E' evidente che non abbiamo più niente da dirci. In una società in overdose di social network intasati da argomenti inutili e discussioni superficiali, è naturale che quando incontriamo fisicamente una persona le nostre parole sono disintegrate dalle barriere fisiche che opponiamo. Provate a sedervi al tavolino di un bar ed ascoltare le conversazioni delle persone sedute accanto a voi davanti ad un caffè. Il niente. Soldi, il tempo, vestiti, cellulari. Il niente. Mi taccierete di superbia. Non è così. Il niente avvolge anche la vita di chi sta scrivendo. Solo ne sono consapevole. Allora non è forse meglio un puro, pulito, salutare silenzio ? Non è forse meglio risparmiare sillabe e parole per momenti più adeguati e sostituire ai suoni delle corde vocali un divino nulla sonoro ? Andate in un bosco, camminate fin quando le gambe non ce la fanno più, sedetevi in terra e godetevi il silenzio più puro.
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E' evidente che non abbiamo più niente da dirci. In una società in overdose di social network intasati da argomenti inutili e discussioni superficiali, è naturale che quando incontriamo fisicamente una persona le nostre parole sono disintegrate dalle barriere fisiche che opponiamo. Provate a sedervi al tavolino di un bar ed ascoltare le conversazioni delle persone sedute accanto a voi davanti ad un caffè. Il niente. Soldi, il tempo, vestiti, cellulari. Il niente. Mi taccierete di superbia. Non è così. Il niente avvolge anche la vita di chi sta scrivendo. Solo ne sono consapevole. Allora non è forse meglio un puro, pulito, salutare silenzio ? Non è forse meglio risparmiare sillabe e parole per momenti più adeguati e sostituire ai suoni delle corde vocali un divino nulla sonoro ? Andate in un bosco, camminate fin quando le gambe non ce la fanno più, sedetevi in terra e godetevi il silenzio più puro. La vostra anima vi ringrazierà. Il vostro cuore ne sarà purificato e la mente si libererà dai veleni della vita. Tae Suk e Sun Hwa hanno deciso di avere una relazione pura, un aggancio cosmico di silenzio , per un rapporto che può davvero essere pulito perchè non sporcato da soverchie, pregiudizi, equivoci, errori di lingua, offese mancate, lame di saliva. Le case nelle quali entrano sono vuote, glabre da inquinamento umano e il loro rispetto per gli spazi altrui hanno lo stesso valore dei loro silenzi. Evitano di violentare sia lo spazio fisico che quello mentale. L'unica violenza, l'unico sprazzo di umanità sono le palline da golf sparate disperatamente contro colui che , si, fa della violenza fisica la sua ragione di vita. Quei lividi, quelle ferite sono le stesse che provocano parole senza senso, offese mal distribuite, equivoci di articoli che ogni giorno dobbiamo subire senza esserene colpevoli, senza processo, senza accusa. L'insegnamento che Kim Ki Duk ci racconta è che concentrarsi sugli oggetti prendendosi cura di essi, aggiustare ciò che è rotto, curare ciò che è malato ed entrare nel suo essere più profondo può rendere la nostra vita migliore, avere un contatto reale con le persone, che non è più diretto ad un interesse o ad un ritorno materiale, può aiutarci a capire a cosa diavolo serve alzarsi la mattina ed affrontare il mondo. Mangiare, dormire , riprodursi. Ci deve essere altro. Qualcosa di più alto. Come una pallina da golf scagliata con forza da un ferro numero tredici.
www.myoddmovies.wordpress.com
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Difficile dire se il mondo in cui viviamo sia la realtà o un illusione.
Ferro 3 di Kim Ki Duk è, insieme a Dogville di Lars von Trier, il più grande capolavoro dell'ultimo decennio.
Il film è una poesia, un elevazione spirituale, un esperienza fatta di suoni e immagini indimenticabile.
