g. romagna
|
mercoledì 5 gennaio 2011
|
pink floyd live at pompeii
|
|
|
|
Il regista Adrian Maben gira un concerto a porte chiuse dei Pink Floyd all'interno della cornice di Pompei, inframmezzandolo con interviste ai membri del gruppo durante momenti di riposo negli studi di registrazione. L'esito complessivo dell'unione tra parte visiva e sonora risulta irresistibile: l'accurata ricerca stilistica delle immagini, unita alla naturale bellezza del sito scelto ed alle magiche melodie dei Pink Floyd trasporta, in un viaggio lungo ottantacinque minuti, dagli echi della distruzione vesuviana ai sussurri dei più lontani orizzonti cosmici. Si comincia con la prima parte di Echoes, ed è subito una totale immersione nell'atmosfera floydiana, poi si procede con Careful With That Axe Eugene, A Saucerful Of Secrets (in cui il mirabile connubio audiovisivo raggiunge forse la vetta più elevata di tutto il film), Us and Them (estratti dalla registrazione in studio), One Of These Days (con sapienti giochi registici sulla batteria, fatta graficamente più e più volte "a pezzi" ed ogni volta ricomposta, per seguire il tema del brano), Mademoiselle Nobs, Brain Damage (proposta nello stesso modo di Us And Them), Set the Controls for the Heart of the Sun e, per chiudere in bellezza, la seconda parte di Echoes, su cui scorrono i titoli di coda chiudendo un'esperienza imprescindibile per gli amanti dei quattro geni britannici che più di ogni altro gruppo sono stati capaci di rivoluzionare la storia della musica impostando uno stile inimitabile, ineguagliato e, probabilmente (perlomeno fino ad ora), ineguagliabile.
[+]
Il regista Adrian Maben gira un concerto a porte chiuse dei Pink Floyd all'interno della cornice di Pompei, inframmezzandolo con interviste ai membri del gruppo durante momenti di riposo negli studi di registrazione. L'esito complessivo dell'unione tra parte visiva e sonora risulta irresistibile: l'accurata ricerca stilistica delle immagini, unita alla naturale bellezza del sito scelto ed alle magiche melodie dei Pink Floyd trasporta, in un viaggio lungo ottantacinque minuti, dagli echi della distruzione vesuviana ai sussurri dei più lontani orizzonti cosmici. Si comincia con la prima parte di Echoes, ed è subito una totale immersione nell'atmosfera floydiana, poi si procede con Careful With That Axe Eugene, A Saucerful Of Secrets (in cui il mirabile connubio audiovisivo raggiunge forse la vetta più elevata di tutto il film), Us and Them (estratti dalla registrazione in studio), One Of These Days (con sapienti giochi registici sulla batteria, fatta graficamente più e più volte "a pezzi" ed ogni volta ricomposta, per seguire il tema del brano), Mademoiselle Nobs, Brain Damage (proposta nello stesso modo di Us And Them), Set the Controls for the Heart of the Sun e, per chiudere in bellezza, la seconda parte di Echoes, su cui scorrono i titoli di coda chiudendo un'esperienza imprescindibile per gli amanti dei quattro geni britannici che più di ogni altro gruppo sono stati capaci di rivoluzionare la storia della musica impostando uno stile inimitabile, ineguagliato e, probabilmente (perlomeno fino ad ora), ineguagliabile. Unica nota parzialmente negativa è la presenza nel finale di Echoes (nella versione più recente del film) delle ricostruzioni digitali di Pompei prima della devastazione, cariche, se vogliamo, dal punto di vista del significato, ma visivamente inadatte al contesto. Per il resto, peccato solo che duri così poco.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a g. romagna »
[ - ] lascia un commento a g. romagna »
|
|
d'accordo? |
|
ivan il matto
|
martedì 29 aprile 2025
|
pompei...ed oltre l''infinito
|
|
|
|
Pompei….ed oltre l’infinito
“Evocativo”, forse è questo il termine più adatto per decifrare il documentario “Pink Floyd: live at Pompeii”(1972), diretto da Adrian Maben, nelle sale in questi giorni festivi post pasquali, restaurato in 4k e remixato nel sonoro da specialisti del settore. Parliamo di un leggendario concerto dell’ottobre 1971, girato in 4 giorni dalla band britannica, senza pubblico e senza scenografie particolari, presso l’anfiteatro romano di Pompei, in Campania. Evocativo perché le immagini delle rovine di Pompei, ancestrali e austere, insieme ai paraggi desertici delle solfatare, rinviano direttamente ai paesaggi californiani di “Zabriskie Point” di Michelangelo Antonioni (1970), alla cui colonna sonora parteciparono gli stessi Pink Floyd.
