lordbertus
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mercoledì 18 agosto 2010
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geniale!
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Ho letto diverse critiche che accusavano questo film di essere inconsistente, o di essere una commedia che non fa poi tanto ridere.
A costo di sembrare arrogante, penso che queste persone, per quanto esimi professionisti, si siano decisamente fermati all'apparenza. Penso che la genialità di questo film stia proprio nel trattare un argomento immenso con una leggerezza disarmante, offrendo infiniti spunti di riflessione senza annoiare.
La trama del film in fondo è semplice: in un mondo in cui la verità non è mai minacciata da bugie o da filtri (vedi "Thank you for smoking") non esistono la diffidenza ed il senso critico, ed è questo che fornisce al protagonista un potere illimitato.
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Ho letto diverse critiche che accusavano questo film di essere inconsistente, o di essere una commedia che non fa poi tanto ridere.
A costo di sembrare arrogante, penso che queste persone, per quanto esimi professionisti, si siano decisamente fermati all'apparenza. Penso che la genialità di questo film stia proprio nel trattare un argomento immenso con una leggerezza disarmante, offrendo infiniti spunti di riflessione senza annoiare.
La trama del film in fondo è semplice: in un mondo in cui la verità non è mai minacciata da bugie o da filtri (vedi "Thank you for smoking") non esistono la diffidenza ed il senso critico, ed è questo che fornisce al protagonista un potere illimitato. La sua capacità di mentire, di per sè, non varrebbe a nulla se non vivesse in un mondo in cui la gente crede a qualsiasi cosa egli dica. Queste persone, dal nostro punto di vista di spettatori, appaiono grette e ridicole, ma come facciamo a sapere di non essere nella stessa situazione?
Penso che il film non spinga tanto ad immedesimarsi nel protagonista, quanto invece nel resto della popolazione. Su quante, delle informazioni che ogni giorno riceviamo e assimiliamo, abbiamo una garanzia di veridicità? Dai politici agli amici, dalla tv a internet, a quante cose crediamo, senza poter sapere se siano bugie o meno? E nonostante questo, è inoppugnabile che queste informazioni condizionino continuamente la nostra vita, dalle piccole alle grandi scelte.
Ma allora, cosa è veramente reale? La denuncia del film, se così si può chiamare, sta proprio qui: nell'impossibilità o incapacità di provare la veridicità di un'informazione, ci basiamo più sulla credibilità del relatore o del mezzo di informazione, ma questa credibilità è un valore che noi stessi attribuiamo, è convenzionale e non reale. Questo genera un mostro spaventoso, crea cioè una situazione in cui "l'abito fa il monaco", in cui il modo ed i mezzi in cui un concetto viene comunicato (o impacchettato, a volte) diventano più importanti del concetto stesso, nello stabilirne la credibilità. Nel 1938 Orson Welles descrisse via radio un'invasione aliena in corso sulla Terra, provocando diversi suicidi e fenomeni di panico di massa. Nessuno ovviamente potè vedere alcuna astronave aliena, ma la gente vi credette ugualmente, semplicemente perchè lo aveva detto la radio. Oggi sappiamo che le crociate si combatterono per la ricchezza e le terre, ma tutti o quasi a quel tempo credettero che fossero guerre sante, che fosse la volontà di Dio, e che partecipandovi ci si potesse assicurare un posto in paradiso. Questa convinzione, per quanto palesemente in contrasto con la filosofia non violenta del cristianesimo, si reggeva unicamente sul fatto che lo aveva detto il Papa. E tanto bastò.
A tal proposito il film è caratterizzato da una ironica ma evidente polemica religiosa. In fin dei conti, ogni religione si basa sulla fede, cioè la capacità di accettare dogmaticamente concetti non spiegabili razionalmente nè tantomeno comprovabili. Bisogna accettare quello che i capi e i testi religiosi ci insegnano, senza passarlo al vaglio della ragione. In cosa, in questo senso, siamo diversi dai concittadini del protagonista? Anche noi ogni giorno concediamo la nostra fiducia ad altre persone, e così facendo concediamo loro anche il potere di condizionarci, ed è un potere enorme.
