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martina bady
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domenica 4 marzo 2007
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diario di un segreto
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Le nostre coscienze talvolta si scomodano di predicare il silenzio,di calare un panno obliato di reticenza sui risvolti più profondi del nostro animo,di trattenere l'impulso di violare un segreto altrui o di segretare il contenuto di una violazione importante....
E' quello che accade alle due maestrine fustigate Barbara e Sheba,protagoniste occasionali di uno scandalo da loro stesse partecipato con sfumature emotive troppo distanti per non collidere:dall'una(Barabara)è strumentalizzato per cementare un' unione instabile sotto l'imperativo della minaccia psicologica,dall'altra(Sheba)è vissuto con lo stordimento stupefatto di chi s'abbandona anima e corpo ad una relazione pericolosa e potenzialmente esplosiva.
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Le nostre coscienze talvolta si scomodano di predicare il silenzio,di calare un panno obliato di reticenza sui risvolti più profondi del nostro animo,di trattenere l'impulso di violare un segreto altrui o di segretare il contenuto di una violazione importante....
E' quello che accade alle due maestrine fustigate Barbara e Sheba,protagoniste occasionali di uno scandalo da loro stesse partecipato con sfumature emotive troppo distanti per non collidere:dall'una(Barabara)è strumentalizzato per cementare un' unione instabile sotto l'imperativo della minaccia psicologica,dall'altra(Sheba)è vissuto con lo stordimento stupefatto di chi s'abbandona anima e corpo ad una relazione pericolosa e potenzialmente esplosiva...
Senza che nessuna delle due amiche sia sottoposta ad una criminalizzazione etico-morale senza appello.
Davvero un'ottima triangolazione regista-attrici-sceneggiatura...
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lo
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venerdì 2 marzo 2007
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l'ira di saffo
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Era dai tempi di Misery non deve morire che non si vedeva una donna di mezza età tanto inquietante come la cupa insegnante interpretata da Judy Dench in questo film. La vecchia Barbara, chiusa nella sua blindata solitudine, vede ritornare il colore sulla sua grigia realtà nel biondo angelico dei capelli della giovane collega Sheba.
Il regista Richard Eyre si addentra nella mente contorta di un’apparentemente banale professoressa londinese, talmente permeata da quei valori della media borghesia che tanto detesta, da negare perfino a sè stessa l’ammissione della sua tendenza saffica. E il tentativo di superare questa frustrazione, la smania di imprigionare la “fatina” Cate Blanchett, porterà la rigida insegnante a ricorrere ai mezzi più abbietti, in un torbido intrigo di sentimenti e circostanze scrupolosamente registrati sulle pagine di un diario.
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Era dai tempi di Misery non deve morire che non si vedeva una donna di mezza età tanto inquietante come la cupa insegnante interpretata da Judy Dench in questo film. La vecchia Barbara, chiusa nella sua blindata solitudine, vede ritornare il colore sulla sua grigia realtà nel biondo angelico dei capelli della giovane collega Sheba.
Il regista Richard Eyre si addentra nella mente contorta di un’apparentemente banale professoressa londinese, talmente permeata da quei valori della media borghesia che tanto detesta, da negare perfino a sè stessa l’ammissione della sua tendenza saffica. E il tentativo di superare questa frustrazione, la smania di imprigionare la “fatina” Cate Blanchett, porterà la rigida insegnante a ricorrere ai mezzi più abbietti, in un torbido intrigo di sentimenti e circostanze scrupolosamente registrati sulle pagine di un diario.
Questo film è profondamente disturbante, poichè costringe lo spettatore a mettere in discussione parte della propria integrità, a chiedersi fino a che punto si sarebbe disposti ad arrivare, per raggiungere ciò che per noi sembra essere la chiave della felicità.
In fondo, sia l’aspra Barbara che l’eterea Sheba, non fanno altro che aggrapparsi disperatamente a qualcosa (o qualcuno) che le strappi dalla profonda solitudine della loro vita apparentemente normale.
Riuscire a rendere una tale complessità di stati d’animo, senza rimanere arenati nel banale clichè del ricatto sessuale è un’impresa tutt’altro che semplice. Ma il regista se la cava egregiamente, aiutato dall’efficace sceneggiatura del talentuoso Patrick Marber (già autore di Closer) e dalle performance assolutamente impeccabili delle due protagoniste.
Tutto è in equilibrio perfetto. 92 minuti di apnea, durante i quali si teme l’arcigna Barbara e ci si innamora follemente dell’abbagliante Sheba, senza che il giudizio riesca mai a schierarsi definitivamente dalla parte dell’una o dell’altra.
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(di wale_ntina)
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giovedì 1 marzo 2007
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io ho assistito a delle scene doppiate
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Il film è stato doppiato alla Fono Roma,non posso dirvi altro ,ma il film è bellissimo e quindi vi consiglio di andarlo a vedere!
Il regista è stato molto bravo,perchè ha messo come tema principale una cosa che succede raramente ,ma succede e cioè una relazione alunno-insegnante.
