alessandro rega
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venerdì 21 giugno 2013
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l’etica militare
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Il castello è un film che consiglio a tutti quelli a cui piacciono i film carcerari e militari (questo film assomiglia un po’ a “Men of honor” e “Le ali della libertà”).
Personalmente, il genere carcerario mi piace ma non tantissimo, per tante ragioni:
penso che uno di questi motivi sia che molto spesso nei film ambientati in galera ci si imbatte in stereotipi (detenuti che scommettono o tipacci che vogliono stuprare il nuovo arrivato) e alla fine si finisce sempre con evasioni o rivolte. Di solito è così.
In questo film il discorso è abbastanza diverso perché quella in questione è una prigione militare con un direttore molto ambiguo (interpretato dal grandissimo James Gandolfini).
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Il castello è un film che consiglio a tutti quelli a cui piacciono i film carcerari e militari (questo film assomiglia un po’ a “Men of honor” e “Le ali della libertà”).
Personalmente, il genere carcerario mi piace ma non tantissimo, per tante ragioni:
penso che uno di questi motivi sia che molto spesso nei film ambientati in galera ci si imbatte in stereotipi (detenuti che scommettono o tipacci che vogliono stuprare il nuovo arrivato) e alla fine si finisce sempre con evasioni o rivolte. Di solito è così.
In questo film il discorso è abbastanza diverso perché quella in questione è una prigione militare con un direttore molto ambiguo (interpretato dal grandissimo James Gandolfini).
La trama del film non è molto originale e troviamo poco o niente di nuovo in essa però, vengono toccati argomenti molto profondi: il valore e il rispetto dell’etica militare (nonostante nel film avviene un ammutinamento, i carcerati si comportano da veri soldati e sono spinti dal fatto che il direttore ha violato norme dell’etica militare).
Nel complesso il film non è male anche se per buona parte stenta a partire e decolla solo verso la fine con scene d’azione (molto ben fatte) ma anche con alcune toccanti e significative (non le cito per non dare spoiler).
Gli attori, a mio parere, sono stati straordinari (Robert Redford è sempre grandioso).
Mi è piaciuto tantissimo il personaggio di James Gandolfini, è un direttore pazzo che vuole sembrare perfetto agli occhi dei suoi superiori ma è spietato e tratta i detenuti usando metodi inaccettabili.
Consiglio questo film a tutti gli appassionati del genere, sono stato spinto a fare questa recensione dalla morte di Gandolfini avvenuta ieri, sene è andato troppo presto. Trovo che in questo film, come in tanti altri, la sua recitazione sia impeccabile.
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elgatoloco
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mercoledì 9 marzo 2016
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comunque significativo
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Senz'altro da collocare nell'alveo di quel"cinema civile"che Bob Redford sostiene-"predica"da sempre, "The Last Castle"(più che l'"Ulitmo Castello"; tradurremmo forse meglio"L'ultima fortezza"o"fortilizio", ma sono dettagli)è film che si preoccupa, nel solco della tendenza"democratica"dell'attore(qui non regista, ma comunque produttore, meglio co-produttore Redford)di denunciare abusi di autorità e tendenze autoritarie: qui impersona un generale che , avendo disobbedito a un ordine, aveva(indirettamente) causato la morte di otto soldati, democratico, ovviamente, fedele alla costituzione, che si trova di fronte un"piccolo burocrate", il colonnello direttore del carcere militare speciale, iper-frustrato e"meschino".
