Gli anni Settanta, si sa, sono stati gli anni d'oro del filone demoniaco. Filone che, ufficialmente, viene inaugurato dai grandi successi di "Rosemary's Baby" di Polanski e de "L'esorcista" di Friedklin. Come al solito, questi successi hanno dato il via ad una serie di film con un unico comune denominatore: in questo caso, il Diavolo. Da una parte si ebbero meri tentativi di imitazione, dall'altra un gruppo di film molto più originali e che tentarono strade alternative. E questo è il caso del film di Dallamano.
La pellicola non è priva di un ( minuscolo ) difetto: la scena della morte della governante è inattendibile e quasi priva di tensione. Ma Dallamano riesce a calare bene anche quattro, formidabili, assi: l'insolita ambientazione umbra, le ambinuità dei personaggi, un'atmosfera malinconica e quasi struggente ( e ciò rende la presenza demoniaca ancora più insinuante )e una protagonista, la Elmi, bravissima e parecchio inquietante ( e non è un caso che il suo sia diventato uno dei volti più sfruttati nel cinema horror e thriller nostrano ).
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Gli anni Settanta, si sa, sono stati gli anni d'oro del filone demoniaco. Filone che, ufficialmente, viene inaugurato dai grandi successi di "Rosemary's Baby" di Polanski e de "L'esorcista" di Friedklin. Come al solito, questi successi hanno dato il via ad una serie di film con un unico comune denominatore: in questo caso, il Diavolo. Da una parte si ebbero meri tentativi di imitazione, dall'altra un gruppo di film molto più originali e che tentarono strade alternative. E questo è il caso del film di Dallamano.
La pellicola non è priva di un ( minuscolo ) difetto: la scena della morte della governante è inattendibile e quasi priva di tensione. Ma Dallamano riesce a calare bene anche quattro, formidabili, assi: l'insolita ambientazione umbra, le ambinuità dei personaggi, un'atmosfera malinconica e quasi struggente ( e ciò rende la presenza demoniaca ancora più insinuante )e una protagonista, la Elmi, bravissima e parecchio inquietante ( e non è un caso che il suo sia diventato uno dei volti più sfruttati nel cinema horror e thriller nostrano ). Spoleto diventa una città labirintica in cui l'apparente solarità fa, per contrasto, risaltare meglio le inquietudini tenebrose della vicenda, mentre i personaggi (in maniera quasi subliminale e mai didascalica ) mostrano ciascuno il loro lato oscuro ( la ragazzina è morbosamente innamorata del padre, il padre ha un'attrazione per il diabolico, idem per la sua nuova amante, la governante è una repressa e, infine, la contessa Cappelli è un'inquietante grillo parlante ). Non dimentichiamo infine, lo slittamento tematico della storia: non si tratta di una vera e propria possessione diabolica, ma di un'anima reincarnata ( e omicida ) che il Diavolo rivuole indietro. Finale triste, ma è una chiusura perfetta: quell'ultima immagine col dipinto diabolico e la famosa frase di Paolo VI ti rimangono nella testa e non se ne vanno più via.
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