Sia Fellini che Pasolini parlavano della pornografia come fascista e nazista in quanto esibizione e parata del sesso (in questo senso facendo rientrare largamente anche quella convenzionalmente accettata come “Playboy”, il cui fondatore Hefner- recentemente ampiamente acriticamente celebrato al Festival di Sanremo- Fellini definì “nazista” in una sua sceneggiatura). Un esempio mostruoso di questa identità tra fascismo e organizzazione della parata-esibizione-spettacolo è questo film, commissionato da Hitler e prodotto dal partito nazista, documentario sul congresso del partito tenutosi a Norimberga nel settembre 1934, celebrazione della presa del potere avvenuta l'anno prima. Stupefacente, suggestivo, affascinante e spaventoso, è un indiscutibile dimostrazione del talento della fotografa e regista Leni Riefenstahl, che ebbe a disposizione mezzi enormi e impiegò due anni per il montaggio. “Mi sono limitata a mostrare quello di cui tutti erano allora testimoni” -dichiarò- “Si credeva ancora in qualcosa di bello: Il peggio doveva venire, ma chi lo sapeva?”. La regia di un'esaltata che si rivela esaltante. Come disse John Ford: “Una sorta di fantasticheria wagneriana che si svolge in un Walhalla popolare, la cui grandezza può scioccare, ma non venir negata”. Le riprese dimostrano come in regimi come il nazismo la politica sia una religione (la solidarietà del popolo tedesco verso il suo capo è di tipo mistico) e l'arte sia in funzione subordinata alla politica. Il potere di queste immagini fa riflettere sul potere del cinema e della civiltà dello spettacolo (il grande musicista David Bowie -in una intervista a “Playboy”!- ebbe a dire che niente è più fascista della televisione, una opinione simile a quella di Pasolini), di cui Goebbels -come fece rilevare Kubrick- ebbe un ruolo di pioniere come promotore di film. Si vede il Fuhrer scendere dal cielo come una divinità per creare un mondo nuovo, e venire accolto da un popolo in delirio. Sfilate impressionanti e colossali schieramenti di massa, che si integrano all'architettura (la immensa scenografia fu opera dell'architetto Albert Speer, sul quale Kubrick -grande ammiratore della Riefenstahl- voleva fare un film), a celebrare un ideale tedesco di potenza e bellezza. La regista mostra compiaciuta l'allegria (e l'aggressività animale) delle giovani SS, ragazze entusiaste, bambini ben nutriti, operai al lavoro. Discorsi dei gerarchi nazisti e di Hitler a un pubblico adorante, che lo vede come liberatore e salvatore. Uno dei più grandi -se non il più grande- film di propaganda di tutti tempi. Antidoto al suo fascino pericoloso potrebbe essere quello di trasmetterlo insieme a “Notte e nebbia” di Alain Resnais (un documentario sui campi di concentramento che trasmette un senso di colpa allo spettatore così come il film della Riefenstahl ne coinvolge -e ne mostra- la parte irrazionale).
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