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elgatoloco
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martedì 22 ottobre 2019
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titolo italiano fuorviante per un film"epocale"
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Parlare di film"epocale"è azzardato per molte opere cinematografiche, non per questo"Jeremiah Johnson"(1972, regia di Syndey Pollack), che in italiano è deinvtato improvvidamente"Corvo rosso non avrai il mio scalpo", quasi alludendo agli western"à la John Wayne"dove il cattivo è sempre il nativo americano, il buono invece il "buon"(nell'accezione dialettale, però, dove "buono"può spesso voler dire anche"fesso"), mentre quanto il film veicola(non dirò il"messaggio", a cui non credo)è porecisamente l'opposto, Jeremiah Johnson è un personaggio realmente esistito, un reduce dalla guerra tra States e Mexico di metà 1800 che, stanco della"civiltà"; fa a fare il"rapper"nei Rocky Mountains, certo incontrando la diffidenza iniziale dei"Nativi", poi invece.
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Parlare di film"epocale"è azzardato per molte opere cinematografiche, non per questo"Jeremiah Johnson"(1972, regia di Syndey Pollack), che in italiano è deinvtato improvvidamente"Corvo rosso non avrai il mio scalpo", quasi alludendo agli western"à la John Wayne"dove il cattivo è sempre il nativo americano, il buono invece il "buon"(nell'accezione dialettale, però, dove "buono"può spesso voler dire anche"fesso"), mentre quanto il film veicola(non dirò il"messaggio", a cui non credo)è porecisamente l'opposto, Jeremiah Johnson è un personaggio realmente esistito, un reduce dalla guerra tra States e Mexico di metà 1800 che, stanco della"civiltà"; fa a fare il"rapper"nei Rocky Mountains, certo incontrando la diffidenza iniziale dei"Nativi", poi invece... Il personaggio ha incontrato l'interesse di vari scrittori e anche qui il fo, è ispirato a due di loro, con il risultato che la sceneggiatura, opear in gran parte di John Milius, una"solida roccia"nel cinema mondiale, è probabilmente decisamente di livello superiore alle due fonti letterarie di partenza...il che non succede spessissimo, ma qualche volta indubbiamente avviene. Pollack ha contesutlaizzato le vicenda di Johnson , tra scontri e poi confronti anche pacifici con gli"indiani d'America", come si dice ancora con espressione rimandante a don Cristobal Cloòn alias Cristoforo Colombo, nella natura"sevlaggia"e particolarissima dei"rockY Mountains", notoriamente diversissimi dalle montagne europee e comuqnue singolari anche nella geografia e nell'orografia del continente detto"americanO". Decisamente importante, però, è la focalizzazione tra gli socntri e confronti tra gli umani, dove il "focus"è proprio qui, ossia sull'essere umani che caratterizza sia i"Bianchi"sia i "Nativi americani",c on mister Jeremiah che riesce, anche se a tappa, rpogressivamwnte, a conquistare la fiducia e la stima dei suoi avversari, poi invece "altro"nei suoi confronti, Bisognerebbe anche dire non poco della bravura di Robert Redford, qui decisamente al meglio delle sue potenzialità ma, per non incorrere nelle lungaggini relative alla citazione di tutto il cast, basterà dire che tutti e tutte gli(le interpreti sono assolutamwnte all'altezza di un film che segna un discrimine, insieme a"Blue Soldier"rispetto ai film western "classici"semza peraltro in alcun modo rincorrere le suggestioni è la Sergio Leone e degli"spaghetti-western", definixione peraltro logora quanto inadeguata, ma tuttora invalsa nell'uso corrente. El Gato
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fabio
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lunedì 15 aprile 2019
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pollack all'avventura
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Nel solco del cinema d'avventura Pollack ci regala emozioni e paesaggi meravigliosi. Il film mantiene intatto il suo smalto, specialmente nella prima parte: la fuga dalla civiltà verso una nuova dimensione.
Meno riuscito il racconto della "guerra" contro i corvi, indiani rei di aver sterminato la famiglia del protagonista.
Ma nel complesso c'è abbastanza per tornare bambini e sogn are di diventare cacciatori tra boschi e montagne infinite.
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nellosisilini
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sabato 18 agosto 2018
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leggende e mito.
