Ho letto i due giudizi da voi inseriti per questo film (Pasolini e un certo Cattivelli di Cinema Nuovo) e li trovo entrambi inficiati da ideologismo: è il grave difetto della vecchia critica cinematografica italiana. Ammesso che, per Pasolini, si possa parlare di critica cinematografica. Parla solo di quello che non c'è nel film (un'analisi del razzismo che il film non voleva essere) e non di quello (molto e appetibilissimo anche oggi) che c'è. D'accordo, il razzismo di Robert Ryan nel film è un elemento dato e non giustificato o sviluppato e gli ultimi dieci minuti (la rapina in atto e la tragica conclusione col conflitto fra il nero e il razzista)sono la parte più debole, ma prima c'è molto. Prima di tutto una veste eccellente: una fotografia in bianco e nero della migliore tradizione americana, una minuziosa analisi nella presentazione di ambienti squallidi di New York e della cittadina in cui avviene la rapina, una sintassi narrativa di grande qualità: sequenze brevi e snelle con stacchi improvvisi, dialogo non debordante, qualche stasi lirica, bellissimi primi piani; senza contare l'efficace analisi psicologica dei tre protagonisti, tre loser, magnificamente interpretati. Insomma, la regia di Wise è eccellente e dal punto di vista cinematografico il film rimane un prodotto di qualità. Anche se non si tratta di un vero e proprio noir, sono rimasto stupito di non vederlo citato nel bellissimo saggio di Renato Venturelli (L'età del noir) Einaudi, appena uscito. Dimenticavo di menzionare che, oltre alla presenza in tre brevi episodi della grande S.Winters, c'è nel film un vero e proprio cameo (pochi minuti) di Gloria Grahame, l'indimenticata dark lady di tanti polizieschi e noir, primo fra tutti "Il Grande Caldo" di Fritz Lang.
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