Improvvisamente l'estate scorsa

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Un film di Joseph L. Mankiewicz. Con Elizabeth Taylor, Mercedes McCambridge, Montgomery Clift, Katharine Hepburn, Albert Dekker.
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Titolo originale Suddenly, Last Summer. Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 114 min. - USA 1959. MYMONETRO Improvvisamente l'estate scorsa * * * 1/2 - valutazione media: 3,77 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Una seduta psicanalitica Valutazione 3 stelle su cinque

di John Doe


Feedback: 900 | altri commenti e recensioni di John Doe
giovedì 4 marzo 2021

 “Improvvisamente l’estate scorsa” è un film del 1959 diretto da Joseph L. Mankiewicz e scritto da Tennessee Williams. Il titolo si rifà ad un evento fondamentale della pellicola, accaduto appunto un anno prima, e legato alla morte del figlio della ricca vedova, sulla soglia della vecchiaia, Violet Venable.

 
La trama ruota intorno al medico chirurgo John Cukrowicz, un uomo imperturbabile e colto, e alla ricoverata psichiatrica Catherine Holly, una donna affascinante ed incapace di far fronte ai propri demoni del passato. La zia di Catherine, la ricca ed altezzosa Violet, vorrebbe mettere a disposizione una fondazione per l’ospedale del valore di un milione di dollari. Tuttavia il reale interesse della vedova è nel far eseguire una lobotomia, ad opera del medico Cukrowicz, alla nipote Catherine. Il film è intriso di rimandi alla scienza della psicanalisi con tematiche legate all’elaborazione di un lutto e di un trauma passato o la memoria del subconscio e la tecnica dell’ipnosi. Il film si apre proprio con un’operazione ad opera del chirurgo e tutta la pellicola si svolgerà in spazi chiusi, ad eccezione dei flashback finali e del giardino detto “giungla” della vedova. Gli interni scarni e fatiscenti dell’ospedale psichiatrico si alternano agli interni barocchi e sfarzosi della villa della ricca vedova e questa costante ricorrenza di luoghi chiusi riesce a creare una dimensione inquietante quasi modellata dalla psiche della protagonista. Il film è inoltre caratterizzato da ricorrenti temi riguardanti la natura umana ed i più bestiali istinti animali. La rappresentazione di una visone pessimista di una natura sadica e crudele è chiara sin dalle prime parole della fredda e controversa Violet. L’obiettivo del medico diverrà quello di evitare l’operazione della donna dimostrandone la sanità mentale e di far riemergere dalla sua mente turbata l’evento che le avrebbe causato il trauma. Abbaglianti luci chiare in contrasto con neri cupi e tenebrosi dominano l’immagine e la fotografia contribuisce all’ideazione di una realtà cruda ed inquieta mascherata da fallace bellezza. L’ambientazione e l’atmosfera creata dalle musiche e dai dialoghi (soprattutto verso il finale) rispecchiano pienamente l’irrequietezza ed il passato traumatico di Catherine. Le intenzioni del medico sono dunque quelle di far riaffiorare dalle viscere del subconscio un ricordo ed una verità dolorosa ed insostenibile. I dialoghi mantengono costantemente un ritmo serrato ed una tensione elevata, data dall’inconsapevolezza dei personaggi e dalla situazione angosciosa ed ansiogena che culminerà con un climax vorticoso di crescente terrore. I dialoghi tra i personaggi sono il frutto di una sceneggiatura scritta con passione ed interesse per tematiche non solo psicanalitiche, ma anche filosofiche. I dialoghi sono pregni di significati simbolici riferiti alla morte e alla natura. La pellicola si configura come un film drammatico (con qualche aspetto sentimentale per la storia d’amore tra i due protagonisti) e come un film di mistero che verso il finale assume connotati horror in funzione del momento culminante della rievocazione del ricordo perduto della morte di Sebastian. Il finale, per quanto crudo e raccapricciante (non da un punto di vista visivo quanto concettuale), diviene tragico e catartico con la dimostrazione effettiva della sanità mentale di Catherine e con la manifestazione del ricordo che si era perduto nell’oscurità del subconscio della donna. Nelle scene finali la realtà ed il presente si sovrappongono al ricordo ed al passato (i flashback vengono visivamente accostati alle scene presenti). Il ricordo di una vacanza tra Catherine e Sebastian si trasforma in una cruda rappresentazione della bestialità umana con una dimostrazione delle terrifiche assurdità di alcune credenze pagane o religiose che si scontrano con la stessa dignità umana. In un vorticoso climax finale assistiamo atterriti alla descrizione dell’evento legato alla morte del giovane Sebastian, artista e figlio amato. Lo stesso rapporto passato tra il figlio e la madre e tra il figlio e la cugina è in realtà ambiguo ed a tratti ossessivo, così come lo stesso personaggio Sebastian, descritto come un artista sensibile ed un affascinante genio. Mankiewicz dirige una pellicola contorta, complessa, angosciante e che diviene in vista dell’epilogo un intensa tragedia che non ci risparmia nulla. Una riflessione anche amara e spiazzante sulla malattia mentale ed una critica ad alcune pratiche mediche nei confronti dei pazienti. In un mondo dove il principale interesse sembra quello del denaro e di mascherare la verità ad ogni costo si muove il personaggio maschile, indomito e brillante, che cerca con ogni suo mezzo di scavare nell’animo di Catherine in cerca di risposte a domande che paiono inestricabili. E’ emblematica e simbolica anche la figura dell’artista che viene “divorato” dalle atrocità del mondo contemporaneo, che rimane vittima delle azioni di giovani scellerati ed inconsapevoli. Un altro elemento simbolico è certamente l’ascensore che utilizza la madre, il quale si trasforma in una sorta di allegoria della sanità mentale e della malattia della donna. Il regista riesce abilmente a mescolare tematiche tipiche dell’epoca moderna (come quello della psicanalisi e della figura dell’artista) a riferimenti alla cultura antica (come il sacrificio ed i rapporti che dominano la natura e gli uomini) in una pellicola che a tratti può apparire scontata, ma che nel complesso rimane fedele ai suoi intenti ed alla sua poetica certamente interessante.

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