greatsteven
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lunedì 16 ottobre 2017
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come provvedere al problema dell'illuminazione?
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EMBER – IL MISTERO DELLA CITTà DI LUCE (USA, 2008) diretto da GIL KENAN. Interpretato da SAOIRSE RONAN, HARRY TREADAWAY, BILL MURRAY, TIM ROBBINS, MARTIN LANDAU, TOBY JONES
Vedendo approssimarsi la fine del mondo, un’équipe di architetti, scienziati e ingegneri si riunisce in una sala e racchiude in una misteriosa scatola metallica le istruzioni che serviranno ai loro posteri per sopravvivere in una città sotterranea che avrà di che vivere per duecento anni grazie ad una scorta di luce che durerà per l’appunto i summenzionati due secoli.
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EMBER – IL MISTERO DELLA CITTà DI LUCE (USA, 2008) diretto da GIL KENAN. Interpretato da SAOIRSE RONAN, HARRY TREADAWAY, BILL MURRAY, TIM ROBBINS, MARTIN LANDAU, TOBY JONES
Vedendo approssimarsi la fine del mondo, un’équipe di architetti, scienziati e ingegneri si riunisce in una sala e racchiude in una misteriosa scatola metallica le istruzioni che serviranno ai loro posteri per sopravvivere in una città sotterranea che avrà di che vivere per duecento anni grazie ad una scorta di luce che durerà per l’appunto i summenzionati due secoli. La città si chiama Ember, e il segreto contenuto nella scatola viene passato da ogni sindaco del paese sotterraneo al suo successore, ma accade qualcosa d’imprevisto: improvvisamente, il segreto viene dimenticato proprio quando mancano pochi anni al deperimento naturale della luce artificiale che permette ad Ember di esistere. L’ultimo sindaco è un beone malvagio ed egoista che tiene per sé una scorta di viveri sufficiente a nutrire l’intera città, ed ignora il progetto al quale i suoi antenati lavorarono a lungo per garantire al manipolo di esseri umani la loro sopravvivenza nel sottosuolo. Una mattina arriva il giorno delle assegnazioni per gli abitanti più giovani, fra cui figurano la bionda Lena Hatfleey e il bruno Doon Arrow: la prima ottiene l’incarico di addetta alle tubature, il secondo quello di messaggero, ma poco dopo, conclusa la cerimonia, si scambiano i biglietti, così Lena può correre come ambasciatrice da un capo all’altro di Ember e Doon occuparsi dell’impianto idraulico insieme al vecchio ed esperto Sal. I guai cominciano a far sentire il loro peso quando i black-out attanagliano con sempre maggior frequenza la città, ma il sindaco, preoccupato solo di mantenere il potere in pugno, continua a rassicurare i suoi cittadini e non esita ad imbandire la giornata dei canti. Nel frattempo, Lena e Doon, giovanissimi ma già coraggiosi e intraprendenti quanto basta per capire che si deve giungere alla fonte primordiale del problema prima che esso degeneri in una catastrofe irrimediabile, si introducono nelle fogne di Ember dopo aver recuperato dalla casa di Lena la scatola metallica sigillata due secoli prima, sulla quale appaiono appunto i tre zero che indicano la data di scadenza dell’approvvigionamento luminoso. A forza di raccogliere indizi tramite vecchi fogli consunti, chiavi vitree che aprono ingressi segreti e sfuggendo alle grinfie del sindaco e del suo irriducibile tirapiedi, la nostra coppia di adolescenti attraversa un mare artificiale sotterraneo che è parte integrante della gigantesca struttura idraulica che fornisce l’acqua al paese e scoprono che, contrariamente a quanto si è creduto nei duecento anni di vita ad Ember, la luce al di fuori della città esiste ancora, come Lena e Doon scoprono dopo esser risaliti in superficie e aver ammirato per la prima volta il sorgere dell’alba in un meraviglioso campo erboso. Lanciano dunque un sasso dopo avergli legato attorno un importante messaggio per rendere partecipe tutta la cittadinanza della loro fenomenale quanto inaspettata scoperta. Sal morirà nel tentativo fortunato di far passare Lena e Doon sopra la ruota meccanica che gira su sé stessa per azionare i vari meccanismi delle complesse tubazioni, mentre il crudele sindaco, dopo essersi liberato dell’infimo sgherro Looper (il cui cugino era compagno di classe di Doon), si ritroverà faccia a faccia nella sua stanza dei viveri con un mostro dalle sembianze di una talpa e con muso da mollusco e ne verrà brutalmente ammazzato. Tratto