iuriv
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venerdì 31 luglio 2015
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fiacco.
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Wenders prova a raccontare la sua versione dell'America post 11 settembre attraverso l'avventura di un reduce del Vietnam fissato con il pericolo del terrorismo e della giovane nipote missionaria.
Però l'impressione è che il messaggio scavalchi la narrazione, relegando la storia a semplice sfondo. Probabilmente ciò è dovuto alla eccessiva caratterizzazione dell'ex-militare Paul, ossessionato dall'idea di fare qualcosa per il suo paese fino a sfiorare la paranoia. Non è un protagonista privo di interesse, ma l'eccesso con il quale è stato tratteggiato costringe tutto il resto a soggiacere alla sua figura.
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Wenders prova a raccontare la sua versione dell'America post 11 settembre attraverso l'avventura di un reduce del Vietnam fissato con il pericolo del terrorismo e della giovane nipote missionaria.
Però l'impressione è che il messaggio scavalchi la narrazione, relegando la storia a semplice sfondo. Probabilmente ciò è dovuto alla eccessiva caratterizzazione dell'ex-militare Paul, ossessionato dall'idea di fare qualcosa per il suo paese fino a sfiorare la paranoia. Non è un protagonista privo di interesse, ma l'eccesso con il quale è stato tratteggiato costringe tutto il resto a soggiacere alla sua figura. Il personaggio di contrasto interpretato da una, per una volta, poco irritante Michelle Williams, si trasforma così in mero strumento per far avanzare una trama poco interessante. L'assenza di scintille tra i due si sente e toglie mordente alla vicenda, che privilegia l'esposizione delle paure e delle difficoltà di Paul e dell'ambientazione.
E' vero che si tratta di un film fortemente legato al suo spazio-tempo. Il regista mette in scena gli Stati Uniti ancora frastornati dagli attentati, con tutte le loro contraddizioni e la pellicola sembra dedicata espressamente al pubblico americano di quel periodo. Lo dimostra la scelta del reduce messo da parte dallo stato, ma che cerca comunque di fare la sua parte, seppur in preda alla paranoia, che è un clichè piuttosto abusato negli States. Così come lo conferma la mini sequenza on the road (altro grande classico) nel finale che, forse, rappresenta l'apprezzamento di Wenders verso una terra che, nonostante tutto, può ancora dare molto al mondo.
La visione paga una scorrevolezza penalizzata da una trama davvero poco fluida. La storia che passa in sottofondo riscuote scarso interesse a causa del minimo spazio che viene dato ai personaggi di contorno. E questo naturalmente non consente all'insieme di funzionare come dovrebbe.
Con tutte le giustificazioni del caso e anche con la bella fotografia accompagnata da una colonna sonora indovinata, questo è un film che non lascia nulla dietro di se. E per un regista di questo calibro è un vero peccato.
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giorpost
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martedì 5 agosto 2014
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lo smarrimento post 11/9 attraverso wenders
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Wim Wenders non è un regista qualsiasi, appartiene a quella categoria di cineasti visionari, poetici e sognatori, ma non sempre ha centrato l’ obiettivo e questo, notoriamente, capita anche ai grandi. Nella sua filmografia c’è un nugolo di pellicole ambientate e girate negli Stati Uniti, tra i quali spiccano Paris, Texas e Million dollar Hotel, ai quali è seguito nel 2004 La terra dell’ abbondanza (Land of Plenty), un film incentrato sui fatti dell’ 11 settembre, con attenzione particolare a quel patriottismo nato o rinvigoritosi tra i bianchi americani (specialmente se si tratta di soldati e veterani) durante i mesi e gli anni immediatamente successivi all’ evento.
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Wim Wenders non è un regista qualsiasi, appartiene a quella categoria di cineasti visionari, poetici e sognatori, ma non sempre ha centrato l’ obiettivo e questo, notoriamente, capita anche ai grandi. Nella sua filmografia c’è un nugolo di pellicole ambientate e girate negli Stati Uniti, tra i quali spiccano Paris, Texas e Million dollar Hotel, ai quali è seguito nel 2004 La terra dell’ abbondanza (Land of Plenty), un film incentrato sui fatti dell’ 11 settembre, con attenzione particolare a quel patriottismo nato o rinvigoritosi tra i bianchi americani (specialmente se si tratta di soldati e veterani) durante i mesi e gli anni immediatamente successivi all’ evento. Una storia che vede John Diehl efficacemente calato nella parte di Paul, sergente addetto alla sicurezza nazionale, affiancato dall’ inespressività di Michelle Williams nel ruolo della nipote Lanna, volontaria in una missione per senzatetto.