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Senz'altro da collocare nell'alveo di quel"cinema civile"che Bob Redford sostiene-"predica"da sempre, "The Last Castle"(più che l'"Ulitmo Castello"; tradurremmo forse meglio"L'ultima fortezza"o"fortilizio", ma sono dettagli)è film che si preoccupa, nel solco della tendenza"democratica"dell'attore(qui non regista, ma comunque produttore, meglio co-produttore Redford)di denunciare abusi di autorità e tendenze autoritarie: qui impersona un generale che , avendo disobbedito a un ordine, aveva(indirettamente) causato la morte di otto soldati, democratico, ovviamente, fedele alla costituzione, che si trova di fronte un"piccolo burocrate", il colonnello direttore del carcere militare speciale, iper-frustrato e"meschino". E' qui, probabilmente, il limite del film: in una linea"very USA"tutto si riduce a due stili di comando: uno autoritario(per paura, appunto), un altro aperto ma comunque iper-rispettoso di leggi e regolamenti militari. Nulla extra legem, riassumendo... Tipicamente "gringo"il tutto, con una concezione veramente individualistica della storia, che esclude completamente le masse dal gioco del potere, quando invece le rivoluzioni(di ogni tipo, anche"controrivoluzioni")ma anche altre operazioni di dominio senza masse non si possono realizzare. Tuttavia il tutto è proposto in maniera esemplare, con un Redford ancora eccelso nel suo ruolo e un competitor, il compianto James Gandolfini jr., che accentua con intelligenza(e senza inutili sbavature-eccessi)tic e nevrosi di un ruolo comunque scomodo, del"cattivone", del meschino sabotatore delle idealità. Certamente un film da ricordare, con un altro interprete di valore, Mark Ruffalo, nella parte di un ex-marine(caporale)balbuziente e altri"comprimari"di sicuro valore. Primi piani alternati a piani americani, luci adeguate, nessuno sperimentalismo inutile. El Gato
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luigi chierico
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giovedì 10 marzo 2016
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una lezione di vita
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Ancora una volta la valutazione di ottimo per questo generoso film è motivata da sentimenti personali ed apprezzamenti soggettivi. Non si può negare che tutti iersonaggi di questa poderosa vicenda, attori protagonisti, non protagonisti e comparse, siano bravi, con particolare rilievo a James Gandolfini nell’odiosa parte del colonnello Wunter,direttore del carcere militare, di Robert Redford nella parte del Tenente Generale Eugene Irwin, condannato a trascorrere dieci anni in prigione.Di particolare rilievo è la figura del caporale Ramon Aguilar egregiamente interpretato da Clifton Collins Jr, che qualcuno ricorderà nel film Truman Capote- A sangue freddo, nella parte d Perry Smith uno dei due assassini che sterminò la famiglia Clutter, altrettanto dicasi per Mark Ruffalo, nella parte di Clifford Yates.
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Ancora una volta la valutazione di ottimo per questo generoso film è motivata da sentimenti personali ed apprezzamenti soggettivi. Non si può negare che tutti iersonaggi di questa poderosa vicenda, attori protagonisti, non protagonisti e comparse, siano bravi, con particolare rilievo a James Gandolfini nell’odiosa parte del colonnello Wunter,direttore del carcere militare, di Robert Redford nella parte del Tenente Generale Eugene Irwin, condannato a trascorrere dieci anni in prigione.Di particolare rilievo è la figura del caporale Ramon Aguilar egregiamente interpretato da Clifton Collins Jr, che qualcuno ricorderà nel film Truman Capote- A sangue freddo, nella parte d Perry Smith uno dei due assassini che sterminò la famiglia Clutter, altrettanto dicasi per Mark Ruffalo, nella parte di Clifford Yates.In questo film Rober Redford non è Tom Booker “L’uomo che sussurra ai cavalli”, è il Tenente Generale Eugene Irwin che istruisce, comanda ed ordina a tutti i militari detenuti in quello che era un vecchio castello di cui si conserva un ammasso di pietre; ”un tempo serviva per tenere la gente fuori,ora per tenerla dentro”. Eugene Irwin che avrebbe dovuto avere una base, come dice il Direttore del carcere ora è lì per obbedire e stare alle regole che lui ha imposto. Al suo arrivo indossa una magnifica divisa su cui fanno bella mostra le tante decorazioni ricevute per meriti