filippo catani
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mercoledì 20 luglio 2011
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una vera delusione
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Il protagonista del film è un uomo che per 300 giorni l'anno gira per l'America in aereo per conto di una agenzia che si occupa di licenziamenti. La sua vita cambierà grazie all'incontro con due donne; una giovane stagista che intende riformare il modo di lavorare dell'agenzia e una rampante trentacinquenne che fa più o meno la stessa vita del protagonista.
Attesissimo nelle sale e tratto dall'omonimo best seller, il film si rivela una autentica delusione. Più o meno tutto quello che ci viene proposto finisce per non aggiungere niente al bagaglio dello spettatore che inevitabilmente finisce per annoiarsi. C'è la denuncia contro i licenziamenti facili e chi si arricchisce con questo buisness.
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Il protagonista del film è un uomo che per 300 giorni l'anno gira per l'America in aereo per conto di una agenzia che si occupa di licenziamenti. La sua vita cambierà grazie all'incontro con due donne; una giovane stagista che intende riformare il modo di lavorare dell'agenzia e una rampante trentacinquenne che fa più o meno la stessa vita del protagonista.
Attesissimo nelle sale e tratto dall'omonimo best seller, il film si rivela una autentica delusione. Più o meno tutto quello che ci viene proposto finisce per non aggiungere niente al bagaglio dello spettatore che inevitabilmente finisce per annoiarsi. C'è la denuncia contro i licenziamenti facili e chi si arricchisce con questo buisness. C'è il protagonista che dice di essere felice ma è in perenne fuga da se stesso e dalla famiglia d'origine. Una donna che sembra riuscire a rompere questo incantesimo. Insomma tutto già visto e risaputo. Usando l'esempio caro al protagonista Clooney dello zaino direi che se lo dovete riempire con dei film, questo è meglio se lo lasciate a casa vostra.
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giovedì 21 gennaio 2010
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commedia falsamente interessata alla realtà.
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Dei film di Jason Reitman s’è sempre parlato soprattutto per motivi non precisamente cinematografici, vicini come sono al blando saggio sociologico o di costume. Per questo motivo attirano molte persone che il cinema solitamente lo considerano poco, mentre trovano nei film di Reitman un supporto agli argomenti standard di conversazione. Thank you for Smoking, Juno, hanno creato dei circoli inclusivi. Poi, i film di Reitman si fanno largo con dei trailer, e quindi degli incipit, che ammiccano con fare jazzy o indie rock, così come sarebbe etichettato, indie rock, The Passenger di Iggy Pop (nel trailer, appunto) se oggi fosse rifatta da Pierre Menard. Anche questa è una patina che solitamente sparisce dopo i primi minuti di visione o, come nel caso di Juno, viene riproposta in maniera così spudorata da perdere ogni sincerità.
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Dei film di Jason Reitman s’è sempre parlato soprattutto per motivi non precisamente cinematografici, vicini come sono al blando saggio sociologico o di costume. Per questo motivo attirano molte persone che il cinema solitamente lo considerano poco, mentre trovano nei film di Reitman un supporto agli argomenti standard di conversazione. Thank you for Smoking, Juno, hanno creato dei circoli inclusivi. Poi, i film di Reitman si fanno largo con dei trailer, e quindi degli incipit, che ammiccano con fare jazzy o indie rock, così come sarebbe etichettato, indie rock, The Passenger di Iggy Pop (nel trailer, appunto) se oggi fosse rifatta da Pierre Menard. Anche questa è una patina che solitamente sparisce dopo i primi minuti di visione o, come nel caso di Juno, viene riproposta in maniera così spudorata da perdere ogni sincerità. Questi, l’inganno della prima impressione e la tensione all’inclusione, sono i motivi che mi portano a vedere il nuovo film di Reitman, nonostante nessuno mi sia piaciuto. Thank you for Smoking, per la verità, sorvolando sulla sproporzione fra clamore e valore effettivo della pellicola, appare rispetto ai successivi un lavoro decisamente più riuscito.Poiché i temi di Reitman riguardano argomenti che nascono negli Stati Uniti per diffondersi poi all’Occidente, pur mantenendo dei toni tipicamente americani, Up in the Air tratta dell’ondata di licenziamenti che ha seguito e segue la crisi economica. Negli USA le grandi aziende non licenziano semplicemente le persone, ma assumono appositamente dei tagliatori di teste, fieri rappresentanti di quelle che potremmo chiamare risorse disumane. George Clooney è uno di questi, certamente il più affascinante, un deresponsabilizzatore al servizio di sempre più eterei manager, sadicamente ghignanti nello sfoltimento del proprio organico. Manager che sono il riflesso di aziende indefinite e che qui vediamo per una manciata di fotogrammi, quelli necessari per farsi dare dei “pezzi di merda” dalla voce over di Clooney, che in questo modo già segna un distacco dalla più sincera amoralità del venditore di fumo Nick Naylor. Ryan Bingham trascorre gran parte della sua vita in aereo, vola ovunque ci sia bisogno di offrire a neodisoccupati discorsi sulle nuove opportunità e brochure sugli aspetti imprevedibilmente positivi del ritrovarsi a spasso. Gli altri due personaggi sono femminili: la donna altrettanto solitaria e volatile e la giovane collega al primo approccio col mondo. Gli attori sono la cosa migliore di Tra le Nuvole: Clooney in una parte ampiamente alla sua portata, Vera Farmiga che gli sceneggiatori vogliono immediatamente impegnata a rassicurarci sulla duratura avvenenza del proprio culo, Anna Kendrick brava nell’impersonare una ragazza involontariamente schizofrenica, che nel giro di un paio di stacchi di montaggio si trasforma da cinica donna in carriera a smarrita adolescente in cerca di figure genitoriali.Non è quindi colpa loro, se il film di Reitman risulta una commedia permeata di un’angoscia fine a se stessa, che ci porta nelle sale asettiche del licenziamento solo per offrire delle parentesi colorite nei dubbi esistenziali di Ryan. La storia accenna alla realtà, ma poi si interessa solo alla vita finta dei suoi protagonisti, abbozza una visione nichilista ma non forza mai i toni, e si rifugia in una soluzione semplicistica e irreale in cui le nuove promesse danno forma al proprio riscatto adeguandosi ai vecchi sistemi. slowfilm.splinder.com
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(di brendas)
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