carloalberto
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sabato 9 gennaio 2021
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omaggio poetico al regista poeta
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E’ un omaggio al genio poetico, a tutt’oggi incompreso di Jacques Tati, noto al grande pubblico italiano ed in particolare a quello di una certa età per essere stato un mimo ed un comico francese degli anni ’60 da noi conosciuto per qualche passaggio sulla televisione dell’epoca, ed agli artisti di ogni tempo che non hanno mai avuto successo o che per la loro arte sono falliti, come è capitato nella realtà proprio a Tati.
Film di animazione di Chomet su un soggetto di Tati con protagonista Tatischeff, il personaggio da fumetto stilizzato che somiglia a Tati nei panni di un prestigiatore che ricorda il suo alter ego Hulot.
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E’ un omaggio al genio poetico, a tutt’oggi incompreso di Jacques Tati, noto al grande pubblico italiano ed in particolare a quello di una certa età per essere stato un mimo ed un comico francese degli anni ’60 da noi conosciuto per qualche passaggio sulla televisione dell’epoca, ed agli artisti di ogni tempo che non hanno mai avuto successo o che per la loro arte sono falliti, come è capitato nella realtà proprio a Tati.
Film di animazione di Chomet su un soggetto di Tati con protagonista Tatischeff, il personaggio da fumetto stilizzato che somiglia a Tati nei panni di un prestigiatore che ricorda il suo alter ego Hulot. Suggestiva la scena in cui Tatischeff, nel suo peregrinare in cerca di un lavoro, entra in un cinema di periferia dove viene proiettato Mon oncle e sullo schermo compare Hulot. E’ un incontro magico e poetico tra l’irrealtà del fumetto animato e l’irrealtà del personaggio inventato da Tati, che evoca nostalgicamente la figura del grande attore, che, attraverso la sua creazione fantastica, è come se si rispecchiasse nell’immaginario mondo-racconto di Chomet venendone per qualche istante inglobato.
Immagini e musiche si compongono armonicamente in una narrazione favolistica che attinge alla migliore tradizione disneyana dei cartoons animati, contaminata tuttavia da elementi realistici, con richiami subliminali all’emotività infantile e reviviscenze di antichi ricordi che si sovrappongono alla storia, distaccandosene, infine, per prendere posto nella memoria accanto alle immagini in bianco e nero dell’ironico e garbato Jacques Tati, il mimo ospite della nostra TV degli anni ’60, e a quelle dei film del Tati regista e poeta, autore di un capolavoro della cinematografia mondiale come Le vacanze di Monsieur Hulot.
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dandy
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giovedì 9 luglio 2015
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una magnifica illusione.
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Una storia malinconica e simpatica,ma anche dura,sull'inesorabile fine di qualcosa e ciò che questo comporta per chi ne è parte integrante.Adattando l'inedita sceneggiatura di Jacques Tati(modellato sulla figura del protagonista,che porta anche il suo vero cognome)il regista sceglie di rinunciare praticamente del tutto ai dialoghi e di concentrarsi sulle immagini.Omaggia tutti i capolavori di Tati(compresa la fulminiea apparizione del vero spezzone di "Mio zio" nel cinema dove Tatischeff entra per sbaglio)nonchè Chaplin,Keaton e Fellini,e riesce a suscitare divertimento e commozione.Ma anche molta tristezza,rimpianto per ciò che è destinato ad essere spazzato via dall'inesorabile progresso e dall'insaziabile esigenza del pubblico.
