marco
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martedì 9 maggio 2006
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la tragicommedia di una "favela" romana
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Sembra quasi lo scenario di "City of God", pellicola più recente ambientata nella "favela" brasiliana, quello che Scola offre agli occhi dello spettatore con questo film a metà strada tra commedia nostrana e tardo neorealismo.
Il regista non risparmia quasi nulla nel mostrare il carnaio di vite ammassate in un sobborgo che si stenta a riconoscere come romano. Eppure su questo colle dal quale si scorge la semiperiferia residenziale della capitale, nonché il "cupolone", accade quello che agli occhi dei cittadini arriva solo come piccola criminalità: gli scippi che i figli del povero - ma avaro e meschino - Giacinto (Manfredi) commettono per le vie del centro vanno ad alimentare la miseria senza riserve della quale si nutre chi nulla ha a che vedere con i lati positivi del boom economico degli anni settanta.
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Sembra quasi lo scenario di "City of God", pellicola più recente ambientata nella "favela" brasiliana, quello che Scola offre agli occhi dello spettatore con questo film a metà strada tra commedia nostrana e tardo neorealismo.
Il regista non risparmia quasi nulla nel mostrare il carnaio di vite ammassate in un sobborgo che si stenta a riconoscere come romano. Eppure su questo colle dal quale si scorge la semiperiferia residenziale della capitale, nonché il "cupolone", accade quello che agli occhi dei cittadini arriva solo come piccola criminalità: gli scippi che i figli del povero - ma avaro e meschino - Giacinto (Manfredi) commettono per le vie del centro vanno ad alimentare la miseria senza riserve della quale si nutre chi nulla ha a che vedere con i lati positivi del boom economico degli anni settanta.
Quasi un film-denuncia, un'analisi sociologica della precarietà come conseguenza della modernità, grazie alla quale si ride, ma pur si riflette, su una realtà che mostra chiaramente che la devianza è dovuta spesso alle condizione nelle quali si vive, anzi si nasce. Dai bambini chiusi in asilo-recinto costruito alla meglio con reti da letto e ferraglia varia, alla numerosa e variegata famiglia di protagonisti residenti in una baracca nella quale si consuma di tutto: sesso con chi capita a tiro, fino a sfiorare l'incesto; la nonna paralitica e perennemente deposta innanzi a un televisore mai spento; fino al tentato omicidio di Giacinto, ideato da sua moglie e organizzato da tutta la famiglia (se così può definirsi). Il degrado si unisce ad una strana poetica del sopravvivere, fino a mostrare che la descrizione filmica di una simile condizione è tanto efficace quanto più è grottesca. Si ride parecchio, va ribadito, ma non senza malinconia, e diversamente non potrebbe essere, dato il soggetto. Non da ultimo va considerata l'ottima caratterizzazione che Manfredi opera sul suo personaggio: Giacinto è un uomo misero ma con una forza straordinaria, che difficilmente crepa, neanche se avvelenato con il veleno dei topi. I topi, altri personaggi che ricorrono continuamente nei fotogrammi del film, camminano qua e là tra letti e stracci e vengono di tanto in tanto lanciati per aria dai bimbi o dai grandi che, ormai, non ci fanno nemmeno più caso.
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[+] giusto, ma c'è anche maria assunta
(di massimiliano)
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danygor
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venerdì 1 febbraio 2013
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quando c'erano le baraccopoli a roma
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"Film duro, verace ed a tratti di un realismo quasi impressionante, che potrebbe costringere lo spettatore a smorfie d'orrore per quanto sta vedendo o ascoltando...Ma questa è la Roma del secondo dopoguerra, delle baraccopoli che sorgevano spontanee nella periferia, dove oggi ci sono invece quartieri, palazzi e strade. La Roma degli emigranti, che dal sud Italia si spostavano con le loro famiglie numerose per cercare fortuna nella Capitale, sperando di fare fortuna, sperando nella ripresa economica del Paese. Questa è la Roma raccontata da Pasolini o, in parte, da Sandro penna, una Roma fotografata benissimo dal maestro Ettore Scola, che con questo film descrive come "meglio" o, se preferite, "diversamente", non si potrebbe quell'epoca.
