gianleo67
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mercoledì 29 ottobre 2014
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l'omicidio al tempo della filosofia sufi
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Taciturno ed enigmatico killer di colore, dedito alla meditazione yoga ed affiliato ad una misteriosa organizzazione eversiva internazionale, viene incaricato di eseguire l'omicidio su commissione di un importante personaggio barricato all'interno di uno sperduto e superprotetto bunker nella campagna andalusa.
Il suo percorso di avvicinamento alla meta è scandito dalle numerose tappe e dagli enigmatici indizi disseminati lungo il tortuoso viaggio che dovrà affrontare in lungo ed in largo per la penisola iberica e che lo porteranno a conoscere esattamente il luogo, il giorno e l'obiettivo della sua missione. Il tutto senza conoscere una parola di spagnolo, senza l'uso di armi da fuoco o telefoni cellulari e soprattutto resistendo alla tentazione di una invitante profferta sessuale.
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Taciturno ed enigmatico killer di colore, dedito alla meditazione yoga ed affiliato ad una misteriosa organizzazione eversiva internazionale, viene incaricato di eseguire l'omicidio su commissione di un importante personaggio barricato all'interno di uno sperduto e superprotetto bunker nella campagna andalusa.
Il suo percorso di avvicinamento alla meta è scandito dalle numerose tappe e dagli enigmatici indizi disseminati lungo il tortuoso viaggio che dovrà affrontare in lungo ed in largo per la penisola iberica e che lo porteranno a conoscere esattamente il luogo, il giorno e l'obiettivo della sua missione. Il tutto senza conoscere una parola di spagnolo, senza l'uso di armi da fuoco o telefoni cellulari e soprattutto resistendo alla tentazione di una invitante profferta sessuale.
Notoriamente appassionato alle arti visive ed al surrealismo, l'ormai sessantenne Jim Jaramush ci potrebbe stupire con gli effetti speciali di un virtuosismo registico che si affidi ad abili movimenti di macchina e straniate distorsioni della soggetiva. A quanto pare, e per certi versi meritoriamente, decide di non farlo ed affidarsi, in questa ennesima e personale variante di un genere cinematografico inflazionato dalla tautologia dell'immaginario tarantiniano, al linguaggio criptico ed alla facile metafora del viaggio iniziatico che da sempre costituiscono la cifra riconoscibile della sua poetica autoriale. Assecondando i codici di una finzione cinematografica che faccia proprio l'esplicito assunto enunciato all'inizio del film ('La vita non vale niente', 'L'universo non ha centro nè confini.Tutto è arbitrario', 'Non elaborare. Usa solo la tua immaginazione', bla,bla,bla...), Jaramusch mette in scena una sorta di parodia melvilliana di un microcosmo noir in cui sembrano ignoti tanto il movente omicidiario quanto i suoi assurdi protagonisti, vittime e carnefici di una lotta senza quartiere per il potere in un mondo dominato dal nichilismo e dall'ossessione per il controllo, cercando di neutralizzarne l'eccesso (bunker superprotetti in località remote ed isolate, sofisticati sistemi di sorveglianza e guardie armate fino ai denti) con il suo opposto: l'arbitrario dominio dell'immaginazione e dell'intuizione di un killer 'olistico' armato di un sobrio completo cobalto ed una corda di chitarra tesa ('Come cazzo hai fatto ad entrare?','Ho usato la mia immaginazione'). Non fosse per il ritmo lento, il registro sospeso e le trovate eccentriche saremmo molto ben disposti a credere che l'autore abbia concesso agli ignari spettatori il beneficio del dubbio che le meditazioni yoga, il linguaggio cifrato dell'arte figurativa, il 'coitus interruptus' di fronte alle invitanti profferte di una arrapante Maya desnuda ed i ridicoli rituali di espressi in doppia tazza e pacchetti di cerini passati di mano siano solo gli espedienti di un'abile dissimulazione metafilmica in cui si ricapitolano, con divertita civetteria, i fondamentali del genere che la Swinton sembra voler suggerire (da Hitchcock a Welles, da Wenders a De Palma) e non già le pretenziose esibizioni di un compiacimento autoriale un pò fine a se stesso. Bravo e imperturbabile Isaach De Bankolé che si fa tutto il film spiccicando solo poche parole (mai in spagnolo, per carità!) e dismettendo nel finale la divisa di una fantomatica internazionale marxista per rimettersi nei panni dimessi di un invisibile immigrato liberiano passato di lì per caso.
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bartleby corinzio
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lunedì 11 febbraio 2013
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jim jarmusch prepara degli ottimi caffè
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Perché il penultimo film di questo oltremodo superlativo regista non ha trovato una distribuzione italica? Me lo sono chiesto. Ne ho parlato anche con il fruttivendolo e con il cane del vicino ma le risposte ottenute sono state vaghe, si è parlato di problemi economici relativi al distributore e anche di forme minimali rischiose. Fortemente amareggiato mi son steso a terra ascoltando a palla Stuffy Turkey di Thelonious Monk. Dopo una lunga attesa in qualche modo sono riuscito a recuperare questo "nuovo" Jim Jarmusch. E di acqua e urina ne era passato parecchia sotto i ponti.
