stefano franzoni
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giovedì 5 aprile 2007
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i giovani e la violenza
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C'è Pedro, il giovane ragazzino sporco lercio che per combattere la fame è costretto a rubare un pezzo di pane dalla cucina per poi scappare dalla madre. Meche, la ragazza dai biondi capelli (che non ha mai lavato) che riceve apprezzamenti da tutti ma nella sua apparente impotenza nasconde un coltello tra le vesti. Ojitos, un bimbo che ogni giorno aspetta il padre al mercato nel posto in cui questi gli aveva detto di aspettarlo (prima di fuggire, probabilmente). E poi c'è Jaibo, un pò più grande degli altri ragazzini, più alto e più malizioso, più spietato.
Loro sono i figli della violenza. Vittime più del mondo in cui vivono che non di se stessi. Vittime della povertà, della vita della strada, che non insegna il perdono o l'altruismo, ma il sopraffare il prossimo per avere di più, per sopravvivere.
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C'è Pedro, il giovane ragazzino sporco lercio che per combattere la fame è costretto a rubare un pezzo di pane dalla cucina per poi scappare dalla madre. Meche, la ragazza dai biondi capelli (che non ha mai lavato) che riceve apprezzamenti da tutti ma nella sua apparente impotenza nasconde un coltello tra le vesti. Ojitos, un bimbo che ogni giorno aspetta il padre al mercato nel posto in cui questi gli aveva detto di aspettarlo (prima di fuggire, probabilmente). E poi c'è Jaibo, un pò più grande degli altri ragazzini, più alto e più malizioso, più spietato.
Loro sono i figli della violenza. Vittime più del mondo in cui vivono che non di se stessi. Vittime della povertà, della vita della strada, che non insegna il perdono o l'altruismo, ma il sopraffare il prossimo per avere di più, per sopravvivere. Tutti sono vittime e tutti sono carnefici.
A partire da Jaibo, da cui risalgono la maggior parte delle azioni più nefaste del film, fino ad arrivare ad Ojitos, che, nella sua apparente timidezza e bontà d'animo, solleva un pietrone con l’intento di uccidere il suo "padrone" Don Carmelo.
“I figli della violenza” fu il terzo film del periodo messicano del regista iberico Luis Bunuel
Ritroviamo numerosi elementi tipici del mondo di Bunuel: la predilezione per particolari e risvolti macabri (un po’ in tutto il film) la valorizzazione dell’inconscio e dell’onirico (nella sequenza del sogno di Pedro), la presenza delle galline (rappresentanti un che di nefasto), le inquadrature delle su particolari di corpi femminili (Meche che si lava le cosce con latte fresco), la presenza di storpi (Il cieco Don Carmelo e l’uomo senza gambe che viene buttato giù dal suo “carretto” da Jaibo).
La vicenda ha per protagonisti un gruppo di ragazzi di strada la cui già difficile vita viene complicata dal ritorno del loro membro più carismatico (e cattivo): Jaibo, che, fuggito dal carcere, ritorna i città con l’unico scopo di vendicarsi di Julian (colui per colpa del quale era finito in carcere) e riprendere la sua sconsiderata vita di soprusi e violenze sui più deboli. Con estremo realismo Bunuel anticipa di mezzo secolo “City of God” e tutti gli altri film sulla miseria giovanile di varie zone del mondo. Qui i giovani di strada ancora non si uccidono a colpi di pistole, ma i loro coltelli e bastoni sono gli antecedenti dei proiettili del 3° millennio. Crudo e secco. Impedibile per gli ammiratori di Bunuel.
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luca scialò
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domenica 29 agosto 2010
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critica alla società, fonte di delinquenza
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In un Messico logorato dalla povertà, un gruppo ragazzi come tanti vivono di furti e violenza, trascurati dalle proprie famiglie. Tra questi c'è Pedro, poco curato dalla madre perchè frutto di una violenza da lei subita da adolescente, e Jaibo, orfano cresciuto in un Istituto dove però non è riuscito a redimersi. La società in cui vivono è incapace di metterli sulla giusta strada...
Film di Luis Buñuel, che ricevette anche un premio al Festival di Cannes nel 1951; quest'opera cinematografica vuole essere una critica alla società che "produce" delinquenti, senza essere altresì in grado di redimerli.
