ronks
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mercoledì 20 settembre 2006
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storia contemporanea
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IL FILM ESULA DALLE SOLITE TRAME PER IL GRANDE PUBBLICO CHE SI POSSONO INCONTRARE NELLE SALE CINEMATOGRAFICHE... SI PUO' NOTARE COME IL REGISTA RIESCA A FAR BEN EMERGERE IL FATTO DI CRONACA DAL PUNTO DI VISTA SOCIOLOGICO, POLITICO ED EMOTIVO... IL RITMO VA IN CRESCENDO ED INCALZA, TENENDO LO SPETTATORE ATTENTO ALLO SCHERMO, GRAZIE ANCHE A L'OTTIMA INTERPRETAZIONE DELLA REGINA (H. MIRREN) E DEL PRIMO MINISTRO BLAIR (M. SHEEN), DI FATTI PER QUALCUNO, NON A TORTO, AVREBBERO MERITATO QUALCOSA IN PIU' A VENEZIA... FORSE C'E' UN OPINABILE AUTOREFERENZIALISMO BRITANNICO, MA STA DI FATTO CHE E' STATO UN AVVENIMENTO CHE HA LASCIATO IL SEGNO, A SUO MODO STORICO...
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carmen
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martedì 19 settembre 2006
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apologia della corona
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Un film inutile ma tutt' altro che scontato. Eh sì, non ci si aspettava proprio da Stephen Frears che realizzasse un film così "politically correct", ossequioso fino allo spasmo delle autorità britanniche e che si concede l'unico lusso di fare il verso alla mogle del Primo Ministro inglese.
Molto probabilmente si sentiva la necessità di risollevare le sorti di una monarchia che ha raggiunto il minimo storico di popolarità nel periodo post-mortem di Lady D.
A voi il verdetto!
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eva
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lunedì 18 settembre 2006
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regina di premi?
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Il rischio era evidente, come testimoniano anche i numerosi avvocati spediti dalla casa reale alla proiezione di Venezia, vale a dire quello di rendere il film sulla regina Elisabetta un pastiche fondato sul gossip e su teorie del complotto che ciclicamente vengono riproposte per spiegare la strana morte di Diana. invece Frears non ci casca, e complice uno splendido cast di attori che riesce a supplire alle somiglianze non sempre perfette, realizza un film intelligente, toccante e ironico che rivela il conflitto che si agita pure nell'anima di un inglese, sia pure di larghe vedute: da un lato il rifiuto - logico - per le chiusure e l'anacronismo dell'istituzione monarchica, dall'altro il sentimento quasi edipico e comunque pregno di gratitudine che lega alla regina i suoi sudditi.
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Il rischio era evidente, come testimoniano anche i numerosi avvocati spediti dalla casa reale alla proiezione di Venezia, vale a dire quello di rendere il film sulla regina Elisabetta un pastiche fondato sul gossip e su teorie del complotto che ciclicamente vengono riproposte per spiegare la strana morte di Diana. invece Frears non ci casca, e complice uno splendido cast di attori che riesce a supplire alle somiglianze non sempre perfette, realizza un film intelligente, toccante e ironico che rivela il conflitto che si agita pure nell'anima di un inglese, sia pure di larghe vedute: da un lato il rifiuto - logico - per le chiusure e l'anacronismo dell'istituzione monarchica, dall'altro il sentimento quasi edipico e comunque pregno di gratitudine che lega alla regina i suoi sudditi. Questo è il caso del Blair del film, che pur dichiarando pubblicamente la sua stima per la defunta Diana, fa poi di tutto per salvare la faccia della regina nella terribile settimana che seguì l'incidente di Parigi. Ci riuscirà, guidando paradossalmente lui quella regina che lo avrebbe dovuto illuminare coi suoi consigli. Ma questa Elisabetta appare non meno della stessa Diana vittima di un'asfissiante etichetta, che le impedisce di esprimere in modo normale ciò che prova, abituata a pensare che il compito di un sovrano è quello di non manifestare sentimenti. Sarà il doloroso episodio di un cervo a sbloccare e rivelare l'animo di Elisabetta, circondata da un figlio (Carlo) progressista per aver salva la vita, un marito ottusamente astratto dal mondo e dalla madre che pregusta il suo funerale e non vuole certo che una come Diana, ormai fuori dalla casa reale, le rubi lo schema della cerimonia. Se dunque è facile capire cosa e chi offra lo spiraglio all'ironia, Helen Mirren offre il volto, il corpo e la voce ad ogni genere di espressione, magari ipotecando dopo la coppa Volpi pure qualcosa d'altro. se lo meriterebbe.