L'amore è rappresentato nei silenzi dei due protagonisti Tae-Suk e Sun-hwa, nei loro gesti, nei loro sguardi;
L'amore è palpabile e riempie il cuore, non ci sono aggettivi per definire ad esempio la bellezza dell'ultima scena, meravigliosa nel suo essere così potente e surreale.
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Difficile dire se il mondo in cui viviamo sia la realtà o un illusione.
Ferro 3 di Kim Ki Duk è, insieme a Dogville di Lars von Trier, il più grande capolavoro dell'ultimo decennio.
Il film è una poesia, un elevazione spirituale, un esperienza fatta di suoni e immagini indimenticabile.
L'amore è rappresentato nei silenzi dei due protagonisti Tae-Suk e Sun-hwa, nei loro gesti, nei loro sguardi;
L'amore è palpabile e riempie il cuore, non ci sono aggettivi per definire ad esempio la bellezza dell'ultima scena, meravigliosa nel suo essere così potente e surreale.
Le prove attoriali sono eccellenti così come la regia,la fotografia e la musica("Gafsa" di Natacha Atlas è semplicemente epica).
Non si può non elogiare anche la scelta di ammutolire i due protagonisti per tutta la durata del film, ciò ci porta alla conclusione del film con le fatidiche parole "Ti amo", che mai come in questo caso assumono un'importanza enorme.
Ferro 3 è un'esperienza incredibile,irripetibile,indelebile, Kim Ki Duk ha creato un piccolo immenso capolavoro.[-]
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Tae Suk è un giovane che passa la vita entrando nelle case che famiglie in vacanza lasciano vuote. Si prende cura degli oggetti che trova dentro, ci trascorre una piccola porzione di vita, dormendo, mangiando e guardando la tv. In una di queste case incontra una donna che subisce maltrattamenti dal marito e che decide di seguirlo nel suo stile di vita. Il ragazzo finirà in prigione dove svilupperà nuove abilità per riprende la storia d’amore con la ragazza.
Il film di Kim Ki Duk colpisce per il silenzio e per una particolare sensazione di leggerezza che risalta dalle movenze dei protagonisti. I dialoghi quasi assenti e una colonna sonora malinconica accompagnano la sensazione di solitudine e il bisogno di amore che caratterizza tutti i partecipanti alla storia.
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Tae Suk è un giovane che passa la vita entrando nelle case che famiglie in vacanza lasciano vuote. Si prende cura degli oggetti che trova dentro, ci trascorre una piccola porzione di vita, dormendo, mangiando e guardando la tv. In una di queste case incontra una donna che subisce maltrattamenti dal marito e che decide di seguirlo nel suo stile di vita. Il ragazzo finirà in prigione dove svilupperà nuove abilità per riprende la storia d’amore con la ragazza.
Il film di Kim Ki Duk colpisce per il silenzio e per una particolare sensazione di leggerezza che risalta dalle movenze dei protagonisti. I dialoghi quasi assenti e una colonna sonora malinconica accompagnano la sensazione di solitudine e il bisogno di amore che caratterizza tutti i partecipanti alla storia. Una storia che invita a coltivare il proprio sogno, a dare consistenza a quella necessità di amore che può renderlo possibile. [-]
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Stavolta un bel film d'amore quasi senza sesso. Anzi, l'unico sesso che si vede è fatto di baci tenui, sfiorati, sostenuti dagli sguardi che i due bravi giovani attori si scambiano. Il sesso nella vicenda c'è ma non si vede, si sente, s'intuisce, è sottinteso e si da per scontato per scelta del regista-poeta. Per me il succo della vicenda è l'inquadratura in cui il marito abbraccia la moglie mentre il giovane amante la bacia di nascosto a lui, inqualificabile individuo che non si rende conto del tesoro di ragazza che ha sposato.
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In un mondo in cui non abbiamo più nulla da dirci ma siamo subissati da centinaia di parole vuote, senza senso; in un mondo in cui parliamo di cose che non ci immportano, tessiamo relazioni sociali basate sul niente, kim ki duk mostra come l'amore, incomunicabile già per sua forma, viva nei cuori di persone silenti.