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Una storia malinconica e simpatica,ma anche dura,sull'inesorabile fine di qualcosa e ciò che questo comporta per chi ne è parte integrante.Adattando l'inedita sceneggiatura di Jacques Tati(modellato sulla figura del protagonista,che porta anche il suo vero cognome)il regista sceglie di rinunciare praticamente del tutto ai dialoghi e di concentrarsi sulle immagini.Omaggia tutti i capolavori di Tati(compresa la fulminiea apparizione del vero spezzone di "Mio zio" nel cinema dove Tatischeff entra per sbaglio)nonchè Chaplin,Keaton e Fellini,e riesce a suscitare divertimento e commozione.Ma anche molta tristezza,rimpianto per ciò che è destinato ad essere spazzato via dall'inesorabile progresso e dall'insaziabile esigenza del pubblico.Ottima animazione tradizionale e molte invenzioni visive tanto semplici quanto incisive e ammirevoli(c'è anche una simpatica sorpresa dopo i titoli di coda).E il protagonista conquista la simpatia dello spettatore appena appare.Ingiustamente rimasto a mani vuote dopo la candidatura all'Oscar come miglior film d'animazione 2011.Dedicato a Sophie Tati.A guidicare da certi commenti negativi qui sotto,direi che ovviamente il successo al cinema non dev''essere stato dei migliori.Chi ha un briciolo di gusto,e soprattutto di cervello per ammirare anche i lavori muti,è invitato a vederlo.
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ultimoboyscout
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domenica 10 marzo 2013
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l'incontro di due solitudini.
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Il regista Sylvain Chomet ritrova una sceneggiatura di Jacques tati e ne fa un film toccante e poetico. E la filosofia di Tati, un poeta che non aveva bisogno di parole, era proprio quella di guardare oltre le apparenze e di stupire per le piccole cose, di accettare gli eventi con ironia. Queste sono, in generale, le lezioni che ci lasciano i più grandi artisti e che spesso noi non riusciamo ad afferrare, se non per un attimo. Quindi la magia esiste? E la vita è qualcosa di speciale? Chomet ha preso un progetto incompiuto di tati e ne ha tratto un'opera che è una favola senza ricorrere al computer e agli effetti speciali ma utilizzando solo il vecchio e caro metodo del disegno a mano.
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Il regista Sylvain Chomet ritrova una sceneggiatura di Jacques tati e ne fa un film toccante e poetico. E la filosofia di Tati, un poeta che non aveva bisogno di parole, era proprio quella di guardare oltre le apparenze e di stupire per le piccole cose, di accettare gli eventi con ironia. Queste sono, in generale, le lezioni che ci lasciano i più grandi artisti e che spesso noi non riusciamo ad afferrare, se non per un attimo. Quindi la magia esiste? E la vita è qualcosa di speciale? Chomet ha preso un progetto incompiuto di tati e ne ha tratto un'opera che è una favola senza ricorrere al computer e agli effetti speciali ma utilizzando solo il vecchio e caro metodo del disegno a mano. Ha riportato in vita la figura di Tati, facendone il protagonista della storia, un vecchio illusionista che gira l'Inghilterra accompagnato da una ragazzina senza famiglia. Lui sarà un pò suo padre, suo amico e suo mentore, vivendo in un mopndo che cambia dove la magia sta scomaprendo lasciando spazio a una nuova epoca. Il disegno è raffinato nella sua assoluta semplicità, poetico e malinconico come solo l'arte illusionista sa essere, Chomet dopo aver raccontato nel suo film d'esordio di un personaggio in bicicletta, ora racconta di personaggi a cavallo, ma di due epoche, passato e presente, con l'accettazione da parte del vecchio illusionista che il suo lavoro sta diventando obsoleto e sta per finire nel dimenticatoio a causa del progresso sfrenato che porta a cambiamenti incontrolalti. Viene quindi da chiedersi: la magia esiste? Si, esiste la magia della vita.
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andyflash77
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martedì 14 agosto 2012
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vicini a chaplin e buster keaton
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In un’epoca tridimensionale come quella che cinematograficamente stiamo vivendo, dove la Pixar anno dopo anno macina vorticosamente innovazioni e l’industria di settore sforna pellicole 3D con sempre più frequenza, c’è qualcuno che va controcorrente: è il caso del francese Sylvain Chomet (nomination all’Oscar con "Appuntamento a Belleville") che ha adattato, disegnato e diretto "L’illusionista", da una sceneggiatura originale di Jacques Tati, scritta a fine anni 50 e recuperata a distanza di mezzo secolo negli archivi del Centre National de la Cinématographie.