dall’omonimo romanzo di Jeanne Duprau. Morando Morandini scrisse, nel suo dizionario dei film, che quest’opera di fantascienza non lascia la benché minima traccia di positività malgrado abbia tutte le carte in regola per costituire un’originale storia che non appesantisce lo spettatore ed è ben più che rigogliosa di efficaci trovate. Con tutto il rispetto, mi permetto di dissociarmi: Ember non ha il materiale narrativo, sia letterario che cinematografico, per imbastire un capolavoro, ma rimane comunque un interessante esperimento che centra appieno il bersaglio costruendo una vicenda fantascientifica che, partendo comunque da un presupposto ormai abusato con abbondanza come la fine del pianeta Terra, lo utilizza con intelligenza affidando la buona riuscita della trama ad un cast di attori in cui non figurano soltanto attori strafamosi e in parte anche pluripremiati (il sindaco ghiottone, spassionato e narcisista di B. Murray – un ruolo tagliato alla perfezione su misura per lui; il padre di Doon interpretato da T. Robbins, saggio, pacato e pieno di riguardi verso l’intelligente figlio; il capo idraulico dalla folta capigliatura bianca del compianto premio Oscar M. Landau, lavoratore instancabile, severo ma dotato di un buonsenso considerevole), ma anche due promesse del cinema odierno come la Ronan, che da semplice mascotte è ormai diventata un’attrice con annessi e connessi, e H. Treadaway, non bravo quanto lei perché almeno di una spanna al di sotto in quanto a talento recitativo, ma pur sempre funzionale nelle vesti del ragazzo intenzionato a svelare un arcano che può costituire una fonte di sicura salvezza e una speranza aperta verso un futuro che altrimenti sgocciolerebbe per tutto il suo popolo. Efficiente anche T. Jones, ormai attore navigato e con un’esperienza non comune da comprimario e caratterista, nella parte dell’assistente personale del primo cittadino, doppiogiochista e mellifluo come il suo superiore. Peccato che il film non abbia riscosso il successo di pubblico che avrebbe meritato, e neanche una citazione agli Oscar, ma il primo punto appena citato si può considerare certo più importante del secondo: l’esclusione dagli Academy Awards costituisce spesso un merito se poi la pellicola sbanca al box office, in quanto il piacere che provano gli spettatori nel gustarla in sala è alieno da ogni sorta di riconoscimento a posteriori che possa o meno celebrarne le qualità. Originale, con una morale non buonista ma educativa (materia rara, per i tempi che corrono), sensazionale per gli effetti speciali sorprendenti ma tutt’altro che estenuanti o fracassoni, recitato bene da tutti, con colpi di scena che avvengono sempre al momento propizio e una durata contenuta che ne esalta i principi fondamentali di racconto di formazione epico che ha in sé anche qualcosa di profondamente istruttivo.
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gennaro
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giovedì 14 giugno 2018
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misterioso
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La città di luce è stata costruita per qualche evento catastrofico. Durata per circa 200 anni, ora il tempo è scaduto. Le informazioni contenute dentro una scatola per condurre gli abitanti in superficie, vengono dimenticate.
Finché Lina, la protagonista, dopo aver scelto il suo lavoro e averlo scambiato con un suo amico Doon, l'altro protagonista, l'apre e dentro c'è un foglietto tutto strappato. Da qui in poi gli indizi per trovare l'uscita dalla città risulteranno più complicati del previsto perché i stessi indizi tendono ad essere studiati a fondo.
Inoltre il trailer crea un'illusione nelle corse. Pensavo che fossero dei veri e propri inseguimenti, invece no.
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La città di luce è stata costruita per qualche evento catastrofico. Durata per circa 200 anni, ora il tempo è scaduto. Le informazioni contenute dentro una scatola per condurre gli abitanti in superficie, vengono dimenticate.
Finché Lina, la protagonista, dopo aver scelto il suo lavoro e averlo scambiato con un suo amico Doon, l'altro protagonista, l'apre e dentro c'è un foglietto tutto strappato. Da qui in poi gli indizi per trovare l'uscita dalla città risulteranno più complicati del previsto perché i stessi indizi tendono ad essere studiati a fondo.