Sono stato molto fortunato ad asstistere al doppiaggio di questo film. Questa è la prima volta che assisto dal vivo ad un doppiaggio.I doppiatori sono stati bravissimi!
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anakin
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lunedì 26 febbraio 2007
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la recitazione non basta....
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Questo è il classico film che punta tutto sulla prova attoriale dei protagonisti ma non puo' bastare...La colonna sonora poi cerca in ogni modo di creare un stato ansiogeno che se non accompagnato dalle immagini, rimane fino a se stesso..L'unico punto degno di tutto il film è lo scontro tra le due attrici a segreto svelato..poteva essere un ottimo romanzo ed infatti ne ricalca la struttura ma il cinema è un'altra cosa e la sceneggiatura è troppo fiacca!!!
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riccardo billia
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lunedì 26 febbraio 2007
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l'amore può distruggere
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Le prime immagini che scorrono sul grande schermo ci suggeriscono che assisteremo ad un'opera che ha una consistenza rara nel suo svilupparsi: una scrittura brillante, tagliente, sottilmente e dichiaratamente morbosa, che se ne infischia di alcuni involucri posticci che avvolgono alcuni film basati su tematiche scottanti.
Chi ha visto "Closer" di Mike Nichols due anni fa intuisce che la penna autrice di questa sceneggiatura con i fiocchi è di Patrick Marber; la sua dirompenza oltraggiosa e spiritosa al contempo s'incarna nel corpo e soprattutto nella mente di quella magnifica creatura del teatro inglese(e poi del cinema)che è Judi Dench. Il premio Oscar per "Shakespeare in Love" è il diario narrante del film.
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Le prime immagini che scorrono sul grande schermo ci suggeriscono che assisteremo ad un'opera che ha una consistenza rara nel suo svilupparsi: una scrittura brillante, tagliente, sottilmente e dichiaratamente morbosa, che se ne infischia di alcuni involucri posticci che avvolgono alcuni film basati su tematiche scottanti.
Chi ha visto "Closer" di Mike Nichols due anni fa intuisce che la penna autrice di questa sceneggiatura con i fiocchi è di Patrick Marber; la sua dirompenza oltraggiosa e spiritosa al contempo s'incarna nel corpo e soprattutto nella mente di quella magnifica creatura del teatro inglese(e poi del cinema)che è Judi Dench. Il premio Oscar per "Shakespeare in Love" è il diario narrante del film. Assume i panni di Barbara Covett, un'insegnante oppressa dalla solitudine, dall'alienazione della felicità, che percepisce la voce degli angeli appena scorge la figura della splendida sua nuova collega Cate Blanchett. Tra le due donne s'instaura un legame che però presenta delle finalità ben diverse per entrambe: per Shyba (la Blanchett) Barbara è solo una nuova amica alla quale mostrare quanto sia rassicurante (ma non appagante) la condizione familiare alto-borghese: per la seconda, Shyba è la passione, l'amore carnale che non ha ancora trovato una forma umana d'appagamento nella sua longeva esistenza. Un episodio però smuove sensibilmente gli equilibri.
Shyba perde il controllo dei sensi quando un ragazzino di 15 anni la corteggia come un'adolescente; la trasgressione li sovrasta ben presto rifugiandosi in un turbine di scandaloso sesso. Barbara ne diventa presto una testimone scomoda. L'ira della donna si traveste in un'ossessione che la porterà a disintegrare la vita dell'avvenente Shyba. Ma la redenzione morale non avrà vincitori, bensì solo vinti.
Pensavamo che Judi Dench avesse già dimostrato sufficientemente la sua poliedrica natura d'attrice. Invece questo film ci fa ancora il regalo di lascarci a bocca spalancata. Le sue occhiate, le sue movenze, le sue posture hanno della magia raramente rintracciabile in circolazione. Ma tutto il resto del cast ha una pregnanza notevole: l'australiana Blanchett disegna con classe un personaggio che "sopravvive" in un castello di sabbia e Bill Nighy, malgrado il ruolo pressochè marginale, ci ricorda che anche un'apparente semplice espressione del viso può dar vita a scenari di multipli significati.
Il regista inglese Richard Eyre ("Iris"), con stile asciutto ed essenziale, ha la bravura di rivelare in un'ora e mezza di film un ibrido di quei sentimenti che da millenni muovono il globo terrestre. Se il risultato è di forte spessore il principale merito consiste di una scrittura dai palati molto fini legittimamente candidata all'Oscar. E ci mancherebbe.
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furù
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domenica 25 febbraio 2007
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uellà!
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Una pellicola con alte pretese, questo ci si poteva aspettare dall'atteso film di Eyre. Ma dopo la visione,jchfdbgvvvfsfgbnsnb zsn mjkjyt
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(di biribiri)
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mordy
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venerdì 23 febbraio 2007
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veramente molto bello
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a mio parere un bellissimo film con una regia perfetta e con un mix di immagini ma sopratutto musiche che mi hanno tenuto sempre attento e in certi casi quasi ansioso...
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