La casa di sabbia e nebbia |
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Un film di Vadim Perelman.
Con Jennifer Connelly, Ben Kingsley, Ron Eldard, Shohreh Aghdashloo, Frances Fisher.
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Titolo originale House of Sand and Fog.
Drammatico,
durata 126 min.
- USA 2003.
MYMONETRO
La casa di sabbia e nebbia
valutazione media:
2,74
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un film di sabbia e di nebbiadi Peer GyntFeedback: 0 |
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sabato 16 aprile 2005 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
E' strano come un film diretto e sceneggiato da un russo di Kiev immigrato in Canada sbagli soprattutto ad affrontare il personaggio dello straniero, il colonnello iraniano Behrani, ex ufficiale dello scia', fuggito dal suo paese e costretto ad umili lavori (asfaltista fra gli operai e venditore in un drugstore) per mantenere in piedi (e in modo dignitoso) una famiglia che ama religiosamente. Si coglie, fra gli stereotipi con cui e' costruito questo personaggio, una latente xenofobia, che non si scaglia affatto, come dovrebbe, contro ben piu' importanti obiettivi: contro l'irresponsabilita' superficiale e sentimentalmente esistenzialista di una ragazza che si compiace della sua tragedia (tanto da non aprire le lettere che le arrivano copiose ad annunciarle l'esproprio della sua casa per morosita' fiscale, e poco importa ai fini della storia che si tratti di un errore burocratico dell'esosa e miope amministrazione), o contro l'imperdonabile fascismo di un altrettanto irresponsabile e pericolosamente cretino vice-sceriffo, che in questa vicenda minaccia lo straniero abusando della sua posizione di pubblico ufficiale, molla la propria famigliola con doppia prole allegata (qui la scena piu' ridicola ed esasperatamente strappalacrime, con i figlioletti piangenti in auto e imploranti il ritorno del padre fedifrago), attua un sequestro di persona motivato da una totale incomprensione per l'unico momento in cui lo straniero e la ragazza americana si stavano avvicinando (due persone solissime in un paese egoista e ormai privo di reali, altruistici rapporti umani) e infine causa, col proprio atteggiamento a meta' strada fra Giustiziere solitario e Bravo sceriffo del villaggio (che per la cronaca e' Big Sur, in California), l'eccessiva, ingiustificabile tragedia finale. Sconcerta la superficialita' di una sceneggiatura che ha la pretesa di trattare un mucchio di problemi seri e difficili (per citarne solo alcuni: l'impossibile integrazione degli stranieri con cittadinanza del paese ospitante, il rifugio nell'alcoolismo dei giovani neopoveri, la famiglia allo sbando, l'apparente democrazia di una societa' troppo fascista nel suo DNA antropologico, etc.) con la chiave sentimental-esistenzialista esageratamente melodrammatica. Non che se ne dovesse fare un film di esasperato impegno sociale, ma e' colpevole essersi rifugiati, per accontentare il pubblico che ama commuoversi, negli occhi lucidi del bel viso di Jennifer Connelly, che aprono e chiudono il film.
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