavarotti. Gli immorali sono immortali !
Così si assiste ad una serie lunghissima di uccisioni, di immagini grondanti sangue, la vendetta non conosce limiti, e non ci si limita ad uccidere, sarebbe troppo banale, qui si è spietati ed i morti vanno straziati. Non si assiste ad un bel spettacolo, non c’è nulla di morale di educativo, al contrario! Tuttavia, come vuole una regola, i film devono rispettare un noto modo di dire: ”la ferina del diavolo finisce in crusca“. Dopo aver assistito ad ogni genere di strage e sparatorie, a gente immortale che sopravvive a 12 proiettili sparatigli addosso, il finale finisce col classico “volesome bene e tiriamo a campà”.
Non ho nulla contro i film d’azione come nei film di fantasia, anzi potrei fare un lungo elenco, anche se prediligo quelli di Walt Disney, ma non condivido il fatto che i due generi si debbano confondere e sovrapporre. Come dire che un film di fantascienza deve essere anche un film storico o viceversa.
Non è assolutamente verosimile, se non nella fantasia, credere che qualcuno possa sopravvivere senza riportare neanche un ematoma o un graffio ad ogni genere di incidente, non è possibile fare delle scorribande tra strade affollatissime per ore ed ore, non è credibile vedere volare le auto, non sono macchine volanti. Questi film possono soddisfare i registi del genere ed il morboso piacere di coloro a cui piace l’impossibile, ma non possono certo soddisfare chi ha un minimo di raziocinio.
Rispetto tutte le età e lo raccomando a chi ha quella giusta, io non l’età.
chigi
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paolo_89
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martedì 19 febbraio 2013
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grande impatto visivo, trama esile
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L’introduzione de L’immortale, muta e breve, traccia con chiarezza sufficiente la situazione narrativa di partenza del film e semina una buona dose di curiosità nello spettatore: un padre di famiglia di nome Charly Matteï viene crivellato di colpi in un parcheggio sotterraneo mentre il suo bambino aspetta che esca, sul marciapiede. La tecnica di ripresa, che accantona i movimenti fluidi nella scena della sparatoria per mostrare lo scontro con la macchina in spalla, stacchi veloci e alternanza tra ralenti e velocità normale, è anch’essa un’attrazione tecnica molto efficace; il trucco, poi, è cosi realistico da provocare repulsione, se si osserva lo stato in cui lo sventurato Charly è ridotto.
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L’introduzione de L’immortale, muta e breve, traccia con chiarezza sufficiente la situazione narrativa di partenza del film e semina una buona dose di curiosità nello spettatore: un padre di famiglia di nome Charly Matteï viene crivellato di colpi in un parcheggio sotterraneo mentre il suo bambino aspetta che esca, sul marciapiede. La tecnica di ripresa, che accantona i movimenti fluidi nella scena della sparatoria per mostrare lo scontro con la macchina in spalla, stacchi veloci e alternanza tra ralenti e velocità normale, è anch’essa un’attrazione tecnica molto efficace; il trucco, poi, è cosi realistico da provocare repulsione, se si osserva lo stato in cui lo sventurato Charly è ridotto. Quando la narrazione prosegue, tuttavia, i virtuosismi tecnici come il montaggio parallelo, gli stacchi sul movimento di personaggi in luoghi diversi o la presenza di flashback dai colori spenti che contrastano col presente e chiariscono i retroscena, sembrano acquisire più importanza della trama stessa, che consiste in una serie di vendette, programmate ed eseguite, dall’ex boss della mafia Charly. Quando questi virtuosismi si rarefanno, si comprende più facilmente la natura esile della storia, e non ci si affeziona facilmente ai personaggi. Charly, interpretato da Jean Reno, e la poliziotta che gli dà la caccia, Marie Goldman (Marina Foïs) sono i più credibili, gli altri sembrano degli automi: la violenza brutale che trapela all’inizio del film, comprensibile in un ambiente del genere, non è smussata da alcun tratto umano o debolezza, se si esclude qualche piagnisteo in punto di morte. La tensione c’è, soprattutto in alcune scene in cui è a rischio la vita del protagonista, ma non è abbastanza forte da coinvolgere fino in fondo. Il finale aperto, che riscatta parzialmente il film e ricorda la celeberrima conclusione de I quattrocento colpi (Les Quatre Cents Coups, 1959, F. Truffaut) lascia un interrogativo insoluto: è possibile liberarsi del proprio passato, pur lasciando uno stuolo di morti dietro di sé?
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andrea giostra
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sabato 1 settembre 2012
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la vendetta.
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Per chi ama il genere di cui è stato grandissimo maestro Sergio Leone, e oggi Quentin Tarantino, vedendo il film non avrà perso il suo tempo. Tradimento, vendetta, violenza, cinismo, potere, corruzione, sangue, morte e anche, perché no!, buoni sentimenti, vengono ben trattati, anche se alla francese. La trama del film riesce a ben catturare lo spettatore con un Jean Reno che ricorda parecchio il Leon di Luc Besson. Da vedere.
