elgatoloco
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martedì 12 luglio 2016
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grande spike lee, encore une fois
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Inquadrature(per nulla "documentaristiche") dall'alto di una metropoli livida, angosciante, ansiogena, "notturni", molti interni non meno angoscianti, con primi e primissimi piani, riferimenti all'11 settembre, svoltosi poco prima(il film è del 2002), con un formidabile monologo di Edward Norton adversus mundum ma poi soprattutto versus suam personam(contro sé stesso), dove il pusher "pentito" si mette in discussione, mettendo in discussione le sue scelte di vita. Non importa nulla(non so come la cosa si svolga nel romanzo di David Benioff, che non ho letto)sapere come"finisca il film", basterà invece dire che non c'è nessun"happey end", dato che Lee non contempla né vuole e neppure vuole praticare il cinema consolatorio, ma quello di denuncia(di situazioni invivibili ed estreme, come anche in questo caso).
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Inquadrature(per nulla "documentaristiche") dall'alto di una metropoli livida, angosciante, ansiogena, "notturni", molti interni non meno angoscianti, con primi e primissimi piani, riferimenti all'11 settembre, svoltosi poco prima(il film è del 2002), con un formidabile monologo di Edward Norton adversus mundum ma poi soprattutto versus suam personam(contro sé stesso), dove il pusher "pentito" si mette in discussione, mettendo in discussione le sue scelte di vita. Non importa nulla(non so come la cosa si svolga nel romanzo di David Benioff, che non ho letto)sapere come"finisca il film", basterà invece dire che non c'è nessun"happey end", dato che Lee non contempla né vuole e neppure vuole praticare il cinema consolatorio, ma quello di denuncia(di situazioni invivibili ed estreme, come anche in questo caso). Nessuna via di soluzione, perché polisemicamente tutte le soluzioni rimangono"aperte"per il protagonista. Eccelso il suo rapporto o meglio come viene rappresentato con la mafia russa, sua"datrice di lavoro", come quello con gli amici e con il padre. Eccelse le prove anche di Seymour Hoffman, compianto attore, di Anna Paquin, di Brian Cox, di Rosario Dawson, di altri(e), per un grande film che, se vivessimo in un mondo anche mediale diverso, non sarebbe come quello attuale in cui invece tutto si dimentica sempre e comunque, come questo film"ucronico"(la venticinquesima ora non esiste nella partizione ammessa della giornata, notoriamente)di un Lee più che mai geniale, a livello psicologico, sociologico, di"pensiero"(non dirò"filosofico"per non scontrarmi con il tecnicismo relativo)per quanto(ed è molto)il cinema potrebbe dire. Scarso invece il peso(rilievo) effettivo di film come questo nel panorama mediale attuale dove"chiodo schiaccia chiodo"e la dromologia è assurdamente forte e presente... El Gato
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siper
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sabato 23 ottobre 2010
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spike lee rende intensa un'ora che non c'è
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“La 25° ora” può, forse, considerarsi il miglior lavoro cinematografico di Spike Lee. Parla delle ultime ore di libertà di Monty (Edward Norton), un ex-pusher condannato a 7 anni di reclusione. Sullo sfondo di una New York ancora scossa dai terribili fatti dell’11 settembre, Spike Lee racconta una storia dura dai molteplici aspetti. Sono, infatti, varie le tematiche legate alla storia di Monty. Dall’amore con Naturelle (Rosario Dawson) all’affetto paterno del padre di Monty (Brian Cox), passando per la profonda amicizia con Jacob (Philip Seymour Hoffman) e Francis (Barry Pepper). La trama funge anche da pretesto per tracciare un profilo della società Americana e, nello specifico, Newyorkese post-11 settembre (importante, in tal senso, il monologo allo specchio di Monty).
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“La 25° ora” può, forse, considerarsi il miglior lavoro cinematografico di Spike Lee. Parla delle ultime ore di libertà di Monty (Edward Norton), un ex-pusher condannato a 7 anni di reclusione. Sullo sfondo di una New York ancora scossa dai terribili fatti dell’11 settembre, Spike Lee racconta una storia dura dai molteplici aspetti. Sono, infatti, varie le tematiche legate alla storia di Monty. Dall’amore con Naturelle (Rosario Dawson) all’affetto paterno del padre di Monty (Brian Cox), passando per la profonda amicizia con Jacob (Philip Seymour Hoffman) e Francis (Barry Pepper). La trama funge anche da pretesto per tracciare un profilo della società Americana e, nello specifico, Newyorkese post-11 settembre (importante, in tal senso, il monologo allo specchio di Monty). Non a caso vengono affrontati (talvolta velatamente) temi come l’immigrazione e l’integrazione degli stranieri a New York, le differenze religiose e i pregiudizi etnici. Il film fila via liscio ma con alcune scene cardine che lo rendono profondo e intenso. Ottimo anche l’utilizzo di flashback e flashforward, che contrariamente al solito, rendono più comprensibile la sequenza logica degli eventi anziché complicarla. Apprezzabile, inoltre, l’utilizzo di colori freddi che pongono l’accento sulla drammaticità della trama. Nonostante questa forte componente drammatica, il film può assumere, paradossalmente, le sembianze di una vera e propria storia d’amore, o meglio di diverse forme d’amore quali amicizia e famiglia. Splendida l’introduzione al finale che alza ulteriormente il tono del film facendogli assumere le sembianze che più gli competono: quelle di un grande film.
