LA PALLA N°13 (USA, 1924) diretto da BUSTER KEATON & JOSEPH M. SCHENCK. Interpretato da BUSTER KEATON, KATHRYN MCGUIRE, JOE KEATON, ERWIN CONNELY, WARD CRANE, FORD WEST
Giovane proiezionista del cinema di un piccolo paese è innamorato della figlia di un facoltoso borghese, e sogna di fare il detective, perciò sostituisce spesso al lavoro lo studio di un manuale che insegna come risolvere i misteri. Ingiustamente accusato del furto di un orologio che in realtà aveva trafugato il padre della sua amata, viene cacciato via da quella casa con l’imperativo di non farsi rivedere mai più là e, durante la proiezione di un film giallo, s’addormenta e sogna di agire nei panni di Sherlock jr., un miracoloso investigatore privato. Nel sogno, il ragazzo cattura una banda di malviventi che avevano sottratto dei preziosi di gran valore a una famiglia benestante, al termine di tragicomiche peripezie. Al risveglio, la ragazza, resasi conto dell’equivoco architettato ad hoc dai suoi famigliari per screditare il proiezionista, lo raggiunge in cabina e lì il loro reciproco affetto si concretizza. Una delle vette del cinema muto, un capolavoro di divertimento e spassosità che ricorre non a stereotipi, ma a gag congegnate in un insieme fortemente anti-estemporaneo che rispetta alla perfezione i tempi comici e mescola le necessità del giallo con i diademi del comico slapstick. Opera con una trama alquanto coesa, un atletismo sbalorditivo (il regista non adoperò controfigure nelle scene pericolose, ferendosi involontariamente al collo), un eccellente virtuosismo artistico e un’esplorazione avanguardistica dell’atavica dicotomia fra realtà e illusione. In coppia con lo scintillante Il cameraman (1929), questo Sherlock jr. affronta la natura del cinema. Keaton riflette sulle operazioni che sta compiendo, lui attore-folletto, alle prese con una macchina talora prodigiosa talora infernale, capace di riprodurre la vita. Questa coscienza delle proprietà del marchingegno cinematografico distingue Keaton dagli altri comici alla ribalta della sua generazione, ponendolo, per certi versi, allo stesso livello di un maestro incomparabile come Chaplin. È per il cinema quello che Sei personaggi in cerca d’autore rappresentò per il teatro. Inoltre, anticipa di sessant’anni La rosa purpurea del Cairo. Si perdono numericamente gli esilaranti espedienti utilizzati nella vicenda per darle linfa vitale: la palla da biliardo che in verità è una sorta di bomba a mano ch’esplode al minimo contatto; la vettura col freno nelle quattro ruote la cui carrozzeria sbalza via quando Keaton e McGuire sono in prossimità del fiume; la motocicletta che attraversa come un’entità invisibile e invulnerabile le strade senza che nessuno la piloti, col solo Keaton a cavalcioni sul suo manubrio; le affannose ricerche del dollaro perduto (e sperduto) fra le cartacce spazzate al di fuori del cinemino; le innumerevoli corse fra "guardie e ladri" in larghi spazi aperti. Inappuntabile la costruzione ambientale, cui è stata dedicata un’immensa cura, e di tutto rispetto la colonna sonora pacata e al tempo stesso travolgente, insieme ad un montaggio frenetico che è in sublime linea con l’accanito tempo narrativo e ad una fotografia il cui recente restauro permette di vedere le immagini con maggiore nitidezza. Il più sbalorditivo risultato del repertorio keatoniano se osservato dalla sua abituale prospettiva di edificare le storie: ciò che è elementare diventa complicatissimo, ciò che non potrebbe essere più difficile si tramuta in una passeggiata, il tutto assume un rilievo di riabilitazione per un protagonista che parte dalle stalle e arriva alle stelle. Grandioso.
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