Due gli elementi che fanno di questo film un piccolo gioiellino del western all’italiana. Il primo sono le inquadrature, alcune veramente inusuali per il genere quando non decisamente “impossibili”. Il secondo è la figura del Professor Mendoza, un Claudio Camaso dal trucco mortuario e malato con cilindro e bastone. A questo si aggiunga un uso del colore innovativo, con una fotografia satura di colori ma secca e piena di chiaroscuri decisi e un commento musicale stridente e disarmonico. Per il suo secondo western Margheriti, alias Anthony Dawson, scrive parte della sceneggiatura portando le storie di frontiera in quell’atmosfera cupa e gotica che gli è congeniale. La storia inizia in modo crudo e violento con lo squartamento di un ragazzo da parte di cinque cavalli. È questo l’evento fondante visto che Joko (divenuto curiosamente Django nella versione francese) ucciderà i responsabili consegnando a ciascuno di loro uno dei cinque frammenti delle corde insanguinate che hanno squartato l’amico. Proprio la sequenza iniziale verrà ripresa nel 1978 dal regista Sun Chun nel film di arti marziali Gli implacabili colossi del Karatè.
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