Cul de sac |
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Un film di Roman Polanski.
Con Françoise Dorléac, Donald Pleasence, Lionel Stander, Jacqueline Bisset
Drammatico,
b/n
durata 111 min.
- Gran Bretagna 1966.
MYMONETRO
Cul de sac
valutazione media:
3,52
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il "castello" nell'acquadi Marce84Feedback: 4633 | altri commenti e recensioni di Marce84 |
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giovedì 28 ottobre 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
E’ un film sull’attesa, sul tempo, sull’impossibilità di dominarlo o manipolarlo. Ancora una volta il luogo è acquatico come ne “Il coltello nell’acqua” e mutevole come “Repulsion”, ed ancora una volta si mostra una non azione lunga 24 ore. Il film svuota tutte le caratteristiche delle storie di gangster: non ci sono, infatti, rapine, inseguimenti, tutto è già successo. Quello che interessa a Polanski è ancora una volta analizzare i rapporti umani in uno spazio angusto, claustrofobico, dove l’introduzione di un terzo, per lo più sconosciuto, fa saltare la tensione e fa esplodere i confitti latenti nella coppia. In questa tematica, Cul de sac è molto simile a Il coltello nell’acqua, anche se qui la posizione dominante ( là era il capofamiglia Andrea ) spetta al burbero gangster Dicky. Inoltre, la posta in gioco non è di carattere erotico, non è la donna, Teresa, l’oggetto del desiderio dello “sconosciuto”: Dicky infatti vuole solo andarsene, aspetta l’arrivo del capo, attesa peraltro vana. Nonostante questo, la componente sessuale è sempre presente e allusa, tant’è che è chiaro che la donna tradisca spesso e volentieri il marito ( prima col ragazzo, il figlio dei primi ospiti e poi con il signore con cui flirta durante la seconda visita ), così come è evidente che la vivacità di Teresa faccia risaltare l’impotenza di George, letteralmente subordinato alla donna e al gangster. Non è un caso che sarà proprio il debole, il “sottomesso” a vendicarsi e a concludere in modo tragico la vicenda: in questo, ma forse solo in questo George è simile all’autostoppista del primo film. Per George si tratta di una storia di regressione, di incapacità a diventare uomo ( si veda l’aquilone della prima scena e la posizione fetale sullo scoglio dell’ultima ). Molti aspetti, soprattutto l’incipit, ricordano il cortometraggio I mammiferi: coppia assortita, campo lungo, privo di presenza dell’uomo, due personaggi e un mezzo di trasporto ( lì la slitta, qui l’auto ) e i rapporti di forza che si instaurano tra i due. Evidente la componente surrealista, fatta di nuvole finte, polli dappertutto, presenza esagerata di uova, mancanza di cibo ed abbondanza di alcolici, che ne fanno un film grottesco. Punto di forza del film è la sceneggiatura, culmine della collaborazione tra Polanski e l’amico Brach: esilaranti i dialoghi tra Dicky e George quando parlano delle pene d’amore da ubriachi oppure quando Dicky è al telefono con la centralinista e non viene costantemente compreso. Si ripresenta il tema della follia: George come Carol in Repulsion ( peraltro il personaggio di Teresa è interpretato dalla sorella di Caterine Deneuve, già Carol, che purtroppo perirà in un incidente l’anno successivo al film ). Orso d’oro a Berlino nel 1966, un esercizio di stile che diverte lo spettatore ed in certi punti è esilarante.
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