f.vassia 81
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giovedì 1 luglio 2010
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sempre scorsese, ma con intoppi
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L'inizio è folgorante: Scorsese evoca in modo straordinario la Hollywood " Babilonia " degli anni Venti-Trenta, e sembra proiettarci, con la consueta, geniale abilità di regista-narratore, in una storia davvero eccezionale. Poi qualcosa s'intoppa, nella sceneggiatura, che si fa sempre più piatta, banale, addirittura insulsa ( tanto più che gli aspetti più negativi della vita di Hughes, come le simpatie fasciste, vengono tralasciati ); in questo modo, diventa inevitabile vedere i pur innegabili singoli pezzi di bravura del regista come un disperato tentativo di mantenere in vita una storia che, inesorabilmente, perde mordente scena dopo scena.
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L'inizio è folgorante: Scorsese evoca in modo straordinario la Hollywood " Babilonia " degli anni Venti-Trenta, e sembra proiettarci, con la consueta, geniale abilità di regista-narratore, in una storia davvero eccezionale. Poi qualcosa s'intoppa, nella sceneggiatura, che si fa sempre più piatta, banale, addirittura insulsa ( tanto più che gli aspetti più negativi della vita di Hughes, come le simpatie fasciste, vengono tralasciati ); in questo modo, diventa inevitabile vedere i pur innegabili singoli pezzi di bravura del regista come un disperato tentativo di mantenere in vita una storia che, inesorabilmente, perde mordente scena dopo scena. Il film, insomma, pur con i suoi grandi momenti, ha sostanzialmente fallito nel suo proposito di farci rimanere affascinati da una figura abnorme (nelle ambizioni, nei pregi, nelle manie) che forse, per essere raccontata al meglio, avrebbe avuto bisogno di Orson Welles; il quale, in effetti, s'ispirò in parte proprio a Hughes per il suo Kane. E pensare che la prova di DiCaprio è convinta ed efficace; quanto al resto del cast, la Blanchett è perfetta nei panni della Hepburn, mentre gli altri non sono particolarmente degni di nota, specie i sacrificati Law e Dafoe.
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serpico
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domenica 30 gennaio 2005
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il film non "decolla" ...
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Tanto per esser chiari, diciamo subito una cosa: se il prossimo 27 febbraio Martin Scorsese si porterà a casa il suo primo Oscar, il sottoscritto sarà il primo ad applaudire, e ci mancherebbe altro! Nella sua pluridecennale carriera il grande regista americano ha diretto capolavori assoluti (inutile ricordare quali) e certamente non merita di continuare a far parte della “lista nera” dei “dimenticati” dall’ Academy. Il fatto, però, che il premio gli venga assegnato per un film come “The Aviator” lascia molti dubbi sull’effettivo valore (aldilà dell’aspetto commerciale) della prestigiosa statuetta… Già, perché questo filmone vecchio stile, lungo, prolisso e verboso, di sicuro non lascerà traccia nella filmografia di Scorsese.