Inoltre il trailer crea un'illusione nelle corse. Pensavo che fossero dei veri e propri inseguimenti, invece no. Nel mezzo manca qualcosa. Non ci sono colpi di scena, è poco avvicente, ma i due protagonisti sono bravi a saper trasmettere l'emozione di scoprire i segreti, anche se non ci sono ne scene mozziafiato ne tanto meno dialoghi che si mescolano per dare l'idea del brivido. Essendoci il mistero, mi aspettavo questo, neanche l'ombra. Se Lina assomiglia a Lucy confusa con Susan, Doon è il sosia di Edmund di Le cronache di Narnia. Tim robbins fa un piccolo ruolo quello del padre di Doon, ma è pur sempre simpatico e sarà sempre un grande. La parte migliore è stato il finale. Almeno sapeva intrecciare gli indizi con un po' di coinvolgimento. Il film è fiacco per lo sviluppo, ma non tanto per le idee. Voleva lasciare un'impronta questo film? A metà perché il mistero regge, ma l'atmosfera e la voglia di raccontare una storia manca di mordente. Perché tre stelle?
Il motivo è perché dopotutto si tratta di un film godibile, d'avventura e pieno di mistero.
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berkaal
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domenica 1 febbraio 2009
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soggetto interessante, realizzazione scadente
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E’ normale che un libro sia preferibile al film che ne viene tratto, tranne rari casi (uno su tutti, Barry Lindon di Kubrick), ma sembra che in questo caso si sia un tantino esagerato. Passi per l’approfondimento dei personaggi, che non potrà mai essere altrettale, ma certe discrepanze appaiono gratuite ed alcune informazioni utili alla comprensione completamente trascurate, come all’inizio, quando non si capisce perché finisca il mondo, come finisca et cetera. Punta di diamante del film è la città, con ambientazioni suggestive, molta cura nei particolari ed un’atmosfera generale decisamente affascinante, ma la narrazione è macchiata da una serie interminabile di errori, incongruenze, inverosimiglianze, da mettere a dura prova ogni senso logico.
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E’ normale che un libro sia preferibile al film che ne viene tratto, tranne rari casi (uno su tutti, Barry Lindon di Kubrick), ma sembra che in questo caso si sia un tantino esagerato. Passi per l’approfondimento dei personaggi, che non potrà mai essere altrettale, ma certe discrepanze appaiono gratuite ed alcune informazioni utili alla comprensione completamente trascurate, come all’inizio, quando non si capisce perché finisca il mondo, come finisca et cetera. Punta di diamante del film è la città, con ambientazioni suggestive, molta cura nei particolari ed un’atmosfera generale decisamente affascinante, ma la narrazione è macchiata da una serie interminabile di errori, incongruenze, inverosimiglianze, da mettere a dura prova ogni senso logico. Gli effetti speciali sono mediamente efficaci, ma scadono nel ridicolo nella scena della discesa in barca, tanto brutta quanto impossibile. Per quanto riguarda le interpretazioni spicca su tutte quella di Bill Murray, perfettamente a suo agio nei panni del sindaco imbelle e meschino. La fine presenta l’ennesima enorme assurdità: quello che nelle intenzioni del regista è un happy ending dovrebbe risolversi secondo logica con la morte dei tre ragazzi in superficie per mancanza di viveri e col perimento di tutti gli abitanti della città in cui il generatore era ormai sull’orlo del collasso.
Voto in centesimi: 65/100
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antonello villani
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giovedì 15 gennaio 2009
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miti omerici nelle profondità della terra
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Gli antichi parlavano di colonne d’Ercole per indicare il limite del mondo conosciuto, il confine che separa la conoscenza dall’ignoto. Da questa premessa parte il viaggio di tre adolescenti costretti a vivere in una città nascosta nelle profondità della Terra, perché in un tempo non precisato gli uomini hanno voluto salvare la razza umana dall’estinzione. “Ember: Il mistero della città di luce” ricalca lo schema dei videogiochi presentando un’enigma che verrà svelato da alcuni ragazzi smaniosi di abbandonare il nido: la curiosità umana non conosce ostacoli, Omero fa capolino tra le case che cadono a pezzi ed i black out di un vecchio generatore. Scenografie post nucleari con macchinari davinciani che riportano un po’ di luce nell’oscurità, il film di Gil Kenan è un giocattolone dalla struttura complessa perché i simbolismi sono nascosti dietro la fervida fantasia di un romanziere.