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"Film duro, verace ed a tratti di un realismo quasi impressionante, che potrebbe costringere lo spettatore a smorfie d'orrore per quanto sta vedendo o ascoltando...Ma questa è la Roma del secondo dopoguerra, delle baraccopoli che sorgevano spontanee nella periferia, dove oggi ci sono invece quartieri, palazzi e strade. La Roma degli emigranti, che dal sud Italia si spostavano con le loro famiglie numerose per cercare fortuna nella Capitale, sperando di fare fortuna, sperando nella ripresa economica del Paese. Questa è la Roma raccontata da Pasolini o, in parte, da Sandro penna, una Roma fotografata benissimo dal maestro Ettore Scola, che con questo film descrive come "meglio" o, se preferite, "diversamente", non si potrebbe quell'epoca.
Con questo film, sicuramente non adatto a tutti ed un po' "di nicchia", Scola sembra inaugurare una nuova stagione del Neorealismo italiano, che reinizia proprio da dove i film neorealisti hanno finito di raccontare l'evoluzione di una nazione. I vari personaggi della vicenda, seppur poveri e in evidenti condizioni di disagio sociale, mantengono quel cinismo, quell'avidità, quella cattiveria verso il prossimo, tipica della "bestia umana".
La vicenda è portata volutamente all'estremo, facendo toccare alla pellicola i toni del grottesco, genere poco diffuso nella produzione del cinema italiano e riportato in auge nel cinema contemporaneo da Ciprì e Maresco.
Una delle migliori interpretazioni di Nino Manfredi".
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sogniimpossibili
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domenica 26 agosto 2007
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belli, puliti e buoni
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Come quando si allevano gatti non di razza...che non si fanno avvicinare...integri, puliti...ombre, statue, nel divenire che in una reggia o in una baracca e' sempre la stessa cosa, la stessa musica, quella del cuore in difesa e dell'assenza di tutto come stile di vita, il proprio distintivo.
Ah...Roma roma roma roma...sparita, dove sei andata ? In qualche vecchia cartolina...nostalgie di tramonti dietro il cupolone e strisciare sul marciapiede come luna strappata, addormentandosi sul rosso del cielo tra lo stridio degli storni. Nessun "perbene" nella mia ipotesi di vita. Il forte sapore di borgata e di un perenne tetto di legno o di cartongesso. Addio, ma nel cuore sono sempre io, l'anima che randagia aspetta la sera.
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Come quando si allevano gatti non di razza...che non si fanno avvicinare...integri, puliti...ombre, statue, nel divenire che in una reggia o in una baracca e' sempre la stessa cosa, la stessa musica, quella del cuore in difesa e dell'assenza di tutto come stile di vita, il proprio distintivo.
Ah...Roma roma roma roma...sparita, dove sei andata ? In qualche vecchia cartolina...nostalgie di tramonti dietro il cupolone e strisciare sul marciapiede come luna strappata, addormentandosi sul rosso del cielo tra lo stridio degli storni. Nessun "perbene" nella mia ipotesi di vita. Il forte sapore di borgata e di un perenne tetto di legno o di cartongesso. Addio, ma nel cuore sono sempre io, l'anima che randagia aspetta la sera.Sporco gatto libero in tutto cio' che puo' accadere senza vergogne.
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[+] ottimo
(di lianò)
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sogniimpossibili
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domenica 26 agosto 2007
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belli buoni e puliti . un santo cielo ed una terra
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Che dire? Ma Roma dov'e' ora? Così, dentro rimanere uguali, cani randagi che strusciano sui marciapiedi come lune strappate, cadute dal cielo.
Che dire? Dov'e' Roma se non in quei tramonti dietro il cupolone dove l'occhio si perde nostalgico nel rosso della sera attraverso un bicchiere di vino, mentre la terra ti richiama verso una sudicia tana,.e sentire di non fare piu' in tempo ad avere nulla, e lo sporco, lo sporco attaccato...che ti fa sentire animale, e mi fa vendere l'anima alla ricerca di una mano.Nulla esiste di piu' forte che essere diversi e animali selvaggi rincorrere la preda. Roma dov'e'? Dimenticati dietro una casa popolare il vecchio far west e la sedia a dondolo della nonna rimbambita.
