Quel lunghissimo viaggio da Marsiglia alla Mecca
di Roberto Nepoti La Repubblica
Non c'è niente di più intimo dell'abitacolo di un'automobile, nel corso di un lungo viaggio. Però si tratta d'intimità forzata per Reda e suo padre, emigrato in Francia dal Marocco: mentre il giovane proietta sul mondo una visione laica, che lo ha allontanato dalle tradizioni religiose della famiglia, l'uomo anziano desidera realizzare l'aspirazione di ogni buon musulmano: andare in pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita.
Rappresentanti esemplari di un conflitto generazionale, padre e figlio salgono in auto a Marsiglia, traversano i Balcani, giungono a Istanbul, quindi proseguono per Damasco e la Mecca, dove sta confluendo un'enorme folla di fedeli.
Gli inizi sono difficili: mentre il giovane pensa al sesso e non disdegna l'alcol, l'altro si raccoglie in preghiera vagheggiando solo la meta.
Se lo schema dell'itinerario on-the-road comporta qualche incontro picaresco (una vecchia donna, un tipo poco raccomadabile), anche per movimentare il racconto, a prevalere è l'evoluzione del rapporto tra i due protagonisti; nel tratteggiare la quale il regista e sceneggiatore Ismael Ferroukhi, pur senza lasciarsi andare al buonismo, usa un tocco benevolo e lieve ad onta delle profonde differenze. Che si attenueranno grazie al contatto prolungato; così che Reda riesca a trovare qualcosa in cui riconoscersi nel tradizionalismo paterno; il vecchio possa cominciare ad accettare la trasformazione rappresentata dal figlio.
Pur peccando di qualche lentezza e discontinuità, Il grande viaggio è un film riuscito, gentile e fatto con amore.
Da La Repubblica, 5 maggio 2006
di Roberto Nepoti, 5 maggio 2006