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Perché il penultimo film di questo oltremodo superlativo regista non ha trovato una distribuzione italica? Me lo sono chiesto. Ne ho parlato anche con il fruttivendolo e con il cane del vicino ma le risposte ottenute sono state vaghe, si è parlato di problemi economici relativi al distributore e anche di forme minimali rischiose. Fortemente amareggiato mi son steso a terra ascoltando a palla Stuffy Turkey di Thelonious Monk. Dopo una lunga attesa in qualche modo sono riuscito a recuperare questo "nuovo" Jim Jarmusch. E di acqua e urina ne era passato parecchia sotto i ponti.
Jarmusch non mi ha deluso manco questa volta, non che pensi che mi debba deludere per forza ma dovevo iniziare questo periodo con una frase di quelle che fanno molto incipit. Avrei potuto buttar giù anche un "Jarmusch è sempre Jarmusch" o "Jarmusch non perde né il pelo né il vizio". Non lo so, con qualcosa dovevo iniziare. Per la miseria! E quindi Jarmusch non mi ha deluso manco questa volta, non che pensi che mi debba deludere per forza.
Che dire? Non si può scrivere molto sulla trama di questo film per non rovinare il piacere della scoperta, giacché il film è un percorso tout court (sto "tout court" lo piazzo ovunque), è un percorso con delle tappe. Un po' come lo sono stati Dead Man e Broken Flowers. E' nel suo dipanarsi così palesemente e allo stesso tempo sottilmente che la storia del prussiano protagonista (nel senso di uomo estremamente disciplinato nonché rigoroso) si concretizza, i vari tasselli pennellano una traccia unitaria. Da osservare a distanza per averne il quadro.
Non so bene cosa ho appena scritto ma il tutto nasce anche da qualche recensione letta in rete ove si pensa bene di iniziare a commentare svelando subito cosa fa o chi è il protagonista. Cosa che io qui ovviamente non farò. Però come si fa a recensire un film ove le peculiarità (soprattutto inerenti al protagonista) si svelano piano piano scegliendo di dire subito quello che si palesa nel finale del film? Insomma, ci vorrebbe davvero un po' di controllo a volte nonché rispetto per il giovane spettatore che vuole un filino informarsi senza però rovinarsi il piacere della visione.
Può ben donde esser sufficiente menzionare il cast, Tilda Swinton, Gael Garcìa Bernal, John Hurt, Bill Murray, Luis Tosar (Malamadre). Dire che sono diretti con il tocco magico di Jarmusch, qui in trasferta in Spagna. Dire che il film si prende i suoi bei tempi, la qual cosa non può piacere a tutti e che se dovesse nascere l'esigenza di bersi due espressi in tazze separate di gustarseli, sicuri che Jim Jarmusch prepara degli ottimi caffè.
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elgatoloco
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mercoledì 3 giugno 2015
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film spiazzante
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Giuste le riflessioni del recensore"ufficiale"sui "limits of control", su struttura, dettagli-eccezioni, ciò che esorbita etc. Jarmusch gioca su ciò che lo spettatore si aspetta/non si aspetta, "spiazzandolo", per csoì dire, ad ogni sparatoria mancata, ad ogni killeraggio non avvenuto etc.Spiazzato/è /sarà ogni spettatore/spettatrice che , per così dire, ama follemente il cinema d'azione, quello à la.... (gli esempi, in realtà, sono noti a tutti), per cui senza folli inseguimenti, fughe reciproche, sparatorie in stile post-western o peggio(il peggio della cultura statunitense da guerra fredda trasmessoci, insomma), non si dà né ha cinema, in definitiva.
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Giuste le riflessioni del recensore"ufficiale"sui "limits of control", su struttura, dettagli-eccezioni, ciò che esorbita etc. Jarmusch gioca su ciò che lo spettatore si aspetta/non si aspetta, "spiazzandolo", per csoì dire, ad ogni sparatoria mancata, ad ogni killeraggio non avvenuto etc.Spiazzato/è /sarà ogni spettatore/spettatrice che , per così dire, ama follemente il cinema d'azione, quello à la.... (gli esempi, in realtà, sono noti a tutti), per cui senza folli inseguimenti, fughe reciproche, sparatorie in stile post-western o peggio(il peggio della cultura statunitense da guerra fredda trasmessoci, insomma), non si dà né ha cinema, in definitiva. Uno spiazzamento che, appunto, scontenterà(a ragione, dal punto di vista di chi invece ama il cinema tout court)chi si ferma all'apparenza, alla superficie e non guarda, nietzschianamente, non diremo nell'abisso ma neppure nella sua ombra... El Gato
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zenos
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martedì 2 giugno 2015
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un film fuori dall'ordinario: straordinario!
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Un bellissimo film pieno di metafore. Carico di simbologia, riferimenti e citazioni. Se non lo si guarda sino la fine non se ne coglie il senso: ovvero il conflitto tra arte, bellezza, ideale e potere, materia. Davvero un gran film. Fotografia fenomenale. Ritmo lento e costante che però nell'insieme danno un forte senso di dinamicità. Molto avanguardista come pellicola. Davvero straordinario, nel vero senso della parola. Da guardare assolutamente, lo consiglierò a tutti i miei conoscenti e amici cinefili.
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