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alfiosquillaci
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giovedì 6 ottobre 2016
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uno sguardo cattivo
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Un film feroce, spietato. Un film, che a me popolano, uscito da ambienti non molto dissimili di quella borgata romana, fece molto male, da morirne, ma mi incitò a trovare il varco di fuga da quel mondo. Mi colpì nell’intimo Scola con il referto quasi positivistico, lombrosiano, del bassomimetico e sordido ambiente del sottoproletariato romano post “Accattone”. Qui il grande regista amplifica e conduce alle ultime conseguenze visive alcuni temi dei “Mostri” (l’episodio del borgataro che con i soldi ricevuti per comprare le medicine se ne va allo stadio). La trama gira attorno al "malloppo", un milione di lire che Giacinto (interpretato da un guercio e sordido Nino Manfredi) ha ricevuto dall'assicurazione come risarcimento di un occhio perso a causa di un getto di calce viva.
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Un film feroce, spietato. Un film, che a me popolano, uscito da ambienti non molto dissimili di quella borgata romana, fece molto male, da morirne, ma mi incitò a trovare il varco di fuga da quel mondo. Mi colpì nell’intimo Scola con il referto quasi positivistico, lombrosiano, del bassomimetico e sordido ambiente del sottoproletariato romano post “Accattone”. Qui il grande regista amplifica e conduce alle ultime conseguenze visive alcuni temi dei “Mostri” (l’episodio del borgataro che con i soldi ricevuti per comprare le medicine se ne va allo stadio). La trama gira attorno al "malloppo", un milione di lire che Giacinto (interpretato da un guercio e sordido Nino Manfredi) ha ricevuto dall'assicurazione come risarcimento di un occhio perso a causa di un getto di calce viva. Giacinto vive in una baracca di una devasta periferia romana, in un accampamento di immigrati meridionali, immerso nell'ossessione che qualche congiunto gli possa sottrarre il malloppo in un memento di distrazione. Incontrerà quindi una prostituta napoletana cone la quale sperperà il denaro.
Nel libro su Scola (a cura di Stefano Masi, Gremese 2006, p.57) leggo che il grande regista voleva proporre una sorta di prefazione a Pasolini che avrebbe dovuto dare le sue impressioni sull’evoluzione del sottoproletariato romano in apertura di film. Dubito che Pasolini avrebbe infine accettato anche se aveva dato l’assenso di massima, riservandosi comunque di visionare in anteprima la copia di lavorazione del film, che non avvenne per via della morte che lo colse nel novembre del 1975. Il film uscì qualche mese dopo infatti. Difforme è la visione del Lumpenproletariat tra i due intellettuali e registi. Pasolini era l’intellettuale gidiano che trovava nel sottoproletariato qualche forma residuale – rispetto alla perversione della modernità – di innocenza o di salvezza, qualcuno avrebbe detto con locuzione anni ’70, “dei supplementi d’anima”. Vi vedeva, nel popolo, Ninetto, ossia una risorsa sessuale, ancora pura, incontaminata. Breve: il suo sguardo sui borgatari romani non era dissimile da quello di Norman Douglas sui calabresi o von Gloden sui siciliani.
Scola, invece, è feroce in questo film fino all’autolesionismo che non so quanto rispondente a una logica simpatetica di partito, voglio dire del documentarista ufficiale del PCI e del Festival de l’Unità (1973), il ritrattista consentaneo del cosiddetto “popolo di sinistra”. In questo film mostra invece impietosamente tutta l’abiezione dei borgatari, le tare, i sordidi vizi; non assegna loro alcuna nobiltà né iconografica, né morale, né soteriologica. Li dipinge con graffiante cattiveria per quel che sono: sporchi, brutti e cattivi: tel quel, dei brutti bruti. Scola posa su questo mondo uno «sguardo» cattivo, scorticapelle, senza possibilità di riscatto o salvezza. È una umanità, quella ritratta, pervertita e sconcia, non angeli caduti ma proprio demoni imbruttiti dal lungo ristagno negli ultimi gironi dell’inferno sociale. Opera terribile che porta all’estremo lo sguardo acuto e impietoso sulla iconografia proletaria intrapreso fin dai tempi di “Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca” (1970).
