anonimo
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venerdì 26 agosto 2005
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non perdetevelo!
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Leggendo i commenti prima dei miei mi veniva da sorridere pensando alla famosa frase "il mondo è bello perchè è vario". Questo film è duro e tenero nello stesso momento, categorico e aperto, ironico ma anche impietoso. E la bravura degli attori completa il quadro. Andate a rivederlo!
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pier
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sabato 20 novembre 2004
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pessimo film
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Non ci possono essere commenti che negativi a questo film, che si dimostra di basso livello per un publico alla domenica in per intenderci, banale, volgare, e scontato in quasi tutte le scene. Stereotipi da far venire il mal di stomaco. Sono uscito dalla sala a meta proiezione, una liberazione.
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(di elfo)
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gaetano
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martedì 9 settembre 2003
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denuncia o operetta?
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C'era una volta, anche in Italia, il cinema di denuncia (Rosi, Bellocchio, solo per citare qualche nome), duro, rigoroso, realista. Si poteva essere d'accordo o meno, si poteva giudicarlo eccessivo, di parte, ma certamente era un cinema che presentava un tema forte, fortissimo, con cui confrontarsi. C'era una volta, appunto, a differenza di quello che c'è ora, un film come "Il posto dell'anima", in cui i conflitti sociali si mischiano a quelli sentimentali, in cui il realismo si trasforma in operetta ( cos'altro è la scena in cui Silvio Orlando sputa addosso al manager della multinazionale?), in cui la denuncia svanisce nell'aria come il falò del pupazzo, in cui il rappresentante degli operai è proprio chi non vuole fare più l'operaio ma il pastaio, in cui si convivono una fabbrica che dovrebbe far paura ma anche quella valle rimasta miracolosamente così verde.
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C'era una volta, anche in Italia, il cinema di denuncia (Rosi, Bellocchio, solo per citare qualche nome), duro, rigoroso, realista. Si poteva essere d'accordo o meno, si poteva giudicarlo eccessivo, di parte, ma certamente era un cinema che presentava un tema forte, fortissimo, con cui confrontarsi. C'era una volta, appunto, a differenza di quello che c'è ora, un film come "Il posto dell'anima", in cui i conflitti sociali si mischiano a quelli sentimentali, in cui il realismo si trasforma in operetta ( cos'altro è la scena in cui Silvio Orlando sputa addosso al manager della multinazionale?), in cui la denuncia svanisce nell'aria come il falò del pupazzo, in cui il rappresentante degli operai è proprio chi non vuole fare più l'operaio ma il pastaio, in cui si convivono una fabbrica che dovrebbe far paura ma anche quella valle rimasta miracolosamente così verde. C'è tutto, e quindi inevitabilmente troppo, ed alla fine ci si ritrova in mano con l'idea edulcorata che i presidi davanti alla fabbrica sono anche meglio delle lunghe ore davanti ai macchinari...Con buona pace di due grandissimi come Silvio Orlando e Michele Placido che salvano quel ( davvero poco) che c'è da salvare...
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