Penso che pur presentandosi come commedia, questo film offra una quantità ed una qualità di spunti di riflessione degna del miglior mattone cervellotico, e lo fa senza annoiare, ma anzi intrattenendo. Sarà un'ora e mezza della vostra vita assolutamente ben spesa, guardatelo.
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[+] ottima recensione!
(di pjmix)
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ziacate
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lunedì 25 ottobre 2010
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inaspettato
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Un film fresco e geniale, reso particolarmente credibile dalla recitazione ^candida^ di tutti gli interpreti. Impossibile immaginare un mondo così e renderlo vero sullo schermo senza incorrere in complicati meccanismi, invece Gervais ci ha mostrato in modo comprensibile come sarebbe il nostro vivere quotidiano se tutti dicessero solo la semplice verità e niente fosse lasciato all'immaginazione e alla creatività umane. Un mondo triste e senza speranza,una vita piatta e monotona. Il fine giustifica ancora una volta i mezzi? Assolutamente da vedere....
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brughina
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sabato 29 gennaio 2011
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corredo geneticamente perfetto
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L'elogio della bugia. Un'originalissima e brillante commedia che celebra la bugia; attenzione, non parliamo di menzogna, del mentire fine a se stesso, del ritorno personale, ma della bugia bianca detta a fin di bene. Opinabile, è vero, ma il film fa proprio riflettere su questo punto, su come spesso la completa sincerità possa essere brutale e possa portale l'infelicità e su come il dare colore alla realtà, invece, possa scatenare il sorriso di chi lo riceve. Assolutamente da vedere, cercando di andare oltre quello che sembra.
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elgatoloco
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domenica 18 dicembre 2016
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indubbiamente originale
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Senz'altro originale, "The Invention of Lying"(l'invenzione della bugia)del 2009, con l'idea quasi da"1984"orwelliana, ossia antiutopica o meglio distopica di un mondo(una realtà)in cui non esiste la menzogna: le donne dicono ai loro possibili partner che si sono appena dedicate a pratiche autoerotiche, non esistono illusioni nè religiose, né politiche, nè di altro tipo, dato che tutto è detto chiaramente, nettamente, senza alcun infingimento, creando disastri ma anche favorendo la verità o(almeno, qui fil,osoficamente la quaestio rimarrebbe aperta)l'illusione, la proiezione della stessa. Un timido sceneggiatore sovrappeso, un po'senza volerlo, un po'volendo o immaginando di volerlo, inizia a mentire, prima su cose banali, poi, invece su questioni metafisiche(l'escatologia, ossia il"dopo vita", l'"uomo in cielo"etc.