Per comprendere meglio questa pellicola d’animazione, bisogna entrare nel microcosmo di Tati: accenniamo alla sua figura cercando di non apparire eccessivamente semplicistici.
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In un’epoca tridimensionale come quella che cinematograficamente stiamo vivendo, dove la Pixar anno dopo anno macina vorticosamente innovazioni e l’industria di settore sforna pellicole 3D con sempre più frequenza, c’è qualcuno che va controcorrente: è il caso del francese Sylvain Chomet (nomination all’Oscar con "Appuntamento a Belleville") che ha adattato, disegnato e diretto "L’illusionista", da una sceneggiatura originale di Jacques Tati, scritta a fine anni 50 e recuperata a distanza di mezzo secolo negli archivi del Centre National de la Cinématographie.
Per comprendere meglio questa pellicola d’animazione, bisogna entrare nel microcosmo di Tati: accenniamo alla sua figura cercando di non apparire eccessivamente semplicistici. Jacques Tati (1908-1982), mimo e attore di cabaret negli anni 30, è stato un regista d’indubbia grandezza e spiccata originalità nel panorama internazionale sul versante della commedia satirica; il suo umorismo sobrio e sottilissimo, pretesto dissacrante con cui tratteggiava le caratteristiche dell’uomo, ne fa un acuto e inimitabile osservatore della società moderna.
"L’illusionista" dunque riprende la medesima poetica e introduce un tassello più malinconico e intimo: sembra che la storia fosse stata accantonata perché troppo vicina alle vicende personali di Tati, quasi un soggetto autobiografico. Non a caso il testo affronta principalmente due argomenti: la fine dell’epoca del music hall a scapito del vigoroso rock’n’roll e soprattutto il tema universale del rapporto tra padre e figlia (quello del regista con la sua Sophie Tatischeff?).
Un attempato illusionista – ormai fuori moda – vaga tra una città e un’altra alla ricerca di un pubblico che resti stupefatto alla vista dei suoi trucchi. Non va troppo bene, ma un giorno, durante un’esibizione in un pub sulla costa scozzese, incontra una giovane ingenua e incantata di nome Alice che è disposta a credere alle sue "magie" e segue l’uomo che la guiderà delicatamente e amorevolmente all’età adulta.
Il racconto, ambientato a Parigi e in prevalenza Edimburgo, sembra fuori dal tempo; a cominciare dalla pressoché totale assenza di dialoghi e passando per la ricostruzione artigianale (anche per questo è stato deciso di utilizzare il 2D) dei luoghi e dei personaggi che rende in qualche modo più umano e vivo l’ambiente.
Le avventure dell’illusionista, musicate efficacemente dallo stesso Chomet, sono un condensato di arte mimica e – dietro una patina di apparente semplicità – riflessioni attente sulle piccole cose della vita e sulla relazione uomo/denaro/oggetti, in tutte le sue sfumature più ironiche, drammatiche, stravaganti, delicate.
Un piccolo gioiello dell’animazione dedicato a tutti quelli che amano un cinema più classico e spartano vicino a interpreti come Charlie Chaplin e Buster Keaton, oltre che consigliato a tutti coloro che in sala ricercano qualche appiglio che stimoli la propria sensibilità e le emozioni più autentiche.
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karmaqwerty
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martedì 5 giugno 2012
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la dignità delle illusioni
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Una storia semplice. Silenziosa. Una piccola poesia sussurrata piano all'orecchio della nostra sensibilità più delicata. Ed è proprio la delicatezza delle atmosfere, dei gesti, delle azioni che si svelano davanti al nostro continuo bisogno di risposte, a fare da padrona a tutta la storia. L'illusionista è un uomo d'altri tempi, tempi che sembrano lontanissimi da noi, e che nascondono segreti. Ma tutto quello che dobbiamo vedere è proprio lì davanti ai nostri occhi.