Film stupefacente, in cui i personaggi che noi amiriamo sono muti e coloro che ripudiamo poichè anti-etici gridano, starnazzano le loro convinzioni, infliggono ingiustizie ad una coppia stravagante ma vera, viva.
E mentre la metafisica e il surrealismo entrano a gamba tesa nella seconda metà del film, facendoci entrare in un mondo quasi mistico, onirico, il tempo è scandito da colpi, reali o immaginati, di una mazza da golf.
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In un mondo in cui non abbiamo più nulla da dirci ma siamo subissati da centinaia di parole vuote, senza senso; in un mondo in cui parliamo di cose che non ci immportano, tessiamo relazioni sociali basate sul niente, kim ki duk mostra come l'amore, incomunicabile già per sua forma, viva nei cuori di persone silenti.
Film stupefacente, in cui i personaggi che noi amiriamo sono muti e coloro che ripudiamo poichè anti-etici gridano, starnazzano le loro convinzioni, infliggono ingiustizie ad una coppia stravagante ma vera, viva.
E mentre la metafisica e il surrealismo entrano a gamba tesa nella seconda metà del film, facendoci entrare in un mondo quasi mistico, onirico, il tempo è scandito da colpi, reali o immaginati, di una mazza da golf.
Insostenibile leggerezza di un film che alterna lunghi attimi di simil vita quotidiana ad atti di violenza verso gli innamorati, che paiono inermi ma che in realtà sono i personaggi più forti e più vivi che sono presenti nel film.
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Tae-Sul è un giovane che trascorre le sue giornate entrando nelle case vuote, quasi come fosse un fantasma. Le vive, lava i panni sporchi, stendendoli ad asciugare. Guarda la tv sul divano. Aggiusta oggetti rotti. Ci dorme. E poi va via, senza lasciare alcuna traccia. Quando un giorno entra in una casa che credeva essere vuota, ma in realtà ci vive una ragazza col volto segnato dalla violenza. La quale si accorge di lui ma lo lascia fare e si comporta anch'ella come fosse un fantasma. Fin quando non si fa vedere e decidere di seguirlo per vivere come lui proprio come fossero due anime vaganti nelle case degli altri. Un giorno però, un imprevisto spezzerà questo surreale sodalizio, sebbene i due non molleranno di certo.
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Tae-Sul è un giovane che trascorre le sue giornate entrando nelle case vuote, quasi come fosse un fantasma. Le vive, lava i panni sporchi, stendendoli ad asciugare. Guarda la tv sul divano. Aggiusta oggetti rotti. Ci dorme. E poi va via, senza lasciare alcuna traccia. Quando un giorno entra in una casa che credeva essere vuota, ma in realtà ci vive una ragazza col volto segnato dalla violenza. La quale si accorge di lui ma lo lascia fare e si comporta anch'ella come fosse un fantasma. Fin quando non si fa vedere e decidere di seguirlo per vivere come lui proprio come fossero due anime vaganti nelle case degli altri. Un giorno però, un imprevisto spezzerà questo surreale sodalizio, sebbene i due non molleranno di certo. I film di Kim Ki-Duk, che ci ha lascato troppo presto, sono autentiche poesie. Dipinti naif che raccontano gli ultimi della società ma anche i sentimenti attraverso storie surreali. Non a caso, prima di diventare un ottimo regista, era un pittore. Questa pellicola parla di esseri umani che vivono come fantasmi pur di perseguire i propri hobby o sentimenti. Scelgono una via parallela a quella ordinaria per sopportare l'insostenibile leggerezza dell'essere. Perseguono la propria felicità in modo inconsueto. Proprio come la donna di questa storia, che trova un modo del tutto inusuale per ritrovare il suo sorriso. Ormai perso nella vita matrimoniale.