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[+] regina d'ipocrisia
(di sovietsniper762)
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domenica 17 settembre 2006
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cervi imperiali
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L’Elisabetta II di Stephen Frears ha ben poco in comune con il suo primo ministro, Tony Blair, e molto invece con un altro carismatico socialista dello schermo, l’ultimo vero re di Francia, il Mitterand de Le passeggiate al campo di Marte di Guédeguian: nel lungometraggio francese il ritratto degli ultimi mesi del Presidente malato convergeva nel malinconico congedo da una concezione nobile della gestione del potere, un colto machiavellismo al servizio di alti ideali, in The queen la rievocazione delle reazioni alla morte di Diana Spencer si incentra sulla capitolazione di uno stile di vita, improntato a tradizioni secolari, davanti allo scomposte tendenze esibizionistiche dell’epoca attuale.
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L’Elisabetta II di Stephen Frears ha ben poco in comune con il suo primo ministro, Tony Blair, e molto invece con un altro carismatico socialista dello schermo, l’ultimo vero re di Francia, il Mitterand de Le passeggiate al campo di Marte di Guédeguian: nel lungometraggio francese il ritratto degli ultimi mesi del Presidente malato convergeva nel malinconico congedo da una concezione nobile della gestione del potere, un colto machiavellismo al servizio di alti ideali, in The queen la rievocazione delle reazioni alla morte di Diana Spencer si incentra sulla capitolazione di uno stile di vita, improntato a tradizioni secolari, davanti allo scomposte tendenze esibizionistiche dell’epoca attuale. La sobria ricostruzione mette in luce però non solo la resa alla volgarità contemporanea di una monarchia formale ma anche l’insignificanza della democrazia e della politica considerata come pratica al servizio dei bisogni autentici dei popoli: un laeder laburista definendo una reginetta del jet-set internazionale “principessa del popolo” definisce beffardamente pure se stesso. La celestiale Helen Mirren, meritoriamente premiata con la Coppa Volpi, conferisce con la sua interpretazione un sofferto e sofisticato stoicismo alla sovrana che assume su di sé, fra l’incomprensione generale, tutto il peso di una battaglia persa in partenza contro la subdola tirannia mediatica planetaria: i reali non hanno più ragion d’essere, perché in un totalitarismo senz’anima si è solo sudditi. Con grande rispetto per vicende personali Frears fa del contrasto fra la spettacolarizzazione dei sentimenti e la volontà di difendere gli spazi del privato il vero cuore del contrasto fra Lady D. ed Elisabetta: la tensione si dissolve nella riconciliazione apparente suggerita da un popolare Tony Blair, incarnazione senza scarti del borghese medio, il quale subisce il carisma della corona e il fascino della donna e nel contempo impersona il normale buon senso del politico dei giorni nostri, asservito ai sondaggi e all’ opinione pubblica umorale. The queen guarda comunque lontano e oltre i protagonisti degli eventi raccontati ed è espressione del rimpianto per un universo di simboli e valori tristemente anacronistici: la regina prima di lasciare Balmoral e di ottemperare, senza sentirli, agli obblighi nei confronti del feticcio delle folla, va a rendere omaggio a un bellissimo cervo imperiale, ucciso durante la caccia da un banchiere della City e celebra, senza clamori, un rito funebre intimo, il suo, prima di accettare di sopravvivere salvaguardando la dignità di ciò che rappresenta; del resto, mentre, entrando in cucina fra cuochi e camerieri, chiede scusa per il disturbo, ha già reso chiaro il perché essere monarchici in Inghilterra è un'altra cosa.
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