Giuseppe Marotta
Roma. Cieli neri dai quali enormi dita impietose hanno tolto gli stoppacci, determinando una pioggia fittissima, tropicale; anzi, che pioggia e pioggia?: è un trasferimento di interi, inesauribili golfi aerei sugli sciatti e perplessi ombrelli del ceto medio che gremisce le vie del centro; ma stanno peggio i trogloditi a Prima Porta, dove l'inondazione minaccia la sola certezza e ricchezza loro, cioè l'ombelico. Accidenti; i poveri, d'inverno, mi dolgono come una lunga cicatrice di sciabolata; rivivo momenti lontani della mia buffa vita, ho l'impressione che tutti indossino la fredda “lana vegetale” che vestiva, allora, me. [...]
di Giuseppe Marotta, articolo completo (10359 caratteri spazi inclusi) su 1965