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La frase finale del film, che recita «è difficile dire se il mondo in cui viviamo è sogno o realtà», è studiata apposta per lasciare nello spettatore molti dubbi sull'interpretazione dell'opera. La storia - quasi del tutto priva di dialoghi, del tutto senza parole fra i protagonisti, salvo un significativo «ti amo» pronunciato da lei – si svolge per buona parte all'interno di case che il ragazzo da solo prima, in compagnia di lei poi, viola senza nessun fine illecito se non quello di trovare rifugio per qualche ora, il tempo di rifocillarsi e dormire, ricambiando poi per l'ospitalità ricevuta facendo il bucato e riparando gli elettrodomestici rotti.
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La frase finale del film, che recita «è difficile dire se il mondo in cui viviamo è sogno o realtà», è studiata apposta per lasciare nello spettatore molti dubbi sull'interpretazione dell'opera. La storia - quasi del tutto priva di dialoghi, del tutto senza parole fra i protagonisti, salvo un significativo «ti amo» pronunciato da lei – si svolge per buona parte all'interno di case che il ragazzo da solo prima, in compagnia di lei poi, viola senza nessun fine illecito se non quello di trovare rifugio per qualche ora, il tempo di rifocillarsi e dormire, ricambiando poi per l'ospitalità ricevuta facendo il bucato e riparando gli elettrodomestici rotti. Quale sia il senso di questi peregrinaggi non è chiaro: indubbiamente c'è un grande fascino nell'entrare nell'intimità delle persone, nello scoprire il loro mondo senza essere invitati, sebbene questo non emerga del tutto dal film. A parte un grande interesse per tutti i congegni presenti nella casa, il ragazzo non sembra dimostrare particolari curiosità né ricavare grandi insegnamenti dalle visite che effettua. Sicuramente lui soffre a causa di un enorme senso di straniazione rispetto al mondo che lo circonda e, per qualche sua intima ragione, ha deciso di chiudere qualsiasi contatto con l'esterno. Persino quando viene arrestato rifiuta caparbiamente di spiegare il fatto occorso, cosa che lo mette nei guai molto più del necessario. L'incontro con la ragazza assume fin dall'inizio il significato di un percorso iniziatico, che termina con la totale sublimazione del loro amore, un amore capace di sconfiggere qualsiasi situazione avversa e di elevarsi oltre la volgarità del mondo. La sensazione finale è quella di un film anarchico, o meglio di personaggi anarchici che rifiutano qualsiasi soluzione basata sul comunicare e spiegare le proprie ragioni, l'autismo caparbio di chi non ha alcuna fiducia negli esseri umani perché ne ha incontrati sempre e solo di estremamente cattivi. Mirabile, come sempre, la regia di Kim Ki-duk, autore coerano che ha scoperto tardi la sua vocazione filmica, riuscendo in questo modo a darne un'interpretazione del tutto personale, fuori dagli schemi. Straordinario il suo precedente film, "Primavera, estate, autunno, inverno...e ancora primavera" (titolo originale "Bom, Yeo-reum, Ga-eul, Gyeo-ul, geu-ri-go Bom"), originalissimo nell'indagare le pulsioni umane, dalla crudeltà dei bimbi, alla sensualità incontenibile della giovinezza, alla maturità e alla calma accettazione della vita dell'età adulta e della vecchiaia. Rispetto a questa prova di grande maturità registica e autoriale, "Ferro 3" sembra uno di quei tanti film, troppi ormai, pensati per il mercato occidentale, che ricavano la loro ispirazione dai luoghi di origine (oltre alla Corea, l'Iran per esempio) e la trasmutano soltanto ai fini di stupire o incantare un certo pubblico d'essai.