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deficienza col cuore..., anche 8 mila volte e non a caso
se analizzassimo la storia del west e americana, compreso il colpo
di fucile realmente riservato al presidente dei sessanta, e chi
o chi per chi dovrebbe prendersene le responsabilità..., la
scioltezza con cui il mito le racconta..., potremmo scorgere
che tante storie demenziali narrative o di fantasia che siano,
lasciano quella deficienza, preferire soffrire anzichè
riconoscere la storia, o narrare di fantasia non esula dalle
evidenze che la storia in modo matematico ci espone,
poi, per il resto è l'abitudine... in caso a fare la differenza,
i jimi hendrix, mancini e non a caso di
pelle nera non c'hanno spiegato la loro esistenza, soltanto la
loro fine comune a situazione del genere, il preoccuparsi
per sè, senza colcolare il resto del mondo gli
servirebbe soltanto a aggrapparsi tutte le volte al mito.
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deficienza col cuore..., anche 8 mila volte e non a caso
se analizzassimo la storia del west e americana, compreso il colpo
di fucile realmente riservato al presidente dei sessanta, e chi
o chi per chi dovrebbe prendersene le responsabilità..., la
scioltezza con cui il mito le racconta..., potremmo scorgere
che tante storie demenziali narrative o di fantasia che siano,
lasciano quella deficienza, preferire soffrire anzichè
riconoscere la storia, o narrare di fantasia non esula dalle
evidenze che la storia in modo matematico ci espone,
poi, per il resto è l'abitudine... in caso a fare la differenza,
i jimi hendrix, mancini e non a caso di
pelle nera non c'hanno spiegato la loro esistenza, soltanto la
loro fine comune a situazione del genere, il preoccuparsi
per sè, senza colcolare il resto del mondo gli
servirebbe soltanto a aggrapparsi tutte le volte al mito...,
incapaci di guardarsi a tutto campo, e per l'abitudine... e non più che le
autodimissioni... per pseudosoddisfacimento di compimento capitale monetario,
o sottostimato esito referendario, è fantasia
tipo il ghigno schiacciato o la mano, e il pugno de dios..., e che però si
realizza a modo loro..., surreale, e per comunque avere
pontificato sul desiderare e volere assurdità, bel sogno, altresì
governino se ne è capace... qualcuno di loro, non così nel far west,
e per chi non si ricorda cosa avrebbe dovuto fare, comunque
storielle semicostruite sul mito americano e non più che discreto film.
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elgatoloco
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venerdì 2 marzo 2018
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bel film leggendario
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Una delle leggende del West è questa di Jeremiah Johnson, personaggio realmente esistito, peraltro, protagonista della guerra tra States e Mexico del 1846-48, Johnson, detto"Liver-Eating"Johnson, che Sidney Pollack nel 1972 ha reso splendidamente(squarci scenografici, ma in realtà tutto, ogni particolare, anche quelli cruenti della guerra, della vendetta, della caccia), traendo spunto da un racconto("Crow killer"di Raymond Thurp e Robert Bunker) che si colloca tra la biografia e l'apologia del personaggio. Qui, però, siamo molto lontani dall'apologia leggendaria, rimane una leggenda che però non sottace gli elementi violenti, ma invero più che altro vendicativi del personaggio, senza in alcun modo"incensarlo".
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Una delle leggende del West è questa di Jeremiah Johnson, personaggio realmente esistito, peraltro, protagonista della guerra tra States e Mexico del 1846-48, Johnson, detto"Liver-Eating"Johnson, che Sidney Pollack nel 1972 ha reso splendidamente(squarci scenografici, ma in realtà tutto, ogni particolare, anche quelli cruenti della guerra, della vendetta, della caccia), traendo spunto da un racconto("Crow killer"di Raymond Thurp e Robert Bunker) che si colloca tra la biografia e l'apologia del personaggio. Qui, però, siamo molto lontani dall'apologia leggendaria, rimane una leggenda che però non sottace gli elementi violenti, ma invero più che altro vendicativi del personaggio, senza in alcun modo"incensarlo". L'interpretazione di Bob Redford è, come sempre, di altissimo profilo, con sfumature di estrema efficacia. Tutto è invero azzeccatissimo, tra mancanza di retorica, una sorta di"realismo fantastico"(il West è comunque spesso fantasia, proiezione, altro rispetto alla"realtà", in un'atmosfera che non è né può essere quello della ricostruzione storica, chiaramente. Antiretorico, "Jeremiah Johnson", persona non molto pia(non lo era, in senso cristiano, neppure il profeta da cui prende il nome), mostra anche e soprattutto la natura perfida dei Bianchi, comunque considerati da PollacK a buona ragione invasori e imperialisti. El Gato
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diskol88
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domenica 13 novembre 2016
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indios frio coniglio ma fammi il piacere.