di guerra. Spogliato di tutto tranne che delle foto del nipote e dell’anello dell’ accademia, deve indossare l’abbigliamento degli altri che scommettono quanto tempo potrà resistere in quell’ambiente ostile. Una sola apparizione femminile, quella della figlia di Eugene Irwin che gli rimprovera “Non sei stato padre ecco tutto…io non ti conosco e tu non conosci me”. La sua presenza autorevole porterà tutti i detenuti a prendere coscienza di se stessi,ad un’autostima,abituandoli nuovamente alla disciplina. Torneranno tutti ad obbedire ad un “in riga”, e in un momento drammatico in cui Wunter “una vergogna per l’uniforme che indossa”pratica il perverso uso di mantenere l’ordine nel carcere, li vedremo tutti allineati e coperti a rispondere al comando “Presenta d’armi” accompagnato da un canto corale ed un saluto di estremo addio, un saluto convenuto perché tra i detenuti è proibito quello militare. In cortile non si gioca più, non ci si annoia e scommette ci si deve dedicare a qualcosa di costruttivo e così i ruderi del vecchio castello vengono disposti con arte fino ad elevare un muro, e a chi chiede ad Eugene Irwin: “Perché ammazzarsi per costruire il suo muro?,rivolgendosi al Direttore del carcere, il Tenente Generale gli risponde:”Non è il suo muro, ma il vostro”. Infatti è proprio la costruzione e ricostruzione del muro che fa dei detenuti un corpo militare pronto ad obbedire in maniera disciplinata, alle parole dell’illustre detenuto:”Molti pensano che essere ricordati così sia una vergogna per un soldato,ma non è così,è tutt’altro che una vergogna. Ai soldati caduti i più grandi monumenti non sono quelli fatti di marmo, sono in fondo al mare, nel centro della giungla,sui campi di combattimento con una croce conficcata nella terra,un elmetto,una piastrina”.
Al di là di un ottima sceneggiatura vi è anche un’ottima scenografia, infatti ad assicurare l’ordine vi è un vero e proprio esercito armato con armi,carri armati ed elicotteri che si vedranno all’opera in una prova di intelligenza e di forza finché non tornerà ad essere issata la bandiera americana.
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shingo tamai
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giovedì 8 dicembre 2016
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la fortezza della dignità
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Passano gli anni ma Redford rimane sempre una sicurezza.
Stavolta veste i panni di un Generale costretto al carcere militare per aver disobbedito al Presidente degli Stati Uniti ed aver fatto morire i propri uomini.
Costretto a vivere tra quattro mura troverà l'ennesimo battaglione da comandare,non inizialmente per sua scelta, in una guerra morale contro contro un ingiusto e cinico direttore del carcere,interpretato meravigliosamente da Gandolfini.
Preso atto della doverosa reazione a maltrattamenti fisici e morali di ogni genere e addirittura a veri e propri omicidi,la sceneggiatura non sempre è scorrevole come i valori etici esposti.
La rivolta finale,in modo particolare,è veramente di un'esagerazione al limite del grottesco e del surreale ed abbassa quasi drammaticamente il voto finale,
Tuttavia per larga parte del film,l'esigenza del rispetto e della dignità umana vengono sottolineate in maniera soddisfacente.
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Passano gli anni ma Redford rimane sempre una sicurezza.
Stavolta veste i panni di un Generale costretto al carcere militare per aver disobbedito al Presidente degli Stati Uniti ed aver fatto morire i propri uomini.
Costretto a vivere tra quattro mura troverà l'ennesimo battaglione da comandare,non inizialmente per sua scelta, in una guerra morale contro contro un ingiusto e cinico direttore del carcere,interpretato meravigliosamente da Gandolfini.
Preso atto della doverosa reazione a maltrattamenti fisici e morali di ogni genere e addirittura a veri e propri omicidi,la sceneggiatura non sempre è scorrevole come i valori etici esposti.
La rivolta finale,in modo particolare,è veramente di un'esagerazione al limite del grottesco e del surreale ed abbassa quasi drammaticamente il voto finale,
Tuttavia per larga parte del film,l'esigenza del rispetto e della dignità umana vengono sottolineate in maniera soddisfacente.
Nessuno può permettersi di distruggerci il nostro muro fatto di pietre se l'abbiamo costruito con il nostro sudore e la nostra voglia di ricominciare.