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parsifal
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lunedì 5 febbraio 2018
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cinismo e povertà
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Il Maestro Scola, nel 1977, anno di grandi sommovimenti nazionali ed internazionali, per alcuni versi non certo indolori ed anche decisamente traumatici, realizza con il fido amico e collaboratore Maccari alla sceneggiatura, un film che fu accolto ottimamente dal pubblico mentre venne sezionato impietosamente da i critici dell'epoca , che non vedevano la necessità di realizzare un affresco del degrado metropolitano della capitale , in tal guisa come venmne fatto. Infatti, benchè il film appartenga a tutti gli effetti al filone della commedia all'italiana è ben più e ben oltre che una semplice commedia, destinata a d intrattenere piacevolmente lo spettatore; a tratti è un vero pugno nello stomaco, con la caratterizzazione dei personaggi così ben delineata e priva di qualsivoglia compiacimento istrionico da risultare iperrealistica e dunque estremamente graffiante.
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Il Maestro Scola, nel 1977, anno di grandi sommovimenti nazionali ed internazionali, per alcuni versi non certo indolori ed anche decisamente traumatici, realizza con il fido amico e collaboratore Maccari alla sceneggiatura, un film che fu accolto ottimamente dal pubblico mentre venne sezionato impietosamente da i critici dell'epoca , che non vedevano la necessità di realizzare un affresco del degrado metropolitano della capitale , in tal guisa come venmne fatto. Infatti, benchè il film appartenga a tutti gli effetti al filone della commedia all'italiana è ben più e ben oltre che una semplice commedia, destinata a d intrattenere piacevolmente lo spettatore; a tratti è un vero pugno nello stomaco, con la caratterizzazione dei personaggi così ben delineata e priva di qualsivoglia compiacimento istrionico da risultare iperrealistica e dunque estremamente graffiante. La vicenda si svolge quasi interamente nella zona di MOnte Ciocci, ove aveva sede un insediamento spontaneo, fatto di baracche e spelonche, nel quale vivono i disederati della metropoli, a due passi da vie residenziali dove abitano i borghesi. In una delle suddette baracche vi è una famiglia numerosissima, capeggiata dal patriarca Giacinto ( insuperabile Manfredi) muratore attempato , padre di numerosissimi figli e nonno di latrettanti nipoti. Abbrutito dall'alcol e dalle miserie della vita , ha appena ricevuto un indennizzo monetario dall'assicurazione per un infortunio sul lavoro ( perdita di un occhio). La somma di un milione ( Bonaventura Docet) fa gola a tutta la sua progenie, che non si fa scrupolo nel tentare di sottrargli la somma , senza però riuscirci. NUmerose scene , tratteggiate con cinica ironia, sottolineano la mancanza di scrupoli di entrambe le parti, pu rdi raggiungere i propri obietttivi. Trucchi sporchi, sgambetti, cattiverie e colpi bassi di ogni genere non vengono risparmiati. UN giorno Giacinto si innamora di una giovane e florida prostituta ,Iside e comincia a dedicarle tutte le sue attenzioni. Temendo che la somma possa estinguersi e mossa dal desiderio di vendetta, la moglie raduna tutta la famiglia e decide di uccidere il tiranno. Ora la narrazione diventa a tinte fosche, ma i colpi di scena non mancheranno... Affresco duro ed implacabile di realtà suburbane che diede molto fastidio ai perbenisti. Ben realizzato e portato a termine con estrema onestà intellettuale.
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enzo70
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lunedì 9 novembre 2015
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ritratto grottesco di un disagio sociale
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In una baraccopoli della periferia romana vive una famiglia, ma non è una favola, anzi il lupo cattivo sono tutti i componenti del gruppo, tutti brutti, tutti sporchi e tutti cattivi. Classico prodotto italiano d’autore degli anni settanta, con chiari richiami ai lavori di Pasolini, questo film di Ettore Scola che si avvale di un’interpretazione maiuscola di Nino Manfredi si caratterizza per il tono surreale della narrazione, sempre oltre le righe, sempre al di là di ogni limite. Ritratto di una società in crisi di valori questo film è alla fine un atto di denuncia del disagio sociale.
