Discutibile film di Robert Aldrich, del quale si stenta a riconoscere il vigore di pellicole precedenti, soprattutto “L’ultimo Apache”, “Vera Cruz” e “Quella sporca dozzina”. Non sembra azzardato definire “Non è più tempo di eroi” un tentativo fallito di rappresentare la guerra in chiave antimilitarista, nel quale la credibilità dell’azione si diluisce sempre più fino a smarrirsi del tutto nella sequenza conclusiva, somigliante più alla finale di una partita di American Football che ad un confronto armato fra due contendenti. Ma è altrettanto vero che il soggetto – dello stesso Aldrich e di Robert Sherman – contiene una buona dose di sarcasmo e vuole mostrare soprattutto gli aspetti deteriori della guerra e degli uomini che la combattono.
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Discutibile film di Robert Aldrich, del quale si stenta a riconoscere il vigore di pellicole precedenti, soprattutto “L’ultimo Apache”, “Vera Cruz” e “Quella sporca dozzina”. Non sembra azzardato definire “Non è più tempo di eroi” un tentativo fallito di rappresentare la guerra in chiave antimilitarista, nel quale la credibilità dell’azione si diluisce sempre più fino a smarrirsi del tutto nella sequenza conclusiva, somigliante più alla finale di una partita di American Football che ad un confronto armato fra due contendenti. Ma è altrettanto vero che il soggetto – dello stesso Aldrich e di Robert Sherman – contiene una buona dose di sarcasmo e vuole mostrare soprattutto gli aspetti deteriori della guerra e degli uomini che la combattono. Perciò Aldrich si inventa una sorta di thriller nella giungla – sostenuto da un discreto ritmo - con un drappello di militari inglesi ed un Americano inseguiti da un battaglione giapponese, il cui ufficiale si diverte a lanciare i suoi ultimatum attraverso un altoparlante. La scena finale ha dell’incredibile, con alcuni britannici appostati ai pezzi – mitragliatrici e mortai – che aprono un fuoco di sbarramento per salvare gli unici due uomini superstiti lanciati in una corsa per la vita sotto il tiro dei Giapponesi, mentre tutto il resto della truppa assiste in piedi e senz’armi al tragico epilogo della fuga, quasi si trovasse in uno stadio: effetto probabilmente voluto dallo stesso regista, che ironizza su molti altri aspetti del conflitto e sugli ufficiali e soldati che ne sono partecipi. Discreto dunque come film d’azione, poco convincente nei suoi risvolti psicologici e ancor meno nelle scene di lotta. Il miglior Aldrich non lo si vede sicuramente in questo film, che non fa molto testo, nonostante le buone interpretazioni di Michael Caine, Cliff Robertson, dell’arcigno Harry Andrews e del marginale Henry Fonda. Totalmente assenti le donne, che non compaiono neppure in un flashback.
Domenico Rizzi, scrittore.
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