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qisoneb
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venerdì 12 ottobre 2018
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imbrogliati imbroglioni e l'insurrezione, che film
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sembra abbiamo un film incredibile, il generale irvine con la bandiera
rovesciata, scialla gandlfini, con tanto di manuale del regolamento,
trovando anche la postilla per scatenare l'offensiva e la
rivolta nel carcere definito il castle, non più militare e da
recluso organizza l'insurrezione mettendosi al comando del
gruppetto recluso, salutando con un gesto insolito
sembiante efficace, e gandlfini che pranza lucidando le armi
da l'impressione delle gerarchie, dopo aver costruito una palizzata
innoqua soltanto all'apparenza, studiando le mosse di sicurezza del castle,
e teorizzando le contromisure, recluta anche una specie di
voltagabbana, in balia delle comunicazioni
e fluttuabile stile telefonino in base all'evento diurno e d'atttualità,
una inutile pedina che col suo volo pindarico e assurdo degli
elicotteri sembra di utilità schiantandosi al suolo però colpito dalle
mosse disperate in difesa nello svolzzamento, prima però
di poter cantare vittoria, comunque non
si butta dal mezzo ed è preso dal generale per il prosequo della battaglia,
nonostante tali figure scigurate anche se più complicato del
previsto però l'offensiva, con trucchetti e bigliettini surreali sembra
vada in porto, gandlfini non comprende però che il generale irvin forse
aveva quasi scherzato, e con uno sparo impertinente colpisce
l'ignaro irvine, che di spalle issava la bandiera, non come annunciato
rovesciata ma nel modo solito, è purtroppo la nota non consona della
storia, il generale irvine sembra quasi voltarsi e dire di non sentirsi americano,
nei confronti di un gandlfini destituito e diventato suo malgrado senza saperlo
recluso di lusso, è la storia della non considerazione delle abilità, del
rammarico scaturito dal generale dell'esercito, le cui raccomandazioni
non interessavano, e preferisce così lanciare il suo
ultimo grido di battaglia, con quel suo
gruzzolo di malfattori vessati dalle regole, del generale e del
loro carcere e carceriere, infrangendo una regola contro le mille
regole infrante dalle istituzioni, e riperpetrate, lontano dagli interessi della società
e del comportamento umano, il signore della truffa issa la bandiera e il carceriere è
un recluso in realtà per le sue romostranze inadempienze, e comunque irvine mito
e martire, quasi cantanticchiando alla gaber, di non sentirsi
iatliano però per fortuna o purtroppo lo è, riscatta così
quei morti che gli avevano affidato e che non
aveva potuto provvederne l'incolumità, del suo
plotone di defunti, quegli 8 militari come solo unico responsabile
loro, per l'accadimento, attììì, generale, film incredibile e di spettacolo.
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sembra abbiamo un film incredibile, il generale irvine con la bandiera
rovesciata, scialla gandlfini, con tanto di manuale del regolamento,
trovando anche la postilla per scatenare l'offensiva e la
rivolta nel carcere definito il castle, non più militare e da
recluso organizza l'insurrezione mettendosi al comando del
gruppetto recluso, salutando con un gesto insolito
sembiante efficace, e gandlfini che pranza lucidando le armi
da l'impressione delle gerarchie, dopo aver costruito una palizzata
innoqua soltanto all'apparenza, studiando le mosse di sicurezza del castle,
e teorizzando le contromisure, recluta anche una specie di
voltagabbana, in balia delle comunicazioni
e fluttuabile stile telefonino in base all'evento diurno e d'atttualità,
una inutile pedina che col suo volo pindarico e assurdo degli
elicotteri sembra di utilità schiantandosi al suolo però colpito dalle
mosse disperate in difesa nello svolzzamento, prima però
di poter cantare vittoria, comunque non
si butta dal mezzo ed è preso dal generale per il prosequo della battaglia,
nonostante tali figure scigurate anche se più complicato del
previsto però l'offensiva, con trucchetti e bigliettini surreali sembra
vada in porto, gandlfini non comprende però che il generale irvin forse