La narrazione è semplice, meno onirica di quanto Wenders ci abbia abituati in passato, senza virtuosismi, un’ opera dal basso profilo dato ai personaggi, anche quelli secondari che spesso hanno invece donato ai suoi lavori quel tocco in più, un film che scorre lento verso una non soluzione, attraverso piccoli o tragici avvenimenti seguiti (e spiati) attraverso le telecamere ed i microfoni installati sul vecchio e innocuo furgone di Paul, intento a trovare cellule dormienti in giro per la California. Lasciando perdere l’ introspezione dei personaggi, non troppo approfondita, direi che Wenders ha voluto più che altro dire la sua sulle conseguenze dei tragici fatti di quel giorno divenuto storico e di come si sia sviluppata, in tutti gli Stati federali, una fobia preventiva verso l’ arabo, verso lo straniero. Basta sorprendere un ignaro cittadino nullatenente, ma di chiare origini arabe, con delle scatole di borace tra le mani per far scattare l’ allarme su eventuali piste jihadiste e su covi di terroristi intenti a costruire bombe sporche, pronti a fare morti civili in ogni dove e ad ogni quando; basta un ‘Mohammed Atta qualsiasi’ per raggiungere l’ obiettivo. Ma l’ apparenza non ha mai ingannato tanto un popolo come quello statunitense dopo il crollo delle Torri Gemelle, un vortice inarrestabile nel quale sono precipitati milioni di cittadini spaventati dalle armi di distruzioni di massa mai trovate di Saddam, dalla finta boccetta di antrace di Powell, da un cumulo di storie e fatti messi insieme per generare una contrapposizione ideologica tra occidente e mondo arabo che ha avuto come plausibile scopo quello di giustificare nuove colonizzazioni, nuove guerre.
Land of plentynon ha il carisma di pellicole quali La 25ma ora di Spike Lee e non pretende di confrontarsi con Michael Moore, è soltanto un viaggio triste di un uomo solo a bordo di un furgone che lotta contro i demoni derivati dalla guerra del Vietnam cui ha partecipato, contro un’ ansia feroce dovuta a Bin Laden, contro il diverso (un odio che sfiora la xenofobia) e contro quella ossessiva meticolosità che applica nel suo lavoro. Diehl riesce comunque a sostenere, anche se a tratti, lo sguardo e le idee di Wenders; lo stesso non posso
dire per la Williams, assolutamente inappropriata al ruolo, interpretato quasi apaticamente e scegliendo di mostrare un viso ed un’ espressione che provocano quasi irritazione in chi osserva e spera nella svolta che, obiettivamente, non riuscirà a farsi strada, ma non solo per causa sua. Resta, tuttavia, quel senso di smarrimento, trasmesso anche allo spettatore, quando si legge sul volto di Paul tutta la delusione del mondo nel realizzare che quella pista seguita spasmodicamente altro non era che un colossale granchio, una casa abitata da un’ anziana disabile alla ricerca di qualcuno che riuscisse a cambiargli il canale TV (una scena, se vogliamo, ironica e beffarda allo stesso tempo).
La chiosa del film ci mostra il cantiere di Ground Zero ancora agli inizi, mentre Paul e nipote, di nuovo riuniti dopo anni, s’ interrogano sulle proprie certezze e sulle inquietudini che a volte ci vengono imposte e costruite su misura.
Un film che in quella prima sequenza tra belle immagini e ottima musica promette bene, così come l’ idea di base ed anche per tutta la splendida colonna sonora, come consuetudine per il regista tedesco; lasciano però a desiderare lo script e l’ evolversi della storia, con pochi cambi di direzione (quasi assenti) e rari sussulti; così così la fotografia. La morale c’è, scontata, ma c’è e questo assolve il cineasta e consente di non bollare questo lavoro come scarso, sia per quanto accennato ma anche per le belle riprese dei paesaggi circostanti Los Angeles e perché, soprattutto, quel senso di smarrimento provato dal protagonista è lo stesso che, in un modo o nell’ altro, abbiamo provato tutti in quei mesi, anche se in certi casi è risultato difficile ammetterlo, anche nei confronti di noi stessi.
Voto: 6+
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bdmet
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lunedì 4 giugno 2012
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bello!!
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fedeleto
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martedì 17 gennaio 2012
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che ne e' stato del sogno americano?
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Dopo la tragedia dell 11 settembre,Paul e' un uomo alla ricerca di vendetta,e passa le sue giornate all'interno di un camion dove ha messo un sistema di sicurezza che sorveglia le strade.Nel frattempo sua nipote torna da Tel Aviv e vorrebbe reincontrarlo e aiutarlo,ma solo dopo varie delusioni e soprattutto dopo un caso di omicidio scoprira' che in realta' non c''e' questa realta' di terrorismo ovunque ma forse a volte e' solo dentro di noi.Un grande Wim Wenders(Paris Texas,il cielo sopra Berlino,Fino alla fine del mondo) che analizza il problema dell'america dopo quella tragedia mondiale,e si cimenta in una storia che ha buoni propositi e presupposti, come quello di far vedere un'america ancora in crisi e circondata da un terrore di essere in pericolo costante,ma il discorso finale tra la nipote e Paul ,dimostra come in realta' il vero messaggi sia quello di allontanare quest'odio,un buon film con ottimi propositi.