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[+] un gradino sotto "primavera,estate,autunno,inverno (di lucaguar)[ - ] un gradino sotto "primavera,estate,autunno,inverno
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Tutte le case sono vuote. Per lo meno tutte quelle in cui penetra – come un amante furtivo – il protagonista del film, un cavaliere errante che viaggia a cavalcioni di una moto. Egli lascia nei pomelli delle porte d’ingresso degli avvisi pubblicitari. Se questi volantini non verranno tolti, la via è libera. Vi entra non per violarle, al contrario sembra compiere un atto di misericordia, se non proprio d’amore per dei contenitori abbandonati, lasciati soli a se stessi: ascolta i messaggi lasciati nelle segreterie telefoniche, lava a mano i suoi indumenti e anche quelli altrui, inumidisce le piante con un vaporizzatore, sistema i guasti di piccoli utensili domestici, si prepara da mangiare con quel po’ che trova nei frigoriferi, fotografa se stesso con altre foto o immagini che trova negli ambienti in cui s’introduce, dorme, riassetta e il giorno dopo se ne va senza essersi appropriato di nulla, senza lasciare alcuna traccia di sé.
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BIN-JIP. FERRO 3 – LA CASA VUOTA
Tutte le case sono vuote. Per lo meno tutte quelle in cui penetra – come un amante furtivo – il protagonista del film, un cavaliere errante che viaggia a cavalcioni di una moto. Egli lascia nei pomelli delle porte d’ingresso degli avvisi pubblicitari. Se questi volantini non verranno tolti, la via è libera. Vi entra non per violarle, al contrario sembra compiere un atto di misericordia, se non proprio d’amore per dei contenitori abbandonati, lasciati soli a se stessi: ascolta i messaggi lasciati nelle segreterie telefoniche, lava a mano i suoi indumenti e anche quelli altrui, inumidisce le piante con un vaporizzatore, sistema i guasti di piccoli utensili domestici, si prepara da mangiare con quel po’ che trova nei frigoriferi, fotografa se stesso con altre foto o immagini che trova negli ambienti in cui s’introduce, dorme, riassetta e il giorno dopo se ne va senza essersi appropriato di nulla, senza lasciare alcuna traccia di sé.
Le case sono vuote in quanto specchio di solitudini. Quando lui vi accede, dà momentaneamente una vita alle dimore che ritorneranno nella loro vuota inutilità nel momento in cui ne esce. La sua discrezione diventa un esercizio d’invisibilità per gli occhi di chi si limita ad abitare solo saltuariamente in quegli alloggi, senza viverli veramente.
Quando Tae-suk (Lee Seung-yeon) entra nella casa di Sun-hwa (Jae Hee), è lei ad essergli invisibile, lei cioè non esiste, non c’è. Non c’è per il marito che la cerca per telefono; non c’è per se stessa perché non parla, non sapendo a chi rivolgersi e vorrebbe non sentire le parole di violenza e non d’amore dell’uomo. Il marito vive di statussymbol: ad esempio possiede un’automobile tedesca il cui prestigio può non essere ancora stato eguagliato dalle macchine asiatiche. La motocicletta di lui è della stessa marca, ma in questo caso parrebbe essere sottolineata la provenienza da un mondo lontano, estraneo a quello in cui egli vive.
Abbiamo qui l’incontro fra due solitudini. Un uomo e una donna invisibili al mondo, che diventano visibili l’uno per l’altra. Lui è libero perché rifiuta la solitudine dell’uomo: non ha una casa, non ha un lavoro, non ha stereotipi e tenta di valorizzare quanto l’uomo possiede inutilmente. Lei è invece prigioniera della sua solitudine, impostale dalla vita, è prigioniera all’interno dell’edificio in cui vive, da cui non può evadere perché ivi segregata dal marito. Tae-suk libera Sun-hwa e insieme i due tentano di dare vita a ciò che non esiste. Quest’uomo e questa donna non rispondono ai canoni morali contemporanei, vivono cioè non per gli altri, non in base a quello che gli altri pensano, in sostanza non vivono per il mondo.
Il poliziotto che li arresta chiederà loro conto di cose che, in effetti, non hanno compiuto: a partire dall’omicidio dell’uomo morto in solitudine di tumore, a cui loro hanno dato una sepoltura accurata e umana; di furti – si sono infatti momentaneamente appropriati di qualcosa che non esiste: queste case prive di persone che le abitino, prive d’amore e di capacità di vivere, sembrano il simbolo della società post consumistica, oggetti posseduti per il puro bisogno di possesso senza che di esse si faccia un uso concreto. L’unica colpa di cui l’organizzazione sociale dei nostri giorni potrebbe far loro carico è quella di violazione di domicilio: ma, come abbiamo visto, le case non sono un vero domicilio.