aveva quasi scherzato, e con uno sparo impertinente colpisce
l'ignaro irvine, che di spalle issava la bandiera, non come annunciato
rovesciata ma nel modo solito, è purtroppo la nota non consona della
storia, il generale irvine sembra quasi voltarsi e dire di non sentirsi americano,
nei confronti di un gandlfini destituito e diventato suo malgrado senza saperlo
recluso di lusso, è la storia della non considerazione delle abilità, del
rammarico scaturito dal generale dell'esercito, le cui raccomandazioni
non interessavano, e preferisce così lanciare il suo
ultimo grido di battaglia, con quel suo
gruzzolo di malfattori vessati dalle regole, del generale e del
loro carcere e carceriere, infrangendo una regola contro le mille
regole infrante dalle istituzioni, e riperpetrate, lontano dagli interessi della società
e del comportamento umano, il signore della truffa issa la bandiera e il carceriere è
un recluso in realtà per le sue romostranze inadempienze, e comunque irvine mito
e martire, quasi cantanticchiando alla gaber, di non sentirsi
iatliano però per fortuna o purtroppo lo è, riscatta così
quei morti che gli avevano affidato e che non
aveva potuto provvederne l'incolumità, del suo
plotone di defunti, quegli 8 militari come solo unico responsabile
loro, per l'accadimento, attììì, generale, film incredibile e di spettacolo.
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r.a.f.
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lunedì 9 dicembre 2019
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quando il potere è nelle mani sbagliate
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Eugene Irwin, eroe di guerra e popolare generale dell’esercito degli Stati Uniti, viene condannato dalla corte marziale per aver disubbidito ad un ordine, che riteneva ingiusto. Viene quindi inviato in un carcere militare di massima sicurezza, diretto con particolare severità dal colonnello Winter. Questi è un burocrate che non ha mai combattuto e che approfitta della divisa per esercitare il potere sui detenuti, in modo violento e quasi sadico, avvalendosi della sua posizione di supremazia per umiliare costantemente i sottoposti.
All’arrivo del generale Irwin, il direttore del carcere, da sempre suo grande ammiratore, lo accoglie con una certa deferenza, dovuta soprattutto ai suoi trascorsi militari; ben presto però si accorge che il rispetto non è reciproco, quando sente involontariamente un commento del generale sulla sua collezione di reperti bellici, di cui lui è particolarmente orgoglioso, e che invece Irwin considera un' inutile raccolta di oggetti simbolici, mostrati solo per fare scena, da una persona che evidentemente non ha mai visto un campo di battaglia.
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Eugene Irwin, eroe di guerra e popolare generale dell’esercito degli Stati Uniti, viene condannato dalla corte marziale per aver disubbidito ad un ordine, che riteneva ingiusto. Viene quindi inviato in un carcere militare di massima sicurezza, diretto con particolare severità dal colonnello Winter. Questi è un burocrate che non ha mai combattuto e che approfitta della divisa per esercitare il potere sui detenuti, in modo violento e quasi sadico, avvalendosi della sua posizione di supremazia per umiliare costantemente i sottoposti.
All’arrivo del generale Irwin, il direttore del carcere, da sempre suo grande ammiratore, lo accoglie con una certa deferenza, dovuta soprattutto ai suoi trascorsi militari; ben presto però si accorge che il rispetto non è reciproco, quando sente involontariamente un commento del generale sulla sua collezione di reperti bellici, di cui lui è particolarmente orgoglioso, e che invece Irwin considera un' inutile raccolta di oggetti simbolici, mostrati solo per fare scena, da una persona che evidentemente non ha mai visto un campo di battaglia.
Da questo momento tra i due sarà guerra aperta, alimentata anche dalle simpatie che il generale attira su di sé da parte degli altri prigionieri: vedendo infatti un crescendo di atti di crudeltà ingiustificata sugli uomini da parte del colonnello Winter, Irwin deciderà di guidare i detenuti ad una rivolta per prendere possesso del carcere. Ci riuscirà, ma non senza pagare un caro prezzo.