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In un Messico logorato dalla povertà, un gruppo ragazzi come tanti vivono di furti e violenza, trascurati dalle proprie famiglie. Tra questi c'è Pedro, poco curato dalla madre perchè frutto di una violenza da lei subita da adolescente, e Jaibo, orfano cresciuto in un Istituto dove però non è riuscito a redimersi. La società in cui vivono è incapace di metterli sulla giusta strada...
Film di Luis Buñuel, che ricevette anche un premio al Festival di Cannes nel 1951; quest'opera cinematografica vuole essere una critica alla società che "produce" delinquenti, senza essere altresì in grado di redimerli. La storia di Pedro e Jaibo, i quali finiscono sempre per ricaderci non avendo valide alternative alla criminalità, esprime con forza questo concetto. Belle le parole del Direttore dell'Istituto in cui Pedro viene rinchiuso: "invece che loro, dovremmo rinchiudere la povertà".
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fedeleto
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venerdì 23 marzo 2012
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i figli del malessere
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In un Messico che non offre molto, dove la miseria e' tanta,dei ragazzi vivono la giornata con piccoli furti e atti delinquenziali.Tra loro appena arriva Jaibo,appena uscito dal riformatorio,le cose incominciano a cambiare.Jaibo uccidera' un ragazzo che crede colpevole di aver fatto la spia per incastrarlo,e Pedro invece tenta di cambiare vita conoscera' un ragazzino che aspetta il padre che vive da poco con un cieco a cui i ragazzi hanno fatto dispetti,e trovera' anche un lavoro come arrotino ma Jaibo rubando un coltello lo fara' accusare e finire in riformatorio,dove Pedro sembrera' per la prima volta capire cosa vuol dire essere amato poiche' la madre(che lui ama al livello edipico) non lo considera mai e non vede l'ora che se ne vada poiche' egli e' un parto di uno stupro.
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In un Messico che non offre molto, dove la miseria e' tanta,dei ragazzi vivono la giornata con piccoli furti e atti delinquenziali.Tra loro appena arriva Jaibo,appena uscito dal riformatorio,le cose incominciano a cambiare.Jaibo uccidera' un ragazzo che crede colpevole di aver fatto la spia per incastrarlo,e Pedro invece tenta di cambiare vita conoscera' un ragazzino che aspetta il padre che vive da poco con un cieco a cui i ragazzi hanno fatto dispetti,e trovera' anche un lavoro come arrotino ma Jaibo rubando un coltello lo fara' accusare e finire in riformatorio,dove Pedro sembrera' per la prima volta capire cosa vuol dire essere amato poiche' la madre(che lui ama al livello edipico) non lo considera mai e non vede l'ora che se ne vada poiche' egli e' un parto di uno stupro.Peccato pero' che anche al riformatorio dove il direttore gli dara' la sua fiducia facendolo uscire dandogli del denaro per comprargli le sigarette provando la sua fiducia,Jaibo ancora una volta lo mettera' nei guai rubandogli i soldi del direttore.Tra i due nascera' un odio sfociando nella morte del povero Pedro,e Jaibo morira' poco dopo ucciso dalla polizia.Ma il corpo di Pedro verra' buttato nella spazzatura da Maria e suo padre che non vogliono avere coinvolgimenti con le forze dell'ordine.Luis Bunuel ,dopo Gran Casino e il Gran Calavera ,dirige forse uno dei suoi piu' grandi capolavori.La sceneggiatura firmata dalla stesso Bunuel e Luis Alcoriza,e' estremamente toccante e profonda.Fin dall'inizio del film assistiamo ai ragazzi che mimano una corrida(l'assurdita' dei poveri ragazzi vittime come tori e matador del pubblico che in questo caso e' la vitao lo spettatore che guarda e si diverte) per poi arrivare all'arrivo di Jaibo,inquadrato come fosse un eroe con il suo fare spocchioso e messo al centro della mdp,un vero e proprio piano d'attenzione che lo rende quasi un eroe(l'ironia ovviamente e' da cogliere).Poco dopo incominciano le avventure-disavventure dei poveri ragazzi,dal maltrattamento di un povero cieco,al divertimento di picchiare e togliere un povero storpio dalla sua bassa carrozzella,fino alla morte dei due protagonisti.Ma una sequenza che merita e' senza dubbio la scena onirica di Pedro.All'inizio vediamo che il corpo dorme e l'anima esce dal suo interno per essere spettatrice di visioni future in un certo senso,infatti Pedro sotto il letto vede il ragazzo ucciso