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g.
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cinema
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I film troppo perfetti mi mettono un po' a disagio. Del cinema mi piacciono le storie, anche spicciole, anche se all'apparenza banali. Al resto do meno importanza. Invece qui c'è una storia, e c'è tutto il resto, c'è "il cinema". La storia è anche piccola, quella di Monty (Edward Norton), furbo bianco che si fa strada spacciando. La cornice è una bellissima New York, qulla ferita del dopo l'11 settembre. La musica è imponente, è forte quanto le immagini e alimentano una tensione, sottile, che è sempre presente. Il film ha un ritmo sincopato. Monty finisce nei guai, tradito, e non sa da chi. Cerca di capire e si rivolge ai suoi amici più fidati, quelli dell'infanzia; uno fa il professore al college, l'altro il trader di borsa (Philip Seymour Hoffman).
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I film troppo perfetti mi mettono un po' a disagio. Del cinema mi piacciono le storie, anche spicciole, anche se all'apparenza banali. Al resto do meno importanza. Invece qui c'è una storia, e c'è tutto il resto, c'è "il cinema". La storia è anche piccola, quella di Monty (Edward Norton), furbo bianco che si fa strada spacciando. La cornice è una bellissima New York, qulla ferita del dopo l'11 settembre. La musica è imponente, è forte quanto le immagini e alimentano una tensione, sottile, che è sempre presente. Il film ha un ritmo sincopato. Monty finisce nei guai, tradito, e non sa da chi. Cerca di capire e si rivolge ai suoi amici più fidati, quelli dell'infanzia; uno fa il professore al college, l'altro il trader di borsa (Philip Seymour Hoffman). Personaggi che parlano di New York e dell'america: personaggi lineari. Monty ha una ragazza stupenda, portoricana, che si chiama Naturelle (Anna Paquin) ma non sa più se crederle. Monty ha una guardia del corpo, un ragazzone di 200 chili, ucraino. Monty ha un cane bellissimo, strappato alla morte. Al Monty tradito si prospetta la galera. Monty si guarda allo specchio e manda al diavolo tutto, in preda all'angoscia e forse ad un senso di ingiustizia: una carrellata sulle contraddizioni razziali americane. Quando l'ora della verità arriva, Monty chiude gli occhi. Sullo sfondo, più forte che mai, la bandiera americana che sventola, il sogno americano che vuole restare vivo, nonostante tutto. Questo è Cinema, più che una storia.
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nonvogliogiudicaremalofar�
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domenica 29 aprile 2012
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capolavoro? solo in apparenza.
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Solo degli sciocchi possono scambiare questo (bel) film per un capolavoro.
La 25a ora non decolla mai, è un "vorrei ma non posso" di Spike Lee che cerca di darle un impronta brillante e "tarantinesca" nei dialoghi e nell'evoluzione delle scene che però mancano di profondità e risultano scollate tra di loro: è il caso del personaggio del padre di Monty che appare solo una volta nel film prima di recitare la parte clou della storia e cioè il monologo finale; la psicologia dei personaggi - fatta eccezione per il protagonista - è totalmente assente , una bella macchia per un film che dovrebbe essere intenso, forte e duro cit.
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Solo degli sciocchi possono scambiare questo (bel) film per un capolavoro.
La 25a ora non decolla mai, è un "vorrei ma non posso" di Spike Lee che cerca di darle un impronta brillante e "tarantinesca" nei dialoghi e nell'evoluzione delle scene che però mancano di profondità e risultano scollate tra di loro: è il caso del personaggio del padre di Monty che appare solo una volta nel film prima di recitare la parte clou della storia e cioè il monologo finale; la psicologia dei personaggi - fatta eccezione per il protagonista - è totalmente assente , una bella macchia per un film che dovrebbe essere intenso, forte e duro cit.homepage .
Tutto sommato una storiella gustabile perchè leggera e ben recitata, con un soggetto originale e una regia azzeccata. Ma ben lungi dall'essere un capolavoro.
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