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volendo esplorare la storia dei nativi americani, la storia è eccellente, sulla
parete di roccia lo zoom si estende, e a casa dal
sepolcreto corvo; immaginavano la loro visione della felicità;
il risultato però con attimi di pura bellezza
trova semplici comparse, "fanno buoni biscotti"... ma,
ci sono troppe sorprese per una coincidenza,
il paragone sondante sembrava affascinante..., "verifica"!
e getta quello scettro... corvo rosso, ma fritto! sembra dire
tanta gente, e comincia a metterti nell'ordine che ci si deve fare eleggere in democrazia!
non col sondino dei voti... da indios, dal popolo, se non si è studiato la democrazia
la laurea e altre cose non serve a gran chè, non siamo sul pianeta marte e neanche a frikky woodstock, e corvo rosso è più indios di quel che si creda, così è la storia, eccellente,
con molte aree di bellezza ed è raffigurato un momento nella storia degli us, 1830, bel film.
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volendo esplorare la storia dei nativi americani, la storia è eccellente, sulla
parete di roccia lo zoom si estende, e a casa dal
sepolcreto corvo; immaginavano la loro visione della felicità;
il risultato però con attimi di pura bellezza
trova semplici comparse, "fanno buoni biscotti"... ma,
ci sono troppe sorprese per una coincidenza,
il paragone sondante sembrava affascinante..., "verifica"!
e getta quello scettro... corvo rosso, ma fritto! sembra dire
tanta gente, e comincia a metterti nell'ordine che ci si deve fare eleggere in democrazia!
non col sondino dei voti... da indios, dal popolo, se non si è studiato la democrazia
la laurea e altre cose non serve a gran chè, non siamo sul pianeta marte e neanche a frikky woodstock, e corvo rosso è più indios di quel che si creda, così è la storia, eccellente,
con molte aree di bellezza ed è raffigurato un momento nella storia degli us, 1830, bel film.
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super2davide
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giovedì 6 ottobre 2016
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capolavoro
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Capolavoro del genere western.
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aabbaa
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lunedì 11 aprile 2016
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meraviglioso
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Ottimo western diretto magistralmente da Sydey Pollack e ben interpretato da Robert Redford.
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onufrio
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mercoledì 11 marzo 2015
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nelle terre selvagge
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Amante della caccia decide di lasciare la città per vivere sulle fredde montagne del Colorado; dopo le difficoltà iniziali, l'incontro col vecchio artigli d'oro diventa di vitale importanza per Jeremiah, egli impara tutti i trucchi del mestiere e viene messo in guardia dagli indiani, più precisamente dalla tribù dei Corvo Rosso. Western diretto da Pollack, bellissimi paesaggi, il protagonista si confronta prima contro la natura e dopo contro gli indiani.
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sir gient
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venerdì 23 gennaio 2015
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...ispirando ken ...
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Il regista non si discute, la sceneggiatura nemmeno...vogliamo parlare della fotografiaa? Nahhh non si discute nemmeno quella... forse i dialoghi, concisi, crudi limitati all'essenziale? no non direi... i dialoghi non si discutono...Quindi di cosa parliamo qui? Di un capolavoro, perchè di questo si tratta, assimilabile al genere western anche se la cosa sarebbe parecchio limitativa e restrittiva, questa meravigliosa incisione su pietra, questo piccolo tempio del costrutto cinematografico ci proietta in un passato remoto dove gli uomini già allora stufi del nascente progresso, stufi della politica, stufi della guerra, ma soprattutto desiderosi di libertà e di confrontarsi con se stessi, fuggono dalla civiltà per andare "into the wild" .
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Il regista non si discute, la sceneggiatura nemmeno...vogliamo parlare della fotografiaa? Nahhh non si discute nemmeno quella... forse i dialoghi, concisi, crudi limitati all'essenziale? no non direi... i dialoghi non si discutono...Quindi di cosa parliamo qui? Di un capolavoro, perchè di questo si tratta, assimilabile al genere western anche se la cosa sarebbe parecchio limitativa e restrittiva, questa meravigliosa incisione su pietra, questo piccolo tempio del costrutto cinematografico ci proietta in un passato remoto dove gli uomini già allora stufi del nascente progresso, stufi della politica, stufi della guerra, ma soprattutto desiderosi di libertà e di confrontarsi con se stessi, fuggono dalla civiltà per andare "into the wild" ....
La vita sulle montagne non è cosa facile, lo sa bene unghia d'orso e lo imparerà sulla propria pelle anche Jeremiah ...che verrà messo alla prova nell'orgoglio, nei sentimenti e nell'onore di guerriero.
Un film a mio avviso epico, che fa crescere sentimenti di lealtà, orgoglio e onore in chi lo guarda lo guarda e lo riguarda ancora... un attore H.F. che incarna, personifica e si fa portavoce di un "uomo vero" a cui ognuno di noi almeno una volta nella vita vorrebbe assomigliare.
