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martedì 10 settembre 2019
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leonardo, flavia, wanda...
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Elio Petri in stato di grazia per dirigere Franco Nero e Vanessa Redgrave in uno spledido pop-horror, tipico lavoro di sperimentazione molto in voga negli anni '60. Anche il francese Georges Géret ha una parte importante e pure una certa Gabriella Grimaldi (sorella di Delia Boccardo) si fa notare, qua al cinema mentre era stata protagonista in TV dello sceneggiato "Come un uragano" con Alberto Lupo, Corrado Pani e Adriana Asti. E poi c'è Ennio Morricone che si avvale per la musica del Gruppo di improvvisazione "Nuova Consonanza". Leonardo Ferri è un pittore affermato e guadagna moltissimo: la sua fidanzata Flavia gli fa anche da manager e vivono in una casa grandissima e ricca di opere d'arte.
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Elio Petri in stato di grazia per dirigere Franco Nero e Vanessa Redgrave in uno spledido pop-horror, tipico lavoro di sperimentazione molto in voga negli anni '60. Anche il francese Georges Géret ha una parte importante e pure una certa Gabriella Grimaldi (sorella di Delia Boccardo) si fa notare, qua al cinema mentre era stata protagonista in TV dello sceneggiato "Come un uragano" con Alberto Lupo, Corrado Pani e Adriana Asti. E poi c'è Ennio Morricone che si avvale per la musica del Gruppo di improvvisazione "Nuova Consonanza". Leonardo Ferri è un pittore affermato e guadagna moltissimo: la sua fidanzata Flavia gli fa anche da manager e vivono in una casa grandissima e ricca di opere d'arte. Spiccano nell'ingresso anche portiere di automobili e sculture semoventi. Ma, come tutti gli artisti, Leonardo è in crisi creativa: ha degli incubi ed è pure innervosito per un appuntamento con uno dei suoi più facoltosi clienti. Flavia capisce e gli lascia cercare un "tranquillo posto di campagna" fuori Milano, in pratica una vecchia villa abbandonata, dove ritrovare serenità e ispirazione. Lui Milano non la sopporta più! Esce un giorno con la sua Jaguar coupè, rientra con un sacco di fotoromanzi erotici che poi sfoglia a letto con Flavia, divertendosi a leggere gli improbabili dialoghi. Ma non basta: lui è annoiato, nervoso, indisponente. Va abbastanza lontano e trova una villa veneta disabitata dal 1945, rimanendo subito affascinato e incuriosito per l'aria sinistra che emana. Si stabilisce lì, con Flavia che un paio di volte la settimana va a trovarlo con la sua Mini Minor. Leonardo comincia a lavorare ma incontra il guardiano della villa, Attilio, che è a conoscenza di fatti inquietanti risalenti al 1944. Lui allora vuole sapere tutto di tutto. La storia narra che la contessina Wanda, proprietaria della villla, fosse di una bellezza straordinaria e, nonostante la giovane età, si concedesse a quasi tutti gli uomini del paese. Ma senza volgarità alcuna, la sua era una naturale predispozione all'amore libero da ogni vincolo. Attilio era all'epoca uno degli uomini a cui si concedeva di più: lui, seppure sposato, era innamorato di lei che, durante un attacco aereo nel '44, rimase uccisa da una scarica di mitragliatrice. Da allora Attilio va spesso a posare un mazzo di fiori nel punto dove venne uccisa. Leonardo comincia a rivivere la storia e a fantasticare, vedendo lui al posto di Attilio e immaginando episodi dell'epoca. I suoi lavori si fanno incerti, perchè anche se lontano da Milano, la sua mente non ha ritrovato il suo equilibrio. Attilio peggiora poi la situazione, lasciando intendere che in verità sia stato lui ad ucciderla perchè geloso della troppa disponibilità di Wanda. Leonardo arriva allora a organizzare una seduta spiritica alla quale partecipa anche Flavia. Ma l'evento è catastrofico e Leonardo perde completamente il senno. Lo rinchiudono in una struttura psichiatrica e lì la sua follia si trasforma in genio assoluto, nel senso che le sue opere acquistano ancora più valore e per di più lavora a ciclo continuo. Flavia ogni settimana va a trovarlo, ritira i lavori per venderli a cifre astronomiche ed è, seppure cinicamente, soddisfatissima che il suo Leonardo abbia ritrovato l'ispirazione. Ci sono tre cose da sottolineare. La sigla iniziale è un capolavoro pop, arricchita dalla musica inquietante dei "Nuova Consonanza", una sorta di non-melodia a volte fastidiosa che anticipa di anni quello che avrebbero poi fatto i Goblin con "Profondo Rosso". Poi i primi cinque minuti, la sequenza onirica dove Leonardo subisce legato alla sedia l'arrivo da Milano di Flavia, è capolavoro assoluto: divertente e inquietante, con Flavia effervescente per avere acquistato ogni tipo di gadget elettrico disponibile. Uno spazzolino, uno spruzzadenti, un trita-documenti, una elettro-calamita erotica (nel '68...), e una piccola automobile per andare da una stanza all'altra... Infine si notano nel film situazioni di puro orrore e paura che si possono ritrovare nei due horror-padani di Pupi Avati: "La casa dalle finestre che ridono" e "Zeder". Elio Petri aveva già stupito con "La decima vittima" del 1965 e qua conferma di essere un regista di statura superiore, attento ai dettagli e alla struttura narrativa. Un film da vedere assolutamente, a patto però di tornare mentalmente agli anni '60: solo così lo si può apprezzare totalmente. - di "Joss" -
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tom cine
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domenica 13 novembre 2022
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nella mente di un folle
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Oggi, forse, Elio Petri viene poco ricordato: eppure fu lui a dirigere, nel 1971, quella pietra miliare e geniale che fu “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Basterebbe anche quel singolo film (che vinse pure l’oscar come miglior film straniero e che diede a Gian Maria Volonté l’opportunità di cimentarsi con una delle sue interpretazioni più belle) per inserire il nome di Elio Petri in ogni rassegna del cinema italiano che si rispetti.