da Jaibo urlante e sporco di sangue ,dunque il ricordo della morte del ragazzo lo disturba ,ma esso si trova sotto il letto,ovvero una sorta di metafora sull'essere sottoterra,invece la madre vista letteralmente come una madonna da' della carne al figlio che le dice perche' non mi dai mai da mangiare,ma appena la madre si avvicina con la carne esce Jaibo da sotto il letto e afferra anche lui la carne ,pertanto i due litigano quel pezzo di vita.Il significato a questa sequenza e' chiaro,ovvero la carne rappresenta la vita ma in questo caso anche il desiderio sessuale della madre,che Jaibo consumera',e Pedro invece mai,ma allo stesso tempo la carne rappresenta anche una possibilita' di rendere lo spirito materia e quindi di non morire ma cio ' appunto non acccadra' perche' entrambi non mangeranno la carne e moriranno ovviamente in maniera diversa.Ma un'altro particolare da non scordare e' il piccolo tocco di erotismo che traspare in alcune sequenze,ovvero la scena del latte sulle gambe di Maria (il latte per la sua binachezza si riconduce ad un elemento chiaro come l'erezione) e la madre con le sue gambe scoperte che attrae Jaibo .Ma ad ogni modo il film di Bunuel e' un autentico capolavoro,un discorso su come l'adolescenza (che dovrebbe essere il momento migliore della vita)diventi una lotta per sopravvivere,e la violnza sia forse l'unico modo che i ragazzi hanno per esprimere la loro mancanza d'amore familiare,la colpa forse come dice il commissario e' di voi genitori,che non capiscono nulla di come vivono le loro povere creature.Un piccolo gioello neorealista che con la sequenza onirica ci riporta al Bunuel di un tempo,ma la violenza presente nel film non e' poca e a volte puo' disturbare seppur non arriva mai all'intollerabile.Rimane impresso comunque piu' il personaggio di Pedro che nonostante cerchi di cambiare vita e' tutto inutile e futile poiche' ormai il suo declino per il rapporto con Jaibo e' come un buio che gradualmente avvolge i protagonisti del film.Da vedere.
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noia1
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domenica 17 maggio 2015
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crudissima realtà
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Pedro e Jaibo, due tasselli nel cui sfondo si diramano i miseri bassifondi di Città del Messico. Uno senza padre, l’altro senza famiglia, lotteranno fino allo strenuo per sopravvivere.
Un film di sessant’anni fa eppure ancora inarrivabile, temi paradossalmente attuali qui però affrontati con onestà e per onestà intendo che niente è lasciato, tutto, c’è tutto, tutta la realtà di un’epoca. Non tanto critica sociale quanto più poveri diavoli alle prese con la povertà più atroce, come verrà mostrato poi, ciascuno di essi (malgrado tutto) ha i propri lati oscuri, lati più umani, poveri miserabili con una profondità, con sogni, con principi, tutte caratteristiche flebili rispetto agli eventi contro i quali i protagonisti saranno costretti a scontrarsi mettendo in atto tutta la loro meschinità.
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Pedro e Jaibo, due tasselli nel cui sfondo si diramano i miseri bassifondi di Città del Messico. Uno senza padre, l’altro senza famiglia, lotteranno fino allo strenuo per sopravvivere.
Un film di sessant’anni fa eppure ancora inarrivabile, temi paradossalmente attuali qui però affrontati con onestà e per onestà intendo che niente è lasciato, tutto, c’è tutto, tutta la realtà di un’epoca. Non tanto critica sociale quanto più poveri diavoli alle prese con la povertà più atroce, come verrà mostrato poi, ciascuno di essi (malgrado tutto) ha i propri lati oscuri, lati più umani, poveri miserabili con una profondità, con sogni, con principi, tutte caratteristiche flebili rispetto agli eventi contro i quali i protagonisti saranno costretti a scontrarsi mettendo in atto tutta la loro meschinità. Insomma, qui viene descritto un periodo storico, ci si rende ben conto però che, come una volta, ancora oggi persone si comportano così, uno spunto per riflettere, tutti siamo bestie, tutti abbiamo un’anima, come i protagonisti: Jaibo, senza nessuno a cui rendere conto, fa ciò che gli pare avendo la sua giustizia in quanto essere umano nell’onirico finale, solo lì si ricorderà di quanto sia sfortunato; Pedro, spinto dalla propria condizione alle scorrerie e poi dall’amore per la madre ad una sofferta redenzione.