Gli stereotipi del genere carcerario ci sono un po’ tutti, dal direttore inflessibile che abusa della propria posizione rasentando il sadismo, ai detenuti che in realtà sono sempre migliori di quanto ci si possa aspettare, per non parlare del piano rocambolesco con cui i rivoltosi riusciranno a impadronirsi dell’inespugnabile fortino. La scena del caporale Aguilar in punizione per aver fatto il saluto militare ad Irwin (cosa vietata dal regolamento carcerario), costretto a stare tutta la notte in piedi sotto la pioggia battente, ricorda la scena di Ufficiale e gentiluomo in cui Richard Gere subiva più o meno la stessa sorte.
Tuttavia ci sono anche diversi elementi di novità, che rendono interessante e originale questo film.
Innanzi tutto il regista sottolinea lo scontro tra l’autorità morale del generale e quella disciplinare del colonnello, che si vede sminuito costantemente dalla presenza di questo eroe di guerra, di cui sa di non poter essere all’altezza, e proprio per questo fa di tutto per umiliarlo agli occhi dei detenuti, senza per altro riuscirvi.
Nella prima parte il film è un duello psicologico tra i due militari, fatto di sguardi e frecciatine celati sotto un apparente rispetto formale. I due protagonisti sostengono eccellentemente i loro ruoli, sia Redford che rimane l’ultima leggenda vivente del cinema americano, dopo la morte di Newman, sia Gandolfini che, prima di scomparire prematuramente dalle scene, si è fatto più volte notare per la propria sensibilità interpretativa, in ruoli, come questo, non privi di sfaccettature.
In secondo luogo il film si sofferma sul significato di attitudine al comando, di cui non tutti sono dotati e che non è una questione di gradi. Il generale Irwin, a differenza di Winter, si guadagnerà il rispetto dei detenuti per le sue qualità di coraggio e onestà, e per la sua capacità di amalgamarli in un insieme unico, portando gradatamente un manipolo di uomini allo sbando a formare qualcosa di molto simile ad un esercito, riunito attorno ad una bandiera.
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giovanni morandi
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mercoledì 28 settembre 2022
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il generale e la bandiera rovesciata giovanni mora
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Un film del tipo "carcerario", in ambito militare. Un grande Redford, superiore a quello di molte pellicole girate in epoca più giovanile. Qui a 65 anni non teme confronti con "eroi meno maturi". La sfida è tra due Ufficiali, l'ex Generale Irwin (Redford) ed il colonnello direttore del carcere militare (Gandolfini) , Redford che accetta di scontare una pena (forse ingiusta) ed il Comandante "indegno ed incapace" dell'incarico assegnatagli. Fin da subito, si capisce che il Prigioniero avrà la sua "rivincita" sull'altro.
Ma mai verrà meno alle regole, oltreche' del carcere, dell'appartenenza all'esercito degli USA.
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Un film del tipo "carcerario", in ambito militare. Un grande Redford, superiore a quello di molte pellicole girate in epoca più giovanile. Qui a 65 anni non teme confronti con "eroi meno maturi". La sfida è tra due Ufficiali, l'ex Generale Irwin (Redford) ed il colonnello direttore del carcere militare (Gandolfini) , Redford che accetta di scontare una pena (forse ingiusta) ed il Comandante "indegno ed incapace" dell'incarico assegnatagli. Fin da subito, si capisce che il Prigioniero avrà la sua "rivincita" sull'altro.
Ma mai verrà meno alle regole, oltreche' del carcere, dell'appartenenza all'esercito degli USA. Costretto ad un trattamento punitivo, si conquista ben presto la stima degli altri detenuti, organizzando una rivolta, che segue le strategie tipiche di un Comandante di un esercito e, con lo scopo, dichiarato, di impadronirsi del Castello, che ospita i militari condannati e, soprattutto, di togliere il comando al Responsabile del carcere, conquistando la bandiera.
L'azione si svolge nel finale drammatico. Ad un eroe di guerra, così come ad un vero Uomo, puoi togliere tutto, il potere, la fama, il successo, financo la vita stessa...ma non l'onore, la dignità e la coerenza con se stesso.
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