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Dopo la tragedia dell 11 settembre,Paul e' un uomo alla ricerca di vendetta,e passa le sue giornate all'interno di un camion dove ha messo un sistema di sicurezza che sorveglia le strade.Nel frattempo sua nipote torna da Tel Aviv e vorrebbe reincontrarlo e aiutarlo,ma solo dopo varie delusioni e soprattutto dopo un caso di omicidio scoprira' che in realta' non c''e' questa realta' di terrorismo ovunque ma forse a volte e' solo dentro di noi.Un grande Wim Wenders(Paris Texas,il cielo sopra Berlino,Fino alla fine del mondo) che analizza il problema dell'america dopo quella tragedia mondiale,e si cimenta in una storia che ha buoni propositi e presupposti, come quello di far vedere un'america ancora in crisi e circondata da un terrore di essere in pericolo costante,ma il discorso finale tra la nipote e Paul ,dimostra come in realta' il vero messaggi sia quello di allontanare quest'odio,un buon film con ottimi propositi.
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paola
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giovedì 5 giugno 2008
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una giusta visione sull'america
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Gli ultimi film di Wim Wenders hanno avuto brutte critiche...
Anche "la terra dell'abbondanza" non è stato giudicato bene come i suoi primi film.
La terra dell'abbondanza è invece molto significativo,e non si sa il perchè,ma non è stato forse capito.
Bisogna invece vedere questa volta il contesto del film,e Wim Wenders ha una giusta visione dell'America. Gli ultimi film di Wenders si basano molto sul sociale,ma sono d'accordo sul fatto che non siano belli quanto i primi,per esempio "Paris,Texas","Non bussare alla mia porta","Lisbon Story","Alice nelle città",ecc.
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wenders
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giovedì 7 giugno 2007
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wenders
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nigel mansell
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venerdì 14 aprile 2006
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l'america vista dagli americani
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L'America o meglio gli Stati Uniti d'America e quello che rappresentano nel mondo e per gli statunitensi stessi, simbolo del bene e del male.
Fotografia ottima, prima l'america grandiosa i grattacieli coperti dalle nuvole le freeways e poi la periferia degradata di Los Angeles, i poveri e gli indigenti, di tutte le razze di ogni parte del mondo: l'america non bisogna dimenticarlo è anche questo.
L'america è raccontata tramite gli occhi di due americani, lo zio e la giovane nipote. Lui ferito e paranoico ossessionato dai terroristi e dalla sconfitta in Vietnam, lei entusiasta di ritorno dopo tanti anni nella sua patria, porta dentro l'odio del mondo contro una nazione sempre più invadente.
Il film aiuta a riflettere a non generalizzare.
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L'America o meglio gli Stati Uniti d'America e quello che rappresentano nel mondo e per gli statunitensi stessi, simbolo del bene e del male.
Fotografia ottima, prima l'america grandiosa i grattacieli coperti dalle nuvole le freeways e poi la periferia degradata di Los Angeles, i poveri e gli indigenti, di tutte le razze di ogni parte del mondo: l'america non bisogna dimenticarlo è anche questo.
L'america è raccontata tramite gli occhi di due americani, lo zio e la giovane nipote. Lui ferito e paranoico ossessionato dai terroristi e dalla sconfitta in Vietnam, lei entusiasta di ritorno dopo tanti anni nella sua patria, porta dentro l'odio del mondo contro una nazione sempre più invadente.
Il film aiuta a riflettere a non generalizzare...
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ggalletti
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mercoledì 27 luglio 2005
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wenders è sempre wenders
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Quando un regista autore di diversi capolavori si limita a fare un bel film, tanto la critica quanto i fan si limitano a stroncare il nuovo prodotto. Eppure, nel panorama cinematografico mondiale, non mi sembra che Land of Plenty sfiguri più di tanto. Wenders è sempre Wenders, forse più retorico, forse meno visionario, ma sempre affascinante
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bluminda
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giovedì 19 maggio 2005
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ogni cosa ha il suo tempo...