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Oggi, forse, Elio Petri viene poco ricordato: eppure fu lui a dirigere, nel 1971, quella pietra miliare e geniale che fu “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Basterebbe anche quel singolo film (che vinse pure l’oscar come miglior film straniero e che diede a Gian Maria Volonté l’opportunità di cimentarsi con una delle sue interpretazioni più belle) per inserire il nome di Elio Petri in ogni rassegna del cinema italiano che si rispetti. E poi bisognerebbe ricordarsi anche di quel gioiello di tensione psicologica intitolato “Un tranquillo posto di campagna”. Un titolo ironico, ma anche inquietante (ovviamente, trattandosi di un film in bilico tra il thriller e l’horror, il “posto” non è poi così “tranquillo”) e che suggella uno dei film forse più visionari, crudeli e grotteschi (e qui il grottesco è un pregio) sul tema della pazzia umana. Per raccontarne la furia distruttiva, il film sceglie, come punto di partenza, una storia sui fantasmi: la sceneggiatura è tratta da un racconto di Oliver Onions, “La bella adescatrice”, ma ne modifica i personaggi e l’ambientazione spostando la vicenda nella campagna veneta. Il protagonista, Leonardo Ferri, vive a Milano ed è un pittore in piena crisi creativa. Per ritrovare l’ispirazione decide, insieme alla sua amante e manager Flavia, di isolarsi in una vecchia villa veneta. Il luogo sembra perfetto, soprattutto perché è immerso nel silenzio e sembra tranquillo. La pace, però, dura poco: dentro la villa cominciano ad accadere episodi inquietanti e quando Leonardo viene a sapere della storia di una precedente e seducente abitante della villa, la contessina, Wanda, morta in circostanze violente, si convince dell’esistenza del fantasma della donna all’interno della villa ed il suo già precario equilibrio psicologico comincia a cedere. “Un tranquillo posto di campagna” è un film insolito, allora come oggi, perché non solo riesce a trattare il tema della pazzia umana senza essere didascalico (evitando qualsiasi spiegazione consolatoria sullo stato mentale del protagonista), ma lo fa immergendo lo spettatore dentro la mente allucinata del personaggio principale ed è questo il vero colpo di genio dell’opera. Realtà e allucinazioni si sovrappongono in continuazione, confondendo abilmente anche chi guarda questo film (un’operazione simile la farà Stanley Kubrick con quel grandissimo capolavoro che sarà “Shining”, un film che ha molte affinità tematiche con questo) e portando lo spettatore verso la vera inquietudine che la storia raccontata vuole suscitare. Un’inquietudine che non è trasmessa dalla figura del fantasma (vera o presunta che sia), ma dalla mente totalmente imprevedibile del pittore. Un contributo non indifferente lo fornisce la colonna sonora di Ennio Morricone: una partitura dissonante che ben sottolinea il caos mentale del personaggio principale e si adatta magnificamente alle folli ed improvvise immagini che scorrono, spesso, veloci. Inoltre, c’è un’altra cosa che questo film riesce a fare: contrapporre il ritmo frenetico della vita cittadina (le prime sequenze, ambientate a Milano, danno brevi ma efficaci sguardi sulla frenetica ed economicamente produttiva epoca del boom economico) a quello più lento della vita in campagna, senza mai perdere di vista la progressione della pazzia del protagonista. Da una parte, quindi, c’è la rappresentazione di una vita frenetica e sicuramente non rilassante, dall’altra c’è l’illusorietà di una pace ritrovata, resa ancora più evidente dalla bellissima location veneta: ma da sé stessi non si scappa, questo il film lo dice chiaro e tondo. Si tratta, infine, di un’opera che non è esente comunque da un difetto: si attorciglia un pò troppo intorno al suo protagonista (un bravo Franco Nero), lasciando nell’ombra i personaggi secondari in un film che, comunque, rimane ad un passo dalla perfezione. Tuttavia, vale la pena di soffermarsi sul personaggio di Flavia. Si tratta di una figura femminile predominante che non soltanto anticipa quella interpretata da Florinda Bolkan in “Indagine su un cittadino al di sopra do ogni sospetto”, ma che incarna un fenomeno crescente, in Italia, proprio in quel decennio: il femminismo. Non a caso è una donna determinata, dominante ed energica che fa da perno alle paure misogine del pittore. Un contrasto, questo, che rende il film tristemente e drammaticamente attuale.
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