La dignità. Questo è il segreto. E nelle illusioni di tutti i giorni la magia lascia il posto ad una realtà che può farci soffrire, può non piacerci, può forse deluderci.
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Una storia semplice. Silenziosa. Una piccola poesia sussurrata piano all'orecchio della nostra sensibilità più delicata. Ed è proprio la delicatezza delle atmosfere, dei gesti, delle azioni che si svelano davanti al nostro continuo bisogno di risposte, a fare da padrona a tutta la storia. L'illusionista è un uomo d'altri tempi, tempi che sembrano lontanissimi da noi, e che nascondono segreti. Ma tutto quello che dobbiamo vedere è proprio lì davanti ai nostri occhi.
La dignità. Questo è il segreto. E nelle illusioni di tutti i giorni la magia lascia il posto ad una realtà che può farci soffrire, può non piacerci, può forse deluderci. Quello che non potrà mai toglierci è però la nostra dignità.
Difficile essere persone migliori di questo nostro piccolo, grande illusionista. Ogni giorno è una magia. Irripetibile. L'iullusione è solo quella di poter fermare il tempo che passa. Ma tutto il resto è magia.
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nigel mansell
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venerdì 10 febbraio 2012
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ecco: a me piacciono i cartoni animati
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Quando parlo con la gente della mia disapprovazione verso questi nuovi film della Disney & Company non mi capiscono. Io adoro invece questi film ancora tutti disegnati, con le figure tratteggiate che lasciano così tanto spazio alla fantasia del telespettatore... Ma ormai, in questo turbine vusiness/mediatico dove i film di animazione escono abbinati al merchandising, al cazzabubbolo nell'Happy Meal, ed alle patatine ed hamburger nel multisala... ma chettelodicaffare!
Tra le vari chiavi di lettura ci ho visto la fine dell'infanzia, l'infatuazione della ragazza per il primo amore e la constatazione che la magia non esiste.
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burton99
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domenica 27 novembre 2011
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un illusionista che non illude più nessuno
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Un pò "Luci della città", un pò Tati, con chiara dichiarazione d'amore verso il cinema muto. L'illusione di un uomo qualunque come quella del cinema, e della vita.
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tiamaster
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mercoledì 26 ottobre 2011
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per chi ostenta critiche insensate...
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La magia può essere fatta non solo dai maghi ma anche da un ottimo regista e un animazione impeccabile.Questo film forse non sarà il massimo della scorrevolezza ma è una perla d'animazione del 2010,magari ci fossero simili film ogni giorno...la storia e indiscutibilmente magica e,nella sua semplicità,perfetta.Un ottima colonna sonora e edimburgo ricostruita in maniera superlativa riescono a emozionare lo spettatore.Un sacco di buoni sentimenti e di magie dell'anima danno vita a un film indiscutibilmente bello,che se fosse n pò più scorrevole e "alla portata di tutti" (visto che molta gente e limitata come film da guardare) sarebbe perfetto..avanti il prossimo!!!
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dadoavril
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giovedì 1 settembre 2011
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il film più brutto che abbia mai visto!
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Il Film è assolutamente una delusione.
Tutto è pessimo : trama,dialoghi(inesistenti),ambientazione,disegni.
E' sicuramente il film più brutto che abbia mai visto. Non riesco a capire come possa aver ricevuto cosi' tanti premi...
Assolutamente da sconsigliare !