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In una baraccopoli della periferia romana vive una famiglia, ma non è una favola, anzi il lupo cattivo sono tutti i componenti del gruppo, tutti brutti, tutti sporchi e tutti cattivi. Classico prodotto italiano d’autore degli anni settanta, con chiari richiami ai lavori di Pasolini, questo film di Ettore Scola che si avvale di un’interpretazione maiuscola di Nino Manfredi si caratterizza per il tono surreale della narrazione, sempre oltre le righe, sempre al di là di ogni limite. Ritratto di una società in crisi di valori questo film è alla fine un atto di denuncia del disagio sociale. Dire se questa pellicola ha ancora un valore di attualità non è semplice, gli anni del boom hanno diffuso un benessere per cui quelle realtà sono state superate, anzi affiancate da nuove realtà di povertà e miseria. Ma nonostante il grande valore d’impatto di questo film non lo ritengo uno dei migliori lavori di Scola.
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dandy
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martedì 22 settembre 2020
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ma n''dò vai oaòòòòò
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Ferocissimo e caustico ritratto della vita nelle baraccopoli di Roma(girato nella zona di Mote Cicci,fino all'anno seguente,occupata dalle baracche).Un'umanità derelitta disumanizzata mossa da avidità e bassezza,per le quali non ha differenzaalcuna rispetto alle altre classi sociali.Un mondo sporco e bestiale dominato con pugno di ferro dall'indimenticabile Manfredi,circondato da veri baccanti e spesso improvvisando nei dialoghi con la memorabile parlata pugliese.Laidezza e bassezze varie imperano,lo stile grottesco e sgradevole non è sempre azzeccato ma la visione d'insieme è spietatamente lucida,con un che dell'Inferno di Dante e momenti che quasi anticipano le prime opere di John Waters,con personaggi freak e momenti stomachevoli(celebre la sequenza della pasta).
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Ferocissimo e caustico ritratto della vita nelle baraccopoli di Roma(girato nella zona di Mote Cicci,fino all'anno seguente,occupata dalle baracche).Un'umanità derelitta disumanizzata mossa da avidità e bassezza,per le quali non ha differenzaalcuna rispetto alle altre classi sociali.Un mondo sporco e bestiale dominato con pugno di ferro dall'indimenticabile Manfredi,circondato da veri baccanti e spesso improvvisando nei dialoghi con la memorabile parlata pugliese.Laidezza e bassezze varie imperano,lo stile grottesco e sgradevole non è sempre azzeccato ma la visione d'insieme è spietatamente lucida,con un che dell'Inferno di Dante e momenti che quasi anticipano le prime opere di John Waters,con personaggi freak e momenti stomachevoli(celebre la sequenza della pasta).Colpisce il finale,inaspettatamente misurato ma di certo non lieto.Grande cinema nostrano del passato.Sceneggiatura del regista con Ruggero Maccarri.Belle musiche di Armando Tovajoli.Zoe Incrocci(sorella di Agenore)è la madre di Tommasina.Giovanni Rovini è la spassosa nonna Antonecchia.Premio a Cannes per la miglior regia.
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nicola puccini
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martedì 27 febbraio 2001
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insulso.
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Scola al suo "massimo". La tesi è che i poveri sono cattivi perché vorrebbero essere come i ricchi. Pochade sui baraccati tra ripicche, trivialità e orrori. Un film insomma che fa davvero schifo.
[+] je le dirai en dialecte, tabarnac !
(di marc provencher)
[ - ] je le dirai en dialecte, tabarnac !
[+] per puccini
(di scorpion)
[ - ] per puccini
[+] ritirati!!!
(di lianò)
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[+] ahahah...
(di anti troll)
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[+] a.u.b.(che in olandese significaper cortesia!!!!!
(di studdu)
[ - ] a.u.b.(che in olandese significaper cortesia!!!!!
[+] forse sei ricco e con la puzza sotto il naso?
(di max.l)
[ - ] forse sei ricco e con la puzza sotto il naso?
[+] indimenticabile
(di bertold)
[ - ] indimenticabile
[+] hai ragione
(di civis)
[ - ] hai ragione
[+] rifatti la bocca
(di hipsterical)
[ - ] rifatti la bocca
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