alexander tioz
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martedì 6 ottobre 2015
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77 (anni) + lucidità mentale = 11 (minutes)
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Il 77enne Skolimowski ci prende gusto con i film tesi e rilancia pesantemente, presentando a Venezia questo mozzafiato 11 Minutes. Dieci personaggi, dieci soldatini, dieci burattini, dieci piccoli indiani che per 11 minuti ciascuno corrono, gridano, ronzano, sbraitano, sputano, ridono, corrono ancora, seducono, si impauriscono all'interno di una grande città, partendo da punti diversi di essa, passando per telefonarsi, sfiorarsi, urtarsi, vedersi tra loro, e, infine, accorrere in perfetto orario, alle 17.11 precise, in un crescendo vorticoso di ritmo, per l'appuntamento con il gran finale. Finale irrimandabile poiché inevitabile come il caso. O forse no. Forse c'è lo zampino del destino, manifesto in quello strano punto nero visto da (quasi) tutti nel limpido cielo polacco, che poi si manifesta anche come pixel morto in uno schermo della sorveglianza cittadina.
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Il 77enne Skolimowski ci prende gusto con i film tesi e rilancia pesantemente, presentando a Venezia questo mozzafiato 11 Minutes. Dieci personaggi, dieci soldatini, dieci burattini, dieci piccoli indiani che per 11 minuti ciascuno corrono, gridano, ronzano, sbraitano, sputano, ridono, corrono ancora, seducono, si impauriscono all'interno di una grande città, partendo da punti diversi di essa, passando per telefonarsi, sfiorarsi, urtarsi, vedersi tra loro, e, infine, accorrere in perfetto orario, alle 17.11 precise, in un crescendo vorticoso di ritmo, per l'appuntamento con il gran finale. Finale irrimandabile poiché inevitabile come il caso. O forse no. Forse c'è lo zampino del destino, manifesto in quello strano punto nero visto da (quasi) tutti nel limpido cielo polacco, che poi si manifesta anche come pixel morto in uno schermo della sorveglianza cittadina. Perché tutti (o quasi) sono colpevoli di qualcosa, tutti così umani, troppo umani, loro colpa originaria ma anche finale giustificazione. Forse la risposta sta nel mezzo, con destino e caso anch'essi personaggi che si muovono, flirtano, si sfiorano, per decretare che chi è colpevole sarà giudicato, ma non necessariamente condannato, e chi è apparentemente senza colpa, non è detto che si salvi.
Imprevedibilità o ineluttabilità? La certezza è che Skolimowski realizza un film estremo, esplosivo, esasperato, apparentemente senza senso (e come la vita, chi siamo noi per escludere l'ipotesi che un senso in realtà non ci sia?), che annichilisce e sfiata lo spettatore, lo fa correre per poi costringerlo ad un'apnea finale enfatizzata da un crescendo musicale industrial, pestatissimo, indimenticabile, e infine, ritrovarsi a boccheggiare con i titoli di coda.
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peer gynt
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giovedì 10 settembre 2015
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il festival del caso raccontato con stile
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Esile storia e tutto discorso, questo film (per usare le classiche categorie di Seymour Chatman), che può irritare o può affascinare, non c'è una via di mezzo. Noi siamo rimasti affascinati, anche se sembra un esercizio di stile abilissimo ma vuoto. Eppure il film scorre veloce, la colonna sonora è potente come un pugno, il caso determina sovrano tutti gli effetti con cui le varie storie, tutte slegate fra loro, si concluderanno. E c'è quel punto nero, simbolico (ma anche no!), a determinare un'anomalia (un'altra qui alla 72. Mostra del cinema di Venezia, dopo quella di Anomalisa) nel quadro visivo dello spettatore e dei personaggi.
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Esile storia e tutto discorso, questo film (per usare le classiche categorie di Seymour Chatman), che può irritare o può affascinare, non c'è una via di mezzo. Noi siamo rimasti affascinati, anche se sembra un esercizio di stile abilissimo ma vuoto. Eppure il film scorre veloce, la colonna sonora è potente come un pugno, il caso determina sovrano tutti gli effetti con cui le varie storie, tutte slegate fra loro, si concluderanno. E c'è quel punto nero, simbolico (ma anche no!), a determinare un'anomalia (un'altra qui alla 72. Mostra del cinema di Venezia, dopo quella di Anomalisa) nel quadro visivo dello spettatore e dei personaggi. Un film vuoto eppure affascinante. Che si ama o si odia. Chi scrive lo rivedrebbe nuovamente, perché, per quanto vuoto possa essere, questo film è cinema. Mentre abbiamo visto spesso film pieni di significati, sottotesti, approfondimenti che sono tutto tranne cinema.
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