Nel film viene usata un’arma micidiale: si tratta di palle da golf con le quali lui colpisce ripetutamente il marito di Sun-hwa. Poi continua – forse volendo esercitarsi - a batterle con la mazza ( da qui il ferro3 del titolo), dopo averci passato attraverso un filo di ferro che circonda un tronco d’albero. Lei vuole impedirgli il gioco, ma lui prosegue e colpirà involontariamente una donna all’interno di un’automobile, dopo che il filo che tiene ferma la pallina si sarà spezzato. Abbiamo interpretato questa scena come un invito ad abbandonare ogni forma di difesa/offesa, come la dimostrazione che l’unico modo per difendersi da questo mondo è quello di farsi incorporei, di sparire.
Il film è di una bellezza plastica che risalta dalla espressività di immagini raramente sottolineate da parole. Ma in esso non c’è il silenzio del documentario estatico, bensì la mancanza di linguaggio come forma di resistenza al dolore, di opposizione alla violenza, come causa dell’assenza d’amore. Infatti lei pronuncerà le sue prime ed uniche parole nella sublime scena finale in cui, mentre è abbracciata dal marito, bacia lui - invisibile alle spalle dell’altro - al quale avrà diretto il suo ti amo. Tae Suk, invece, non dirà nemmeno quelle due parole: egli è infatti un puro spirito e non un fantasma; vivrà solo per la donna e non potrà manifestarsi agli altri in nessun modo.
Anche per poter amare liberamente è necessario, quindi, liberarsi dal mondo, cioè rendersi invisibili ai suoi occhi.
Ci è parsa degna di grande nota questa ennesima, ma affatto originale, metafora dell’amore, vincitrice del Leone d’argento alla 61^ edizione del festival del cinema di Venezia. Continuiamo ad apprezzare sempre più le doti del regista coreano Kim Ki-duk, che abbiamo ammirato recentemente in Primavera, estate, autunno, inverno…e ancora primavera (2004)e che avevamo, forse distrattamente, sottovalutato nel film L’isola (2000), presentato – anch’esso – al festival del cinema di Venezia.
Enzo Vignoli,
16 dicembre 2004.
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FERRO3
regia: Kim Ki-duk
Un giovane gira con la sua motocicletta BMW ed attacca volantini alle porte degli appartamenti per capire quali siano disabitati e quindi andarci a vivere.
Girando di casa in casa un giorno incontra una ricca e triste signora.
Questo è l'inizio dell' ultimo film di Kim Ki-duk.
Un buon inizio con una struttura semplice, asciutta ed attenta ai dettagli. Un linguaggio coerente attraverso il quale l' immagine riesce a supplire egregiamente l' assenza di dialoghi. Poi l'incontro con la donna stravolge il protagonista e lo stesso film: viene meno la semplicità linguistica, la storia diviene complessa ed incomprensibile.
Forse non ho saputo ascoltare, ma non ho capito.
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FERRO3
regia: Kim Ki-duk
Un giovane gira con la sua motocicletta BMW ed attacca volantini alle porte degli appartamenti per capire quali siano disabitati e quindi andarci a vivere.
Girando di casa in casa un giorno incontra una ricca e triste signora.
Questo è l'inizio dell' ultimo film di Kim Ki-duk.
Un buon inizio con una struttura semplice, asciutta ed attenta ai dettagli. Un linguaggio coerente attraverso il quale l' immagine riesce a supplire egregiamente l' assenza di dialoghi. Poi l'incontro con la donna stravolge il protagonista e lo stesso film: viene meno la semplicità linguistica, la storia diviene complessa ed incomprensibile.
Forse non ho saputo ascoltare, ma non ho capito.
VOTO **
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