[+]
Pompei….ed oltre l’infinito
“Evocativo”, forse è questo il termine più adatto per decifrare il documentario “Pink Floyd: live at Pompeii”(1972), diretto da Adrian Maben, nelle sale in questi giorni festivi post pasquali, restaurato in 4k e remixato nel sonoro da specialisti del settore. Parliamo di un leggendario concerto dell’ottobre 1971, girato in 4 giorni dalla band britannica, senza pubblico e senza scenografie particolari, presso l’anfiteatro romano di Pompei, in Campania. Evocativo perché le immagini delle rovine di Pompei, ancestrali e austere, insieme ai paraggi desertici delle solfatare, rinviano direttamente ai paesaggi californiani di “Zabriskie Point” di Michelangelo Antonioni (1970), alla cui colonna sonora parteciparono gli stessi Pink Floyd. Non solo, lo space rock dei quattro ragazzi sullo schermo, suggeriscono atmosfere fantascientifiche direttamente connesse a un capolavoro cinematografico del genere, uscito nel 1968, quale “2001 odissea nello spazio” di Stanley Kubick. Ancora, gli sguardi in primo piano di David Gilmour, Roger Waters, Nick Mason e Richard Wright dimostrano fame di futuro, fiducia, evocano, appunto, la consapevolezza di quelli che, alla fine del decennio dei giovani, (i fatidici anni ’60), si presentano come gli eredi selettivi della migliore musica pop fino a quel momento ascoltata. Non a caso il documentario presenta ampie sequenze, fra un brano e l’alto, dagli Abbey Road studios di Londra, dove la band, nel corso del 1972, preparava l’album della consacrazione, quel “The dark side of the moon”, destinato a vendere da solo quasi 50 milioni di copie nei decenni successivi. Quanta differenza con lo sguardo perso, quasi catatonico, di un Kurt Cobain più di vent’anni dopo, in ben altra situazione storico-sociale, senza domani, senza prospettive, senza speranze (nonostante il talento stratosferico), così come lo fotografa Gus Van Sant nello spettrale “Last Days” (2005), ricostruendo liberamente gli ultimi giorni del leader dei Nirvana (pur con altro nome), suicidatosi il 5 aprile 1994. Anch’egli prigioniero, evidentemente, dell’assurdo culto della bella morte a 27 anni come altre stelle del rock ’60 quali Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison avevano fatto prima di lui. Molto più prosaicamente, schiavi del progressive rock come delle sperimentazioni sonore più estreme, i Pink Floyd hanno saputo accompagnarci nei decenni, magari non più in jeans stinti e semplici t.shirt come a Pompei nel loro stato di grazia….ma almeno presenti all’appello.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ivan il matto »
[ - ] lascia un commento a ivan il matto »
|
|
d'accordo? |
|
ivan il matto
|
martedì 29 aprile 2025
|
pompei...ed oltre l''infinito
|
|
|
|
Pompei….ed oltre l’infinito
“Evocativo”, forse è questo il termine più adatto per decifrare il documentario “Pink Floyd: live at Pompeii”(1972), diretto da Adrian Maben, nelle sale in questi giorni festivi post pasquali, restaurato in 4k e remixato nel sonoro da specialisti del settore. Parliamo di un leggendario concerto dell’ottobre 1971, girato in 4 giorni dalla band britannica, senza pubblico e senza scenografie particolari, presso l’anfiteatro romano di Pompei, in Campania. Evocativo perché le immagini delle rovine di Pompei, ancestrali e austere, insieme ai paraggi desertici delle solfatare, rinviano direttamente ai paesaggi californiani di “Zabriskie Point” di Michelangelo Antonioni (1970), alla cui colonna sonora parteciparono gli stessi Pink Floyd.
[+]
Pompei….ed oltre l’infinito
“Evocativo”, forse è questo il termine più adatto per decifrare il documentario “Pink Floyd: live at Pompeii”(1972), diretto da Adrian Maben, nelle sale in questi giorni festivi post pasquali, restaurato in 4k e remixato nel sonoro da specialisti del settore. Parliamo di un leggendario concerto dell’ottobre 1971, girato in 4 giorni dalla band britannica, senza pubblico e senza scenografie particolari, presso l’anfiteatro romano di Pompei, in Campania. Evocativo perché le immagini delle rovine di Pompei, ancestrali e austere, insieme ai paraggi desertici delle solfatare, rinviano direttamente ai paesaggi californiani di “Zabriskie Point” di Michelangelo Antonioni (1970), alla cui colonna sonora parteciparono gli stessi Pink Floyd. Non solo, lo space rock dei quattro ragazzi sullo schermo, suggeriscono atmosfere fantascientifiche direttamente connesse a un capolavoro cinematografico del genere, uscito nel 1968, quale “2001 odissea nello spazio” di Stanley Kubick. Ancora, gli sguardi in primo piano di David Gilmour, Roger Waters, Nick Mason e Richard Wright dimostrano fame di futuro, fiducia, evocano, appunto, la consapevolezza di quelli che, alla fine del decennio dei giovani, (i fatidici anni ’60), si presentano come gli eredi selettivi della migliore musica pop fino a quel momento ascoltata. Non a caso il documentario presenta ampie sequenze, fra un brano e l’alto, dagli Abbey Road studios di Londra, dove la