domenico rizzi
|
lunedì 19 maggio 2014
|
bianco umiliato, pellerossa vincitore
|
|
|
|
La morale del film si sintetizza nel confronto finale fra il cacciatore Pike e l'indiano Kiowa che gli ha rubato un superbo stallone. "Io grande cacciatore" dice il Pellerossa al suo sconfitto rivale "Tu piccolo uomo Bianco!" Il regista inglese Anthony Harvey rispolvera così un celebre motto della Frontiera, dove si sosteneva che "la miglior donna non vale quanto un buon cavallo", frase che trovava una giustificazione nelle difficoltà di sopravvivenza in una terra ostile e quasi disabitata. Chi si trovava senza cavallo in una prateria sconfinata e priva d'acqua o in un deserto, non poteva in alcun modo cavarsela, mentre della compagnia femminile poteva anche fare a meno.
[+]
La morale del film si sintetizza nel confronto finale fra il cacciatore Pike e l'indiano Kiowa che gli ha rubato un superbo stallone. "Io grande cacciatore" dice il Pellerossa al suo sconfitto rivale "Tu piccolo uomo Bianco!" Il regista inglese Anthony Harvey rispolvera così un celebre motto della Frontiera, dove si sosteneva che "la miglior donna non vale quanto un buon cavallo", frase che trovava una giustificazione nelle difficoltà di sopravvivenza in una terra ostile e quasi disabitata. Chi si trovava senza cavallo in una prateria sconfinata e priva d'acqua o in un deserto, non poteva in alcun modo cavarsela, mentre della compagnia femminile poteva anche fare a meno. L'irlandese che insegue per tutta la durata della pellicola il suo nemico indiano non è spinto soltanto da questa esigenza, ma dall'orgoglio. Fronteggia con una sciabola il Kiowa ogni volta che riesce a raggiungerlo, ma non la spunta mai, per cui insegue vanamente il fuggitivo - che nel frattempo ha rapito una donna bianca in un assalto ad una diligenza - senza mai averne ragione. Per l'Indiano si tratta forse di un gioco crudele ma avvincente, possiede sessualmente la sua prigioniera (che non sembra però troppo traumatizzata dalla violenza subita) ma il suo interesse rimane rivolto esclusivamente ad Ala d'Aquila, il cavallo bianco ambito da Pike. Nella vicenda si intromettono alcuni Messicani che uccidono a tradimento dei Comanche, mettendosi all'inseguimento del Kiowa, il quale, astuto e avvezzo a tendere imboscate, riesce a prendersi gioco di tutti. A ben vedere, questo film celebra le qualità dell'Indiano delle pianure e ne esalta la superiorità rispetto ai nuovi invasori dalla pelle bianca o olivastra, liberandosi infine anche della ragazza. La scena finale, con un meraviglioso campo lungo sulla pianura in cui il cavaliere indiano si allontana in sella alla sua preda, è una delle mgliori che siano state inserite in un western. Girato nella Sonora messicana, "Io, grande cacciatore" non ottenne il successo commerciale che invece avrebbe meritato e fu una delle ultime produzioni della Rank Organisation. Di tendenze revisioniste, benchè fossero già lontani i tempi di "Soldato Blu" e "Piccolo Grande Uomo" - fu distribuito nel 1980 - riesce a rileggere l'epopea del West in chiave ironica, mettendo in caricatura i suoi personaggi senza mai sconfinare in aperta comicità. Il dramma di Pike, contrapposto alla superba immagine dell'Indiano trionfatore, contiene la rivincita del selvaggio nei confronti dell'uomo civilizzato quando le terre dell'Ovest costituivano ancora un dominio pressochè incontrastato - siamo intorno al 1840 - del nativo dalla pelle rossa. Al cacciatore sbeffeggiato ed umiliato, non rimane che un'assurda quanto infantile supplica rivolta a nessuno che lo possa udire, mentre i suoi occhi colmi di lacrime osservano il cavaliere che si allontana nella vallata sottostante, perdendosi nell'infinito.
Domenico Rizzi, scrittore
[-]
|
|
[+] lascia un commento a domenico rizzi »
[ - ] lascia un commento a domenico rizzi »
|
|
d'accordo? |
|
nathan
|
domenica 11 febbraio 2007
|
la storia semplice dell'incontro tra due culture
|
|
|
|
Buon film,sottovalutato,con un giovane Martin Sheen.Dopo l'inizio che fa pensare ad un'ennesima variante dello spaghetti western di serie B,il film riesce a conquistare l'animo dello spettatore grazie ad una storia semplice,in un ambiente desolato dove il contatto con la natura è fondamentale per la sopravvivenza (così come in "Corvo rosso non avrai il mio scalpo",con il quale questo film ha molti punti in comune),la storia della lotta tra un uomo bianco ed un indiano per il possesso di un meraviglioso cavallo bianco.Lo definirei un film sentimentale,piuttosto che un western,poichè il messaggio che ci vuole dare è quello di un incontro possibile tra due diverse culture.L'indiano e il bianco si seguono,si feriscono,si scontrano,ma fondamentalmente si rispettano,proprio in quanto per entrambi la conquista del cavallo bianco rappresenta la conquista della libertà.
[+]
Buon film,sottovalutato,con un giovane Martin Sheen.Dopo l'inizio che fa pensare ad un'ennesima variante dello spaghetti western di serie B,il film riesce a conquistare l'animo dello spettatore grazie ad una storia semplice,in un ambiente desolato dove il contatto con la natura è fondamentale per la sopravvivenza (così come in "Corvo rosso non avrai il mio scalpo",con il quale questo film ha molti punti in comune),la storia della lotta tra un uomo bianco ed un indiano per il possesso di un meraviglioso cavallo bianco.Lo definirei un film sentimentale,piuttosto che un western,poichè il messaggio che ci vuole dare è quello di un incontro possibile tra due diverse culture.L'indiano e il bianco si seguono,si feriscono,si scontrano,ma fondamentalmente si rispettano,proprio in quanto per entrambi la conquista del cavallo bianco rappresenta la conquista della libertà.Non c'è niente di trascendentale in questo film,intendiamoci,la regia è discreta,ma la musica è bella,per una storia semplice e sensibile.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a nathan »
[ - ] lascia un commento a nathan »
|
|
d'accordo? |
|
|