oblomovita
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venerdì 10 settembre 2010
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son tutte uguali le madri del mondo
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Un bel giallo non troppo prevedibile, ambientato in un paese di provincia nella Corea del Sud ma che potrebbe essere tranquillamente ambientato in qualunque altra parte del mondo visto che l'amore incondizionato di una madre per il figlio è una costante indipendentemente dalla locazione geografica.
Interessante.
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jean remi
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giovedì 2 gennaio 2014
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l’amore materno sempre e comunque.
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Seguendo le opere dei grandi registi sudcoreani Kim Ki-duk e Park Chan-wook mi imbatto in questo quarantenne Bong Joon-ho ed in questo suo bellissimo film presentato a Cannes nel 2009 con grande riconoscimento di critica e pubblico, tanto da avere a tutt’oggi il record d’incassi ai botteghini della Corea del Sud.
Probabilmente uno dei migliori thriller del cinema asiatico e non solo, Mother, racconta della caparbia e coraggiosa lotta di una madre per scagionare il figlio, con problemi mentali, da un’accusa di omicidio di cui, lei è sicura, Do-joon è del tutto estraneo.
L’incalzante mutazione dei fatti raccontati svela invece le responsabilità del figlio, ma neanche di fronte a questo Hye-ja si arrende ed arriva a compiere gesti orribili nell’autoconvinzione dell’innocenza di Do-joon che nella sua logica di “madre”, deve comunque sino in fondo difendere arrivando a far condannare un incolpevole.
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Seguendo le opere dei grandi registi sudcoreani Kim Ki-duk e Park Chan-wook mi imbatto in questo quarantenne Bong Joon-ho ed in questo suo bellissimo film presentato a Cannes nel 2009 con grande riconoscimento di critica e pubblico, tanto da avere a tutt’oggi il record d’incassi ai botteghini della Corea del Sud.
Probabilmente uno dei migliori thriller del cinema asiatico e non solo, Mother, racconta della caparbia e coraggiosa lotta di una madre per scagionare il figlio, con problemi mentali, da un’accusa di omicidio di cui, lei è sicura, Do-joon è del tutto estraneo.
L’incalzante mutazione dei fatti raccontati svela invece le responsabilità del figlio, ma neanche di fronte a questo Hye-ja si arrende ed arriva a compiere gesti orribili nell’autoconvinzione dell’innocenza di Do-joon che nella sua logica di “madre”, deve comunque sino in fondo difendere arrivando a far condannare un incolpevole.
Meravigliosa l’interpretazione di una debuttante, per il grande schermo, Hye-ja Kim che le ha valso come miglior attrice i premi Asia Pacific Screen Awards e Asia Film Awards 2010.
Cercando all’interno del film si possono trovare numerosi riferimenti a grandi altri registi; io ho trovato, per esempio, le acutezze narrative e i colpi di scena di alcuni thriller di Brian De Palma, le atmosfere (pioggia battente) e le inquadrature di certi film di Akira Kurosawa, i temi, gli oggetti (mazza da golf) e il distacco dalla realtà di “Ferro 3” di Kim Ki-duk. Ma sappiamo come questi riferimenti siano del tutto soggettivi.
Un gran film con cui ho iniziato bene il 2014, che invito tutti a vedere e commentare; credo tra l’altro che qui da noi sia stato poco visto.
Mi riprometto a breve di vedere “Memories of Murder” del 2003 e “ The Host” del 2006, segnalati come anticipatori di questa bella pellicola, ma soprattutto voglio vedere l’ultimo sforzo di Bong Joon-ho “Snowpiercer” del 2013 annunciato come, oltre che il più costoso film mai prodotto in Corea del Sud, un autentico capolavoro presentato in una proiezione riservata alla stampa in occasione del recente Festival Internazionale del film di Roma.
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luca scialo
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domenica 20 settembre 2020
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salvare il proprio figlio a dispetto della verità
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Bong Joon-ho è molto abile nel raccontare in modo originale, non banale e mai scontato, la vita e le disavventure dei diseredati del suo Paese. Quegli ultimi che il sistema tratta in modo superficiale, frettoloso, non meritevole di troppa attenzione. Se ne sbarazza, insomma, molto presto. La presente pellicola è un esempio evidente del suo modus operandi dietro la macchina da presa e sui fogli di una sceneggiatura (nella fattispecie scritta però a 4 mani). Ci presenta infatti la storia di una madre che ha delle attenzioni morbose verso suo figlio, anche perché ritardato e bisognevole di ulteriore difesa da un Mondo esterno sempre pronto ad approfittare di lui. Tanto da arrivare a sfidare questo sistema quando egli viene accusato di aver ucciso una ragazza.
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Bong Joon-ho è molto abile nel raccontare in modo originale, non banale e mai scontato, la vita e le disavventure dei diseredati del suo Paese. Quegli ultimi che il sistema tratta in modo superficiale, frettoloso, non meritevole di troppa attenzione. Se ne sbarazza, insomma, molto presto. La presente pellicola è un esempio evidente del suo modus operandi dietro la macchina da presa e sui fogli di una sceneggiatura (nella fattispecie scritta però a 4 mani). Ci presenta infatti la storia di una madre che ha delle attenzioni morbose verso suo figlio, anche perché ritardato e bisognevole di ulteriore difesa da un Mondo esterno sempre pronto ad approfittare di lui. Tanto da arrivare a sfidare questo sistema quando egli viene accusato di aver ucciso una ragazza. La donna inizia così delle indagini in proprio, scoprendo però una verità che non vuole accettare.
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