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Gli antichi parlavano di colonne d’Ercole per indicare il limite del mondo conosciuto, il confine che separa la conoscenza dall’ignoto. Da questa premessa parte il viaggio di tre adolescenti costretti a vivere in una città nascosta nelle profondità della Terra, perché in un tempo non precisato gli uomini hanno voluto salvare la razza umana dall’estinzione. “Ember: Il mistero della città di luce” ricalca lo schema dei videogiochi presentando un’enigma che verrà svelato da alcuni ragazzi smaniosi di abbandonare il nido: la curiosità umana non conosce ostacoli, Omero fa capolino tra le case che cadono a pezzi ed i black out di un vecchio generatore. Scenografie post nucleari con macchinari davinciani che riportano un po’ di luce nell’oscurità, il film di Gil Kenan è un giocattolone dalla struttura complessa perché i simbolismi sono nascosti dietro la fervida fantasia di un romanziere. Bill Murray è impegnato a tenere il popolo soggiogato in attesa dei “costruttori”; Tim Robbins è un abile artigiano che si diletta con strani marchingegni. Nell’immobilismo di una civiltà che ha perso lo slancio vitale si muovono due teenager desiderosi di oltrepassare i confini della conoscenza. Per grandi e piccini, una storia che pone interrogativi talvolta inquietanti.
Antonello Villani
(Salerno)
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ultimoboyscout
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lunedì 5 marzo 2012
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alla fine il sole sorge sempre!
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Ember è un bunker e un rifugio più che una città. Concepita per avere 200 anni di autonomia, non ha mai visto la luce naturale e tutto va avanti grazie ad un generatore. Ma i due secoli stanno per scadere, cibo ed energia elettrica cominciano a scarseggiare mettendo in serio pericolo l'esistenza dei cittadini, per la maggioranza poveri e affamati. Saranno due adolescenti a scoprire impicci e imbrogli della classe governante (hai capito che novità!), facendosi carico di salvare la città sotterranea e i suoi abitanti, grazie a misteriose istruzioni. Trasposizione cinematografica fiacca del romanzo "La città di Ember" di Jeanne Duprau, che nonostante un cast ricco di nomi e personaggi indovinati non lascia il segno e che naufraga presto dopo un apprezzabile inizio.
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Ember è un bunker e un rifugio più che una città. Concepita per avere 200 anni di autonomia, non ha mai visto la luce naturale e tutto va avanti grazie ad un generatore. Ma i due secoli stanno per scadere, cibo ed energia elettrica cominciano a scarseggiare mettendo in serio pericolo l'esistenza dei cittadini, per la maggioranza poveri e affamati. Saranno due adolescenti a scoprire impicci e imbrogli della classe governante (hai capito che novità!), facendosi carico di salvare la città sotterranea e i suoi abitanti, grazie a misteriose istruzioni. Trasposizione cinematografica fiacca del romanzo "La città di Ember" di Jeanne Duprau, che nonostante un cast ricco di nomi e personaggi indovinati non lascia il segno e che naufraga presto dopo un apprezzabile inizio. Riporta alle atmosfere di Verne, è claustrofobico al punto giusto, diventa ben presto un film per ragazzi, con l'apocalisse che incombe minacciosa, effeti speciali non perfetti e gusto fantasy che la fa da padroni. La critica politica è forte, la metafora della distruzione dell'attuale società è chiara e ciò succederà se non si abbandoneranno i poteri forti: tutto fin troppo ovvio e la confezione da kolossal rende il prodotto supponente, scialbo e mai convincente. La Ronan non piace, fredda, ha saputo fare decisamente di meglio e la produzione di Tom Hanks non ha apportato evidenti benefici. Bello il taglio gothic-dark dato dalla sceneggiatrice Caroline Thompson, scrittrice di fiducia di Tim Burton, il resto è completamente dimenticabile, regia compresa, estremamente scolastica, macchinosa e poco fluida. Storia piena di falle e incongruenze, inevitabile il flop al botteghino.
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