Un film grezzo, rude, pieno di affascinanti silenzi che dicono più di mille parole, un'ispirazione per molti, tanto da far scorrere una matita su un foglio di carta a tracciare i contorni di Ken Parker (MIlazzo-Berardi) ...un consiglio... se non lo avete visto ....correte al cinema :)
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domenico rizzi
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giovedì 18 dicembre 2014
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da nessun posto, verso nessun luogo
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Sono in molti ad avere visto in questo film – basato principalmente sul romanzo “Mountain Man” di Vardis Fisher - una biografia di quel John Johnson (o Johnston) del New Jersey che forse si chiamava Garrrison ed aveva avuto una vita avventurosa nel West, conclusasi tristemente nel 1900 in un ospizio della California. Il personaggio passò alla storia come “Mangiafegato Johnson", sembra per essersi cibato del fegato di alcuni indiani Crow da lui uccisi per vendicare la moglie, appartenente alla tribù dei Testa Piatta. In realtà di biografico c’è assai poco nel lavoro che Sydney Pollack diresse nel 1972, in piena epoca revisionista, quando troppo spesso la rivisitazione “critica” della storia del West finiva per accrescere la confusione, alimentando leggende parallele ancor meno credibili di quelle ufficiali.
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Sono in molti ad avere visto in questo film – basato principalmente sul romanzo “Mountain Man” di Vardis Fisher - una biografia di quel John Johnson (o Johnston) del New Jersey che forse si chiamava Garrrison ed aveva avuto una vita avventurosa nel West, conclusasi tristemente nel 1900 in un ospizio della California. Il personaggio passò alla storia come “Mangiafegato Johnson", sembra per essersi cibato del fegato di alcuni indiani Crow da lui uccisi per vendicare la moglie, appartenente alla tribù dei Testa Piatta. In realtà di biografico c’è assai poco nel lavoro che Sydney Pollack diresse nel 1972, in piena epoca revisionista, quando troppo spesso la rivisitazione “critica” della storia del West finiva per accrescere la confusione, alimentando leggende parallele ancor meno credibili di quelle ufficiali. Jeremiah Johnson (Robert Redford) è il protagonista della vicenda, un uomo solitario come tutti i trapper, che ha lasciato l’esercito per dedicarsi esclusivamente alla caccia sulle montagne innevate. Suoi unici amici, abbastanza occasionali, sono il cacciatore soprannominato Artiglio d’Orso (Will Geer) che attira un orso nella propria capanna per abbatterlo e lo spietato Del Gue (anche questa una figura storica meno nota, interpretata da Stefan Gierasch) che odia i Piedi Neri e verrà da questi sepolto vivo nella sabbia. Stanco di rocambolesche peripezie, Johnson accetta di prendere in moglie Swan (Delle Bolton) la figlia di un pacifico capo dei Flathead, ma la tranquillità famigliare finisce il giorno in cui i Crow di Mano-Che-Segna-Rosso (Joaquin Martinez) approfittano dell’assenza del trapper per uccidergli la moglie e il figlio adottivo Caleb, scatenando così la sua vendetta. La mattanza si conclude con una tregua fra Johnson e i suoi nemici. Prescindendo, come si è detto, dagli improbabili riferimenti storico-biografici a cui qualche critico ha accennato, il film è senz’altro fra i migliori della nuova èra del western, rinata intorno al 1969 con “Un uomo chiamato Cavallo” di Elliott Silverstein. Il ritmo è sostenuto anche quando l’azione imponga un’inevitabile lentezza, la sceneggiatura – di John Milius e Edward Anhalt – molto efficace, mentre la fotografia di Duke Callaghan riesce a trasportare lo spettatore nel maestoso scenario, quasi sempre innevato, delle Montagne Rocciose. La vita del solitario mountain man viene ritratta in maniera pressoché perfetta, l’azione gravita costantemente intorno all’uomo “che viene da nessun posto per andare in nessun luogo”. Il West di Pollack è una terra senza eroi, popolata di gente che ha come primo obiettivo la mera sopravvivenza in una natura ostile, nella quale il precario equilibrio instauratosi fra lo straniero dalla pelle bianca e le tribù indigene si frantuma non appena vengono violati alcuni tabù, come la profanazione delle tombe dei Crow in seguito al passaggio di una colonna militare. Girato fra le montagne dell’Utah, “Jeremiah Johnson” (titolo orginale inglese) costò appena 3 milioni di dollari, ma ne incassò 45. Fu anche il primo western ad essere ammesso al festival di Cannes. Come riconoscimenti, però, avrebbe meritato sicuramente di più.
Domenico Rizzi, scrittore
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