fabrizio cirnigliaro
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martedì 2 febbraio 2010
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sono un ragazzo fortunato
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l racconto della campagna elettorale si alterna all’ansia con cui il regista romano sta vivendo la lunga attesa che porta alla paternità. La forma della pancia a punta con cui si prospetta l’arrivo di un figlio maschio, la scelta del nome, con l’esclusione di “Giovanni” perché in Italia per legge non si può chiamare il proprio un bambino con il nome del padre, il ripasso “teorico” delle varie fasi del travaglio, che termina con l’ultima fase, la più dolorosa, in cui il padre dovrà dare coraggio alla futura madre. “ A me chi farà coraggio…nessuno…..?” Moretti padre è divertente è commovente allo stresso tempo.
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l racconto della campagna elettorale si alterna all’ansia con cui il regista romano sta vivendo la lunga attesa che porta alla paternità. La forma della pancia a punta con cui si prospetta l’arrivo di un figlio maschio, la scelta del nome, con l’esclusione di “Giovanni” perché in Italia per legge non si può chiamare il proprio un bambino con il nome del padre, il ripasso “teorico” delle varie fasi del travaglio, che termina con l’ultima fase, la più dolorosa, in cui il padre dovrà dare coraggio alla futura madre. “ A me chi farà coraggio…nessuno…..?” Moretti padre è divertente è commovente allo stresso tempo. Divertente quando danzerà col figlio “Sono un ragazzo fortunato” o quando spiegherà al piccolo che dovrà abituarsi a due prese “Quella salda della madre, e quella angosciata del padre”. Emozionante quando subito dopo il parto passeggia per il lungo Tevere. Il sottofondo musicale ci fa ritornare in mente gli attimi in cui anche noi abbiamo attraversato quel momento per la prima volta.
Nove mesi sono lunghi e la gioia che si prova tenendo in braccio per le prime volte il proprio figlio è talmente forte da farti girare la testa. Hai bisogno di distaccarti da tutto, di immergerti nel silenzio totale per capire cosa sta accadendo nella tua vita. Le elezioni si concluderanno con la vittoria del centro sinistra. Mentre gli italiani festeggiano la vittoria elettorale come si celebra solo la vittoria dei mondiali, Moretti, con la sua inseparabile vespa, partecipa al carosello delle auto festeggiando la nascita del figlio, urlando al vento il peso del suo primogenito, 4K e 200grammi. Il figlio cresce, inizia a gattonare, nel frattempo la Lega annuncia la nascita della repubblica Padana, e il consenso di questo partito inizia a crescere.
Il regista sceglie di concludere la pellicola in Puglia, riprendendo lo sbarco di un barcone di albanesi. Pochi giorni prima erano morti in 60 cercando di raggiungere la costa italiana. Moretti denuncia l’assenza dei dirigenti della sinistra italiana, assenza politica ma soprattutto umana. Questo film non è fra i più apprezzati della filmografia di Moretti, nonostante molte scene siano diventate dei Cult.
Moretti per una volta sveste i panni dell’intellettuale di sinistra mostrandosi come l’uomo qualunque, l’uomo della strada, evitando di cadere nel banale, riuscendo a risultare simpatico anche a coloro che solitamente storcevano il naso quando vedevano un suo film. Il tema della paternità è stato trattato molte volte nel cinema, in Aprile Moretti però riesce a toccare le giuste corde. Mette da parte il suo egocentrismo per mostrarci il suo lato più umano, l’occasione del resto era ghiotta (unica, irripetibile!), si diventa papà solo una volta.
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g. romagna
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domenica 12 dicembre 2010
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aprile
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Dopo il ciclone Tangentopoli le urne premiano, nel 1994, Silvio Berlusconi, che sale al governo da completo neofita della politica. Per Moretti la notizia e tragica, e reagisce fumandosi una canna, l'unica della sua vita, davanti alla televisione che trasmette le immagini di un Emilio Fede estasiato per la vittoria del Cavaliere di Arcore. Con questa scena si apre, venato da quelle tonalità d'assurdo tipicamente morettiane, Aprile, intreccio politico-familiare di uno spaccato temporale molto importante nella vita del regista: è infatti in questo periodo che nasce l'egemonia berlusconiana, ma è anche in questo periodo che nasce Pietro, il figlio di Nanni. Per la precisione, il lieto evento accade due anni dopo: il primo governo del Cavaliere è caduto per la sfiducia della Lega Nord, e nel 1996 si torna alle urne.