Le umiliazioni più terribili, il sorriso sul volto, i ragazzi spinti a derubare per sopravvivere, senza uno straccio di principio, vivono qualsiasi azione indifferentemente a quanto sia positiva o negativa, sono i cattivi. Poi, procedendo, ci si rende conto che sono solo disperati, non ci sono buoni o cattivi se non la povertà stessa, come dirà il capo dell’istituto dove Pedro sarà internato.
Luis Buňuel l’avevo già sentito per Un cane andaluso, in effetti le due scene oniriche sono davvero azzeccate, certo non sapevo quanto fosse immenso, travolgente, appassionante. Una vicenda avvincente intrisa di quel senso di disperazione che non riguarda i supereroi pronti a difendere la terra dal cattivo di turno, riguarda le persone comuni, nazi ancora peggio, riguarda chi proprio non ha niente, chi fa i salti mortali per mangiare e il giorno dopo deve ributtarsi nella giungla, riguarda chi della propria vita se ne fa poco e si fa gran pochi problemi a rischiarla quotidianamente.
Il finale amarissimo lo diventa ancora di più con la consapevolezza che ciò raccontato è una cronaca.
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carloalberto
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mercoledì 30 settembre 2020
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eroi senza scampo
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Questo film è stato definito da alcuni comunista da altri borghese e a prima vista potrebbe sembrare una via di mezzo, animato da uno spirito socialista di riforma della società, con l’auspicio declamato dalla voce narrante, Nando Gazzolo, se non della eliminazione, della riduzione, almeno, della povertà, che genera emarginazione e delinquenza e la diffusione di una sana cultura del lavoro, dello studio e dell’impegno civile, foss’anche incarnato da un riformatorio, pur senza senza grate e cancelli. Ma il sogno o meglio l’incubo del piccolo scugnizzo messicano ci trasporta in una dimensione onirica, sollecitando l’inconscio ad elaborare una figura materna, trasfigurata in un essere angelico, come desiderabile e mai avuta, che quasi si muove volando nella piccola stanza dove dorme tutta la famiglia, così come l’asina che sveglia la ragazzina toccando col muso la finestra, perché accorra a salvare il suo giovane amico, crea, anche se soltanto per alcuni fotogrammi, un’atmosfera di fiaba, che stride con la cruda realtà della miseria sovraccarica di disperazione e di odio che governa quell’accrocco di baracche in mezzo al nulla.
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Questo film è stato definito da alcuni comunista da altri borghese e a prima vista potrebbe sembrare una via di mezzo, animato da uno spirito socialista di riforma della società, con l’auspicio declamato dalla voce narrante, Nando Gazzolo, se non della eliminazione, della riduzione, almeno, della povertà, che genera emarginazione e delinquenza e la diffusione di una sana cultura del lavoro, dello studio e dell’impegno civile, foss’anche incarnato da un riformatorio, pur senza senza grate e cancelli. Ma il sogno o meglio l’incubo del piccolo scugnizzo messicano ci trasporta in una dimensione onirica, sollecitando l’inconscio ad elaborare una figura materna, trasfigurata in un essere angelico, come desiderabile e mai avuta, che quasi si muove volando nella piccola stanza dove dorme tutta la famiglia, così come l’asina che sveglia la ragazzina toccando col muso la finestra, perché accorra a salvare il suo giovane amico, crea, anche se soltanto per alcuni fotogrammi, un’atmosfera di fiaba, che stride con la cruda realtà della miseria sovraccarica di disperazione e di odio che governa quell’accrocco di baracche in mezzo al nulla. Nessuno si salva e nessuno può essere salvato, sia che intraprenda il mestiere dell’onesto manovale o che si abbandoni al vagabondaggio da piccolo criminale, il destino è segnato per tutti e la breve epopea di vite troncate sul nascere, degli eroi straccioni di una tragedia, che nell’incipit del film si annuncia con premonizione vaticinante, globale, non sarà nobilitata, bensì maledetta da un Omero dissonante e caricaturale, cantore mendicante stonato, cieco come la sorte che distribuisce castighi, come quello bastonate. Sulla scia di Bunuel, Pasolini e Caligari, in tempi diversi, in epoche lontane, descriveranno la stessa cosa con la stessa amara consapevolezza dell’ineluttabilità della morte violenta, riservata a chi tenta un’impossibile evasione dal carcere, che altri e prima che quanto rappresentato cadesse sotto lo sguardo del poeta catturato in celluloide in un neorealismo sognante zavattiniano, hanno edificato per gli uomini senza speranza coi mattoni dell’ingiustizia e della violenza.
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