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pjmix
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martedì 17 gennaio 2012
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un poliziesco abbastanza prevedibile
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Non un gran film, probabilmente meglio il romanzo: il film risulta prevedibile nella sua linearità; Jean Reno viene colpito da circa una ventina di pallottole ( e sopravvive?? Impossibile!), non muore e cerca vendetta, andando a scovare uno per uno i suoi assassini. La prima cosa che viene in mente? Naturalmente Kill Bill; orchestrato nella stessa maniera ( dato che i suoi assassini erano anche i suoi vecchi compagni e amici), non rende allo stesso modo. Decisamente. Trama scontata fino agli ultimi 10 minuti, dove vengono un po' cambiate le regole del gioco. Ciò che probabilmente rimane di questo film, per chi ha ben ascoltato, è il discorso finale di Jean e lo scambio di battute tra lui e il suo grande "amico per la morte".
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Non un gran film, probabilmente meglio il romanzo: il film risulta prevedibile nella sua linearità; Jean Reno viene colpito da circa una ventina di pallottole ( e sopravvive?? Impossibile!), non muore e cerca vendetta, andando a scovare uno per uno i suoi assassini. La prima cosa che viene in mente? Naturalmente Kill Bill; orchestrato nella stessa maniera ( dato che i suoi assassini erano anche i suoi vecchi compagni e amici), non rende allo stesso modo. Decisamente. Trama scontata fino agli ultimi 10 minuti, dove vengono un po' cambiate le regole del gioco. Ciò che probabilmente rimane di questo film, per chi ha ben ascoltato, è il discorso finale di Jean e lo scambio di battute tra lui e il suo grande "amico per la morte". Per il resto è un film che non rimane, si vede tranquillamente, ma manca l'effetto.
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patrizia palmas
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venerdì 12 agosto 2011
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grande jean reno!!!!
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Un personaggio che "romanticamente" lascia il segno. Un malandrino di quelli che piacciono alle donne! Un suo codice morale, che idealmente è (o sembra) giusto. Jean Reno sempre magistrale!!! Che bello essere uomo brutto e non più giovane così affascinante.... quando mai vedremo un film con una donna con tali caratteristiche fisiche???
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kyotrix
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giovedì 31 marzo 2011
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non male, carino
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Gangster movie d'azione. Buon aritmo, prende abbastanza. Nulla di innovativo o speciale, ma si lascia guardare volentieri.
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ipno74
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domenica 27 marzo 2011
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il ritorno di un mafioso in pensione
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Quello che più colpisce di questo film è la fotografia e una regia veramente bella da vedere.
La trama è banale ma piacevole da seguire.
Reno, dopo una vita passata ad ammazzare gente, mette su famiglia e dice basta, ma i suoi vecchi amici - collaboratori, questa scelta non va bene e lo vogliono uccidere.
Lui sopravvive, ma gli rapiscono il figlio, ed inizia a vendicarsi.
Il tema della vendetta piace molto nei film, perchè, in fondo, tutti noi, se ci toccano qualcosa che amiamo vorremmo vendicarci.
Ecco perchè, i film che hanno una trama che urla vendetta piace sempre
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ultimoboyscout
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martedì 8 marzo 2011
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e materazzi?
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Gangster movie tipicamente francese, dal ritmo e dalle atmosfere chiaramente d'oltralpe, ed è un genere ed un modo di far film che adoro. Marsiglia si presta ad accogliere la storia e non è la prima volta che film di questo tipo vengono girati li. Premetto che la storia piace ma avrebbe potuto essere migliore, con personaggi migliori e meno stereotipati. Non è una sorpresa Jean Reno, è magnifico, col suo volto duro scolpito nella roccia. Chi stupisce è Kad Merad, più noto per film brillanti o commedie. La seconda parte del film è migliore, dinamica e più cruenta, alcune cose vengono chiarite a fronte di una prima più ragionata, più statica e più francese, che sa tanto di introduzione.
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Gangster movie tipicamente francese, dal ritmo e dalle atmosfere chiaramente d'oltralpe, ed è un genere ed un modo di far film che adoro. Marsiglia si presta ad accogliere la storia e non è la prima volta che film di questo tipo vengono girati li. Premetto che la storia piace ma avrebbe potuto essere migliore, con personaggi migliori e meno stereotipati. Non è una sorpresa Jean Reno, è magnifico, col suo volto duro scolpito nella roccia. Chi stupisce è Kad Merad, più noto per film brillanti o commedie. La seconda parte del film è migliore, dinamica e più cruenta, alcune cose vengono chiarite a fronte di una prima più ragionata, più statica e più francese, che sa tanto di introduzione. Le morti sono tante, il sangue scorre a fiumi sporcando le mani, mani che non si possono lavare nè pulire. E un passato da cui è difficilissimo staccarsi, impossibile liberarsene.
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