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Dopo il ciclone Tangentopoli le urne premiano, nel 1994, Silvio Berlusconi, che sale al governo da completo neofita della politica. Per Moretti la notizia e tragica, e reagisce fumandosi una canna, l'unica della sua vita, davanti alla televisione che trasmette le immagini di un Emilio Fede estasiato per la vittoria del Cavaliere di Arcore. Con questa scena si apre, venato da quelle tonalità d'assurdo tipicamente morettiane, Aprile, intreccio politico-familiare di uno spaccato temporale molto importante nella vita del regista: è infatti in questo periodo che nasce l'egemonia berlusconiana, ma è anche in questo periodo che nasce Pietro, il figlio di Nanni. Per la precisione, il lieto evento accade due anni dopo: il primo governo del Cavaliere è caduto per la sfiducia della Lega Nord, e nel 1996 si torna alle urne. Moretti ha in cantiere due progetti: da un lato il desiderio di girare un musical su un pasticcere trotzkysta (ricordate Caro Diario?), abbandonato al primo giorno di riprese, dall'altro quello di realizzare un documentario sulla politica italiana della neonata Seconda Repubblica, compito che percepisce come un dovere nei confronti, specialmente, dell'estero. Su questo lavoro si getterà con le migliori intenzioni, ma non c'è nulla da fare: il disincanto politico e, specialmente, l'arrivo di Pietro, lo hanno terribilmente distratto. Non vale la pena occuparsi delle anomalie della politica italiana, perlomeno non ora: c'è un figlio, ed un figlio è l'evento più lieto che possa accadere. Per le brutture del paese, per le sparate xenofobiche di Bossi e le intemerate anti-giudiziarie di Berlusconi ci sarà tempo, e così per ricredersi su quello scetticismo nei confronti del fronte unitario di centro-sinistra che ha finalmente sconfitto la conventio ad excludendum che lo aveva tenuto lontano dagli scranni del governo sin dal 1948: è infatti l'Ulivo di Prodi a vincere la prova elettorale del 1996, proprio nei giorni in cui nasce Pietro, anche se l'illusione del nuovo esecutivo in carica durerà ben poco. L'emblema principale del film resta allora l'immagine di Moretti con la sua sempiterna Vespa che, partecipando ai caroselli del popolo di sinistra festante risponde con gioia ai clacson delle vetture gridando "Quattro chili e duecento grammi!", ossia il peso del piccolo appena venuto alla luce. Le immagini del documentario, seppur girate in abbondanza, vengono accantonate, ed anche il progetto del musical può riprendere vita. Non il miglior Moretti, ma sicuramente un film degno di nota, ricco di quelle geniali e caratteristiche idiosincrasie del protagonista che assumono, in alcuni frangenti, toni assolutamente esilaranti. Le dicotomie impegno pubblico-chiusura nel privato e delusioni pubbliche-gioie private sono illustrate con efficacia e, se nel racconto sono le meno morettiane a prevalere in maniera netta, non si può non capirne il perchè.
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barmario
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sabato 26 dicembre 2009
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documentario sulla politica italiana 94-98
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Trovo questo film un ottimo documentario della politica italiana degli anni '94 e '98. Moretti non risparmia nessuno, criticando e ironizzando (ovviamente Berlusconi, Fini e la Lega, ma anche la "sua" parte politica per le proprie mancanze (emblematico il caso degli immigrati annegati a mare, dove nessun esponente di sinistra espresse una propria opinione).
Forse dopo Caro diario, il film più egocentrico di Moretti, che però in fondo offre anche un ottimo squarcio della politica italiana di quegli anni
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greatsteven
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martedì 13 giugno 2017
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demagogico e privo d'un impianto davvero analitico
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APRILE (IT, 1998) diretto da NANNI MORETTI. Interpretato da NANNI MORETTI, SILVIO ORLANDO, PIETRO MORETTI, SILVIA NONO, ANGELO BARBAGALLO, ANDREA MOLAIOLI, RENATO DE MARIA
Il peggiore film di Moretti. In cui interpreta sé stesso mentre, abbandonando temporaneamente un musical incentrato su dei pasticceri, accarezza l’idea ardita e pericolosa di realizzare un documentario sulla vittoria della destra berlusconiana alle elezioni politiche del 1994, alle quali assiste con impietoso sdegno e, per la prima volta, come adduce lui stesso, si fa una canna per smaltire la tensione. La sua passione sfegatata e sempre più irrefrenabile per la politica lo fa impazzire: si riempie e addirittura cosparge la sua casa di ritagli di giornale, vive senza controllo emotivo la gravidanza della moglie che viene coronata dalla nascita di Pietro (dopo un pomeriggio trascorso a scartare nomi su nomi), disattende le aspettative degli amici e colleghi che lo vorrebbero più sereno e concentrato, raccoglie a dismisura informazioni sui trascorsi politici di un’Italia senza memoria che, votando Forza Italia a discapito dell’Ulivo e delle forze di sinistra, dimentica il proprio passato dittatoriale, affossa la democrazia e permette ad un partito filo-fascista di riafferrare lo scettro del potere.