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Tanto per esser chiari, diciamo subito una cosa: se il prossimo 27 febbraio Martin Scorsese si porterà a casa il suo primo Oscar, il sottoscritto sarà il primo ad applaudire, e ci mancherebbe altro! Nella sua pluridecennale carriera il grande regista americano ha diretto capolavori assoluti (inutile ricordare quali) e certamente non merita di continuare a far parte della “lista nera” dei “dimenticati” dall’ Academy. Il fatto, però, che il premio gli venga assegnato per un film come “The Aviator” lascia molti dubbi sull’effettivo valore (aldilà dell’aspetto commerciale) della prestigiosa statuetta… Già, perché questo filmone vecchio stile, lungo, prolisso e verboso, di sicuro non lascerà traccia nella filmografia di Scorsese. Verrebbe da chiedersi, semmai, il motivo per cui il grande Martin, ultimamente, non ne infila una… ma questa è un’altra storia. Parliamo, invece, di “The Aviator”, ennesimo biopic arrivato nelle sale in questo scorcio di stagione. Il fatto che questi film siano ormai tanto di moda è il segnale lampante della crisi di idee e di coraggio che sta attraversando l’industria hollywoodiana: visto, cioè, che non si riesce a produrre niente di nuovo, non resta che affidarsi alle biografie di personaggi celebri, tanto per andare sul sicuro… E così, dopo Alessandro Magno e Ray Charles, ecco arrivare al cinema la storia di Howard Hughes, magnate texano del petrolio che, ereditata da giovanissimo l’azienda di famiglia, si mise in testa di diventare (secondo quanto scritto nel suo diario): 1) il più grande golfista del mondo 2) il miglior pilota di aerei 3) il miglior produttore di film… “The Aviator” è un film classico, con tutti i pregi (pochi) e i difetti (molti) di tutti i film biografici: è una pellicola piatta, monocorde, noiosa e troppo lunga. Ci sono, naturalmente, dei momenti di grande cinema (Scorsese è sempre Scorsese), vedi le scene iniziali (quelle che ripercorrono la lavorazione di “Hell’s angels”) o quelle che ricostruiscono le acrobazie volanti del protagonista (incidenti compresi). Ma sono, appunto, solo dei momenti in quasi tre ore di proiezione dove troppo spesso si guarda l’orologio e dove quasi mai ci si emoziona veramente. Lo scopo del regista era chiaro: fare un film che celebrasse la Grande Hollywood di una volta, quella degli anni ’20-’40, un mondo rutilante e davvero magico, fatto di divismo, locali notturni, abiti e macchine di lusso, personaggi eccentrici proprio come Howard Hughes… Un mondo dove ci si poteva trovare a cena, contemporaneamente, insieme a Jean Harlow e Katherine Hepburn, e magari portarsele a letto oppure fare un giretto in aereo in una Los Angeles notturna ed elegantissima… Altri tempi, altre storie… Ma lo spento Scorsese di oggi non riesce a farci assaporare neppure un grammo di quella polvere di stelle. E la colpa, va detto, è anche degli attori protagonisti: di Leonardo Di Caprio vorremmo dire tutto il bene possibile, perché è un bravo attore (e anche molto sottovalutato), ma qui è quasi insopportabile nella sua recitazione sempre costantemente sopra le righe, del tutto innaturale. E anche i tanto strombazzati camei delle altre star lasciano decisamente a desiderare, risultando del tutto estranei al film: da quello di Kate Beckinsale/Ava Gardner, quello di Gwen Stefani/Jean Harlow e quello di Alec Baldwin/Juan Tripp, boss della PAN-AM. L’unica che si salva è la brava Cate Blanchett che riesce a regalarci un magnifico ritratto (anche se non troppo veritiero) della grande Katherine Hepburn. Insomma, per farla breve, “The Aviator” è un kolossal che, ironia della sorte, non riesce proprio a decollare, esattamente come l’Hercules, l’ultimo aereo ideato da Hughes, emblema della sua megalomania. E’ un film irrisolto, impalpabile, dove le uniche scene che si ricordano sono proprio quelle girate nei cieli di Los Angeles, dove il protagonista amava librarsi in volo e lasciare a terra le brutture del mondo… Bei momenti, certo, ma per uno come Scorsese è davvero troppo poco.
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sestertia
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domenica 6 febbraio 2005
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la noia vola alta....
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Un film che non appassiona e non coinvolge, al massimo incuriosisce la storia (vera) di Howard Hugs, la sua megalomania, le sue stranezze, ma niente di più che semplice curiosità e, diciamolo pure, per tre ore di film e undici nominations all'Oscar questo ci sembra veramente poco.
Tre ore di noia assoluta in cui vediamo Di Caprio cambiare fidanzate e aerei, soffrire al pensiero di germi e malattie varie, ma non riusciamo nonostante tutto a entrare veramente nel suo spirito e nella sua vicenda umana, restando tutto il tempo spettatori di una storia che non avvince.
Notevole l'impegno degli attori, tra cui spicca senza dubbio Cate Blanchette, capace di restituirci un'immagine fedele e non semplicemente imitata di Catherine Hepburn.
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