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francesco2
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lunedì 1 agosto 2011
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rinascere, morire, rinascere ancora
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A tutti noi è successo d volere o dovere rinascere, quando la vita si trovava ad un bivio e bisognava lasciarsi alle spalle qualcosa che apparteneva al passato.Sotto certi (Ma non tutti, beninteso) gli aspetti, questo film si ricollega all'"Amélie" jeunetiano nell'indicare quanto sia dolce la sofferenza legata all'intraprendere un nuovo percorso. Qui certamente non c'è la "douce" Parigi, ma il bianco inverno delle scogliere del Nord-europa. Quello stesso bianco che alcuni ricollegano al
significato "Primigenio" del cinema, ma che potrebbe più banalmente essere legato alla purezza (O all'aridità) di certi paesaggi, già (Intra) visti nel discutibile "Ospite d'inverno", o nella cinese "Foresta dei pugnali volanti", finché non si tinge del sangue dei protagonisti.
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A tutti noi è successo d volere o dovere rinascere, quando la vita si trovava ad un bivio e bisognava lasciarsi alle spalle qualcosa che apparteneva al passato.Sotto certi (Ma non tutti, beninteso) gli aspetti, questo film si ricollega all'"Amélie" jeunetiano nell'indicare quanto sia dolce la sofferenza legata all'intraprendere un nuovo percorso. Qui certamente non c'è la "douce" Parigi, ma il bianco inverno delle scogliere del Nord-europa. Quello stesso bianco che alcuni ricollegano al
significato "Primigenio" del cinema, ma che potrebbe più banalmente essere legato alla purezza (O all'aridità) di certi paesaggi, già (Intra) visti nel discutibile "Ospite d'inverno", o nella cinese "Foresta dei pugnali volanti", finché non si tinge del sangue dei protagonisti.
Ma un tratto distintivo del film,che parzaialmente lo accomuna a quello appena citato, è un'ottima colonna sonora che ne punteggia la filosofia, -Credo- almeno parzialmente chapliniana dove si respira tanta tristezza ma non sempre disgiunta da un (Parziale) ottimismo di fondo: dove una rinascita(dell'uomo) ed una nascita (Della ragazza)devono e vogliono giocoforza convivere, per le casualità della vita come per scelta. Non c'è quel banale rapporto di pigmalione/allieva che si respira in opere come il "Léon" bessoniano, discontinuo e che risolve tutto con un finale ibrido, ma una non banale fiducia infantile nelle illusioni, di cui viene colta quella tragicomica poeticità che forse noi adulti non riusciamo a cogliere più.Il gioco (In tutti i sensi)forse si interrompe in maniera eccessivamente brusca, ma in ogni caso si è seriamente tentati di perdonarlo a Chomet, che ha trasformato un periodo -Pensiamo- relativamente breve, in un continuo alternarsi di (s)vari(at)e emozioni, molto spesso appena sussurrate (Anche letteralmente, del resto: il film è praticamente muto).
Vorrei ulteriormente chiarire che questo non vuole essere un elogio delle capacità formali di questo film , ma giustamente- Anche e soprattutto- del suo significato. Intanto, per ciò che riguarda il personaggio di Alice: la sua crescita non è addebitabile (Solo) ad una banale e retorico prendere coscienza che "L'infanzia è finita", ma nell'avere modificato il suoc oncetto di "Magia": dacché pensava che la magia è quella dei trucchi e degli effetti speciali, l'essere diventata adulta ha significato (ri) cercare un'altra magia; mentre i personaggi di Allen, anche ma non solo quelli di "Incontererai l'uomo dei tuoi sogni" cercano nell'esoterismo(Si fa per dire: quello delle fattucchiere), lei ha imparato ad apprezzare , quella della piccola quotidianità, forse, ma anche quella dell'amore vero.
Quanto invece al "Protagonista maschile", anche qui il regista si rivela molto abile nel raccontarci il suo (Relativamente) sereno distacco da quel mondche si era costruito, scelta che si concretizza anche in "Piccoli" gesti, come lasciare il suo coniglio con altri simili prima di tornare al paese natio. Si ritorna al punto di partenza, non solo col dolore dello "Sconfitto" dal progresso, ma anche -O soprattutto?_ con la consapevolezza che bisogna ricominciare, da dove si era partiti.
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