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APRILE (IT, 1998) diretto da NANNI MORETTI. Interpretato da NANNI MORETTI, SILVIO ORLANDO, PIETRO MORETTI, SILVIA NONO, ANGELO BARBAGALLO, ANDREA MOLAIOLI, RENATO DE MARIA
Il peggiore film di Moretti. In cui interpreta sé stesso mentre, abbandonando temporaneamente un musical incentrato su dei pasticceri, accarezza l’idea ardita e pericolosa di realizzare un documentario sulla vittoria della destra berlusconiana alle elezioni politiche del 1994, alle quali assiste con impietoso sdegno e, per la prima volta, come adduce lui stesso, si fa una canna per smaltire la tensione. La sua passione sfegatata e sempre più irrefrenabile per la politica lo fa impazzire: si riempie e addirittura cosparge la sua casa di ritagli di giornale, vive senza controllo emotivo la gravidanza della moglie che viene coronata dalla nascita di Pietro (dopo un pomeriggio trascorso a scartare nomi su nomi), disattende le aspettative degli amici e colleghi che lo vorrebbero più sereno e concentrato, raccoglie a dismisura informazioni sui trascorsi politici di un’Italia senza memoria che, votando Forza Italia a discapito dell’Ulivo e delle forze di sinistra, dimentica il proprio passato dittatoriale, affossa la democrazia e permette ad un partito filo-fascista di riafferrare lo scettro del potere. Perché la sua opera meno convincente? Perché scade fin troppo presto e fin troppo facilmente nella demagogia: non basta sommergere di quotidiani un protagonista inesistente (perché l’attore-regista non fa nemmeno un pizzico di autoironia sulla sua persona umana e personalità artistica, preferendo destrutturarsi senza alcuna pietà né gentilezza) che perde il senno dietro alla caduta libera di uno Stato non preparato democraticamente a fronteggiare il dopo-Tangentopoli con tutte le conseguenze del caso: Democrazia Cristina e PCI completamente neutralizzati e distrutti; bipolarismo di camere e al contempo partitico; emersione di movimenti politici (vedi Lega Nord) costruiti su razzismo, nazionalismo, secessionismo e militarismo; perdita della memoria storica; valori costituzionali delusi, scartati o, peggio, manipolati a tutto spiano e senza il minimo risentimento. Il film centra il bersaglio con le scene corali: le marce in piazza dei comunisti con bandiere rosse sventolanti e megafoni assordanti, e la riunione della Padania a Venezia, anche qui con stendardi al vento e parole pesantemente pericolose (con un Umberto Bossi a ruota libera e già inascoltabile). I personaggi secondari vengono a malapena tracciati, senza un approfondimento psicologico che avrebbe ovviamente giovato. Nonostante la posizione politica di Moretti sia inconfutabile, altrettanto inconfondibile è lo stile manierato con cui gira questo film nel film, un documentario che vorrebbe raccontare tante verità, ma finisce solo per azzeccarne alcune e buttando via con eccessiva facilità l’opportunità di costruire un pezzo di storia italiana recente organico e obiettivo, sebbene con un chiaro schieramento politico. Di sinistra il regista, classe 1953, è sempre stato, e la sua formazione cinematografica anteriore e posteriore ad Aprile lo dimostra mediante tanti piccoli indizi disseminati qua e là con molto ordine; peccato che qui lo scarsissimo lavoro di lima, il mancato approfondimento dei caratteri di contorno e l’edificazione di una trama non-fiction che punta alla sensibilizzazione senza spiegarla, contribuiscano tutti insieme a far perdere preziosi punti al prodotto finale. Simpatica la presenza dell’inseparabile Orlando nel prologo e nell’epilogo: attore un po’ nevrotico ma bravo, riesce alla fine a farsi dare la parte del protagonista nel film musicale che Moretti accantona temporaneamente. A parte l’insieme generalmente deplorevole, l’autore riesce quantomeno ad essere ironico sui colleghi (Daniele Luchetti in particolare, catturato mentre gira una pubblicità in un ristorantino), e consegna al pubblico una storia personale (inventata, ma verosimile) di famiglia che ce la fa perlomeno a stupire per la delicatezza e l’originalità sentimentale. Troppi politici di allora nominati o mostrati addirittura attraverso la TV (Berlusconi, Prodi, Di Pietro, Dell’Utri fra gli altri, e pure qualche magistrato), quasi nessuno raccontato con un sapore gustoso. E anche una velata critica alle storture del sistema giudiziario avrebbe migliorato non di poco un filmetto minore che, in ultima analisi, si prende pure il vizio di ridicolizzare, senza volere ma quasi apposta, l’Italia appena uscita dalla terribile omeostasi partitica, avviata agli scontri a due nell’alternarsi dei governi e già pronta a rovinarsi ulteriormente con l’ingresso nella globalizzazione, benché questo terrificante fenomeno, che riassume in modo splendidamente spaventoso la modernità, avvantaggi di un piccolo pezzetto la credibilità della storia. Dopo Caro diario (1993), il buon Nanni avrà l’occasione di rifarsi, superata la parentesi filosofico-esistenziale con l’ottimo La stanza del figlio (2001), con Il caimano (2006), pellicola di stampo non politicizzato e realizzata con la lucidità di puntare il dito contro i colpevoli e la sapienza di andare fino in fondo in un discorso che agguanta un determinato senso: una "delazione"verso chi attenta alla Costituzione e alla Repubblica fondata sul lavoro.
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