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Senz'altro originale, "The Invention of Lying"(l'invenzione della bugia)del 2009, con l'idea quasi da"1984"orwelliana, ossia antiutopica o meglio distopica di un mondo(una realtà)in cui non esiste la menzogna: le donne dicono ai loro possibili partner che si sono appena dedicate a pratiche autoerotiche, non esistono illusioni nè religiose, né politiche, nè di altro tipo, dato che tutto è detto chiaramente, nettamente, senza alcun infingimento, creando disastri ma anche favorendo la verità o(almeno, qui fil,osoficamente la quaestio rimarrebbe aperta)l'illusione, la proiezione della stessa. Un timido sceneggiatore sovrappeso, un po'senza volerlo, un po'volendo o immaginando di volerlo, inizia a mentire, prima su cose banali, poi, invece su questioni metafisiche(l'escatologia, ossia il"dopo vita", l'"uomo in cielo"etc.)e crea quindi una serie di "followers" impressionante, che, però, gli rompono anche l'anima...Qualche situazione molto divertente, perché "sconcertante" -"inaspettata", in quanto l'humor nasce da ciò, in realtà, come sappiamo dalle grandi teorie sull'umorismo stesso, appunto(Freud, Bergson, Pirandello in primis). Altro risulta un po'"zoppo", un po'carente, ma il tentativo è sicuramente da apprezzare per la sua originalità: è una commedia assolutamente atipica, non basata sulla dromologia, ma capace di cogliere le situazioni, comunque, di"intervenire"sulle stesse. Non è uno humor così dissacrante come certe gags e battute(da considerare quasi sempre come una felicissima endiadi) soprattutto del primo Woody Allen, ma l'originalità è premiata, crediamo, a livello di critica, sperabilmente anche di pubblico, pur se forse non tutto viene colto perfettamente, c'è da temere. Grande importanza ha anche la fisionomia , anzi meglio il gioco fisiognomico: tutte le/tutti gli interpreti hanno caratteristiche fisiche(e psichiche, nell'ottica che deriva da Lavater ma poi, con notevoli differenze, anche da Reich)differenti e particolarissime, capaci di"stridere"e di"risaltare", dove i due verbi scelti non sono certamente casuali... Miserie e grandezze della verità e della menzogna, per dirla con Balzac. El Gato
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carloalberto
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martedì 13 ottobre 2020
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se un comico annoia è una tragedia
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La trovata comica basata sul paradosso può reggere la durata di uno scketch ma non quella di un film e così dopo i primi dieci minuti abbastanza divertenti si cade nella noia più totale per tutto il resto del tempo. Simpatici i cammei di Edward Norton nella parte del poliziotto eroinomane e del compianto Philip Seymour Hoffman in quella del barista in una brevissima scena in cui compare insieme a Louis C.K., che peraltro interpreta un personaggio lontanissimo da quello sarcastico ed esilarante dei suoi straordinari stand-up comedy, mentre fanno da spalla al protagonista Ricky Gervais che è anche lo sceneggiatore ed il regista della pellicola.
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La trovata comica basata sul paradosso può reggere la durata di uno scketch ma non quella di un film e così dopo i primi dieci minuti abbastanza divertenti si cade nella noia più totale per tutto il resto del tempo. Simpatici i cammei di Edward Norton nella parte del poliziotto eroinomane e del compianto Philip Seymour Hoffman in quella del barista in una brevissima scena in cui compare insieme a Louis C.K., che peraltro interpreta un personaggio lontanissimo da quello sarcastico ed esilarante dei suoi straordinari stand-up comedy, mentre fanno da spalla al protagonista Ricky Gervais che è anche lo sceneggiatore ed il regista della pellicola.
Il soggetto, scritto da un battutista, manca della coerenza logica necessaria per costruire un mondo distopico, in cui le persone dicono sempre ciò che pensano, che sia altrettanto credibile del suo opposto, quello di The Truman show in cui tutti fingono. La prima incongruenza sta nel confondere la sincerità con l’ingenuità o meglio con la stupidità da cui sembrano essere affetti tutti i personaggi, che più che schietti appaiono lobotomizzati.
Pensare che dire sempre quello che passa per la testa equivalga a dire la verità è una premessa piuttosto fragile, per non dire infantile, per poter scrivere la sceneggiatura di un film, che non è il canovaccio di un comico. Se un personaggio risulta divertente in una scenetta esclusivamente perché si comporta in modo paradossale, in quella successiva la stessa gag perde di forza perché già sappiamo quello che dirà o cosa farà.
La sortita contro il sentimento religioso di Gervais, nei panni di un predicatore con le sembianze di Gesù, più che offensiva appare logora, vecchia e stantia, animata da considerazioni adolescenziali di un’altra epoca.
Il film è più riuscito come commedia romantico-sentimentale, con il lieto fine banale, melenso e scontato del coronamento del sogno d’amore del poco divertente, per nulla sarcastico, per niente ironico protagonista di questa evitabile pellicola che a tratti ricorda il più buffo del duo comico Gianni e Pinotto con la differenza che Lou Costello era un vero comico.
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