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...e ogni ovvietà (ebbene si anche questa!) il suo momento sotto il sole...c'è un tempo per fare cinema e un tempo per non farlo; c'è un tempo per cercare e uno per credere di aver trovato. Il Wenders de "La terra dell'abbondanza" crede forse di aver suscitato tante domande e, parallelamente forse, di aver offerto possibili risposte; pensa forse di aver "offerto alla vista" qualcosa di profondamente significativo su l'11 settembre...quello che è arrivato a me è stata l'ennesima mattonata, scontata, patetica e imbarazzante su un evento che Wenders ha reso ancora più distante. Ho sperato fino agli ultimi 20minuti del film che uno dei cineasti più poetici e profondi del cinema contemporaneo, potesse sorprendermi; ho aspettato con un mezzo sorriso sul volto e pensavo: .
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...e ogni ovvietà (ebbene si anche questa!) il suo momento sotto il sole...c'è un tempo per fare cinema e un tempo per non farlo; c'è un tempo per cercare e uno per credere di aver trovato. Il Wenders de "La terra dell'abbondanza" crede forse di aver suscitato tante domande e, parallelamente forse, di aver offerto possibili risposte; pensa forse di aver "offerto alla vista" qualcosa di profondamente significativo su l'11 settembre...quello che è arrivato a me è stata l'ennesima mattonata, scontata, patetica e imbarazzante su un evento che Wenders ha reso ancora più distante. Ho sperato fino agli ultimi 20minuti del film che uno dei cineasti più poetici e profondi del cinema contemporaneo, potesse sorprendermi; ho aspettato con un mezzo sorriso sul volto e pensavo: . E invece, a parte qualche inquadratura, tutto è infine risultato piatto e abbastanza banale. Una Michelle Williams carina ma non pregnante come altri personaggi femminili wendersiani sapevano essere. Capirei se si trattasse di una discutibile analisi politico-sociale ma nemmeno su quella ci sono elementi sufficenti per intervenire. Nemmeno sulla trita e ritrita sindrome di un reduce del Vietnam..tragicamente ridicolo senza alcuna chance di miglioramento. Peccato perchè la fotografia e la colonna sonora non sono male...allora sovviene un augurio: che gli Angeli salvino il buon Wim Wenders e lo guariscano dalla larva astrale che lo sta divorando ultimamente! Che possa rientrare finalmente in sè. "Su ciò di cui non si può parlare SI DEVE TACERE" (scusate la citazione privata del suo vero significato e qui strumentalizzata!)...soprattutto se non si ha molto da dire.
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(di bdmet)
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sexykoalabear
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lunedì 27 settembre 2004
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don’t really know who sent me...
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Lana,giovane figlia di missionari rientra a Los Angeles dopo molti anni trascorsi in Israele e si mette in contatto con lo zio Paul,reduce dal Vietnam,impegnato in una paranoica lotta contro eventuali e poco probabili terroristi islamici nei sobborghi di una citta' quasi irriconoscibile.La macchina da presa di Wim Wenders,indaga sull'america post 9/11 con uno sguardo nuovo,tutt'altro che scontato e panoramico di quella parte di america che forse ancora non ci avevano raccontato nei film.Per una volta non c'e' il Grande Cattivo contro l'Indifeso,ci sono finalmente le persone con le loro vicende.E' un film completo.La colonna sonora non poteva essere piu' adatta,la fotografia un capolavoro:Los Angeles,grattacieli e sobborghi,l'aberrante Trona,Lana e la sua danza sul tetto,i tratti del volto di Paul deformati dagli incubi che la notte lo inseguono,vittima egli stesso dell'orrore di una lontana quantomai attuale guerra.
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Lana,giovane figlia di missionari rientra a Los Angeles dopo molti anni trascorsi in Israele e si mette in contatto con lo zio Paul,reduce dal Vietnam,impegnato in una paranoica lotta contro eventuali e poco probabili terroristi islamici nei sobborghi di una citta' quasi irriconoscibile.La macchina da presa di Wim Wenders,indaga sull'america post 9/11 con uno sguardo nuovo,tutt'altro che scontato e panoramico di quella parte di america che forse ancora non ci avevano raccontato nei film.Per una volta non c'e' il Grande Cattivo contro l'Indifeso,ci sono finalmente le persone con le loro vicende.E' un film completo.La colonna sonora non poteva essere piu' adatta,la fotografia un capolavoro:Los Angeles,grattacieli e sobborghi,l'aberrante Trona,Lana e la sua danza sul tetto,i tratti del volto di Paul deformati dagli incubi che la notte lo inseguono,vittima egli stesso dell'orrore di una lontana quantomai attuale guerra.Che ci importa se il finale e' consolatorio?Se non ci dice nulla di particolarmente brillante?In una quotidianita' che fa a pugni con la speranza, quale e' la nostra,un film che propone un possibile incontro di punti di vista diversi (pratica inusuale!),che non e' un documentario e non specula sulle malefatte di Bush merita una certa attenzione.
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