band, nel corso del 1972, preparava l’album della consacrazione, quel “The dark side of the moon”, destinato a vendere da solo quasi 50 milioni di copie nei decenni successivi. Quanta differenza con lo sguardo perso, quasi catatonico, di un Kurt Cobain più di vent’anni dopo, in ben altra situazione storico-sociale, senza domani, senza prospettive, senza speranze (nonostante il talento stratosferico), così come lo fotografa Gus Van Sant nello spettrale “Last Days” (2005), ricostruendo liberamente gli ultimi giorni del leader dei Nirvana (pur con altro nome), suicidatosi il 5 aprile 1994. Anch’egli prigioniero, evidentemente, dell’assurdo culto della bella morte a 27 anni come altre stelle del rock ’60 quali Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison avevano fatto prima di lui. Molto più prosaicamente, schiavi del progressive rock come delle sperimentazioni sonore più estreme, i Pink Floyd hanno saputo accompagnarci nei decenni, magari non più in jeans stinti e semplici t.shirt come a Pompei nel loro stato di grazia….ma almeno presenti all’appello.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ivan il matto »
[ - ] lascia un commento a ivan il matto »
|
|
d'accordo? |
|
paolo 67
|
domenica 13 novembre 2011
|
un concerto nello spazio-tempo
|
|
|
|
I Pink Floyd sono l'espressione degli umori giovanili della borghesia passata dai sogni psichedelici degli anni '60 gli incubi della alienazione dei decenni successivi. Il film simboleggia la fine del primo ciclo del gruppo. I resti pompeiani accentuano le sensazioni suggerite dai suoni: ipnotica, solenne o estasiata la musica della band in alcuni dei loro classici (con due anteprime registrate in studio). Dalla magia di "Echoes" all'immensità di "Set the controls for the heart of the sun" un concerto che è anche il suggello di un periodo estremamente creativo della musica pop, di una ricerca sul linguaggio, liberatorio di stupefacenti immagini (Kubrick voleva usare una delle loro suite nella colonna sonora di "2001").
[+]
I Pink Floyd sono l'espressione degli umori giovanili della borghesia passata dai sogni psichedelici degli anni '60 gli incubi della alienazione dei decenni successivi. Il film simboleggia la fine del primo ciclo del gruppo. I resti pompeiani accentuano le sensazioni suggerite dai suoni: ipnotica, solenne o estasiata la musica della band in alcuni dei loro classici (con due anteprime registrate in studio). Dalla magia di "Echoes" all'immensità di "Set the controls for the heart of the sun" un concerto che è anche il suggello di un periodo estremamente creativo della musica pop, di una ricerca sul linguaggio, liberatorio di stupefacenti immagini (Kubrick voleva usare una delle loro suite nella colonna sonora di "2001").
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paolo 67 »
[ - ] lascia un commento a paolo 67 »
|
|
d'accordo? |
|
dandy
|
sabato 22 giugno 2013
|
una chicca,musicalmente parlando.
|
|
|
|
Pare che l'idea sia venuta a Maben in vacanza a Napoli:dimenticando il passaporto a Pompei vi ritornò di notte,e tanto rimase colpito dal luogo che decise di farci suonare i Pink Floyd.I quali insistettero per eseguire dal vivo le musiche.Così dovettero trasportare tonnellate di attrezzature coi camion.E siccome non c'era elettricità sufficiente,venne effettuato un allacciamento al municipio locale.Le riprese furono perciò effettuate in brevissimo tempo(4 giorni)e pare che in seguito diverse bobine andarono perdute.Dal punto di vista delle musiche merita 5 stelle:le esecuzioni sono perfette e il connubio con le immagini è spesso suggestivo.Come documentario(o film),oggi appare assai datato negli effetti visivi(pessima la ricostruzione finale di Pompei in 3-D).
[+]
Pare che l'idea sia venuta a Maben in vacanza a Napoli:dimenticando il passaporto a Pompei vi ritornò di notte,e tanto rimase colpito dal luogo che decise di farci suonare i Pink Floyd.I quali insistettero per eseguire dal vivo le musiche.Così dovettero trasportare tonnellate di attrezzature coi camion.E siccome non c'era elettricità sufficiente,venne effettuato un allacciamento al municipio locale.Le riprese furono perciò effettuate in brevissimo tempo(4 giorni)e pare che in seguito diverse bobine andarono perdute.Dal punto di vista delle musiche merita 5 stelle:le esecuzioni sono perfette e il connubio con le immagini è spesso suggestivo.Come documentario(o film),oggi appare assai datato negli effetti visivi(pessima la ricostruzione finale di Pompei in 3-D).E le aggiunte nelle versioni successive del '74(80')e del 2003(92')sono discutibili,se non inutili(come l'inserimento di interviste tra un brano e l'altro e l'incisione nello studio di Parigi dei brani di "The Dark Side of the Moon").E' comunque una prova imperdibile dell'infinito talento di una delle band migliori di tutti i tempi,all'epoca al culmine della sperimentazione.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a dandy »
[ - ] lascia un commento a